Campobasso

Cluster Cardarelli, nulla di fatto per chiarire origine e responsabilità. Sindacati contro promiscuità: “Può accadere in altri reparti”

La verifica interna tra Asrem e ospedale non ha chiarito origine nè tempi e modi del contagio, che al momento conta 33 positivi tra cui una decina di infermieri. Sotto accusa, per lavoratori e sindacati, la promuiscuità del Cardarelli. Giovedì intanto il Comitato Verità e Dignità protesterà davanti il presidio ospedaliero di Contrada Tappino.

La lunga audizione di ieri tra i vertici della Asrem e i direttori di reparto e rappresentanti degli infermieri del Cardarelli non ha restituito alcuna chiarezza circa responsabilità e tempistica del cluster da covid-19 innescato all’interno dell’ospedale di Campobasso.

Nulla di fatto, in sintesi, dalla verifica interna. Non sono emerse risoluzioni ufficiali, e sono state confermate molto distanti tra loro le posizioni dell’azienda sanitaria da un lato e dell’ospedale dall’altro. Ricostruire la catena epidemiologica nel reparto di chirurgia che oggi è chiuso ai ricoveri sarebbe impossibile, secondo quanto è emerso al termine del vertice.

L’unica cosa chiara è che il paziente numero 1 del focolaio interno al Cardarelli è la donna ricoverata il 21 dicembre scorso con tampone negativo, deceduta a causa del virus contratto proprio in ospedale. Ma quando e da chi non si sa.

Non è emersa alcuna commistione delle strutture interessate e pazienti o personale sanitario dell’area Covid – ha spiegato Oreste Florenzano il direttore generale Asrem durante il confronto sul tavolo Covid oggi – e per quanto riguarda la radiologia dello stesso Cardarelli è stato accertato che quando sono stati eseguiti esami a pazienti Covid, gli stessi sono stati trasportati con supporti di biocontenimento, l’area è stata interclusa ad altri pazienti, e alla fine degli stessi esami l’ambiente è stato opportunamente sanificato”.

Il numero uno Asrem ha detto la sua sul protocollo che viene seguito, che è lo stesso di tutti gli ospedali misti italiani: “Ogni paziente che arriva dall’esterno dell’ospedale è trattato con un primo tampone antigenico, alla negatività del quale viene fatto entrare in un’area grigia del reparto di interesse in cui soggiorna fino all’arrivo dell’esito di un altro tampone molecolare, che, se negativo, lo fa accedere alla zona in cui sono ricoverati gli altri ospiti, diversamente viene trattato in modo adeguato secondo protocollo”. La sua versione  stride con quanto sostenuto da diversi medici e infermieri, che hanno al contrario sostenuto che i pazienti vengono ricoverati – in alcuni casi, non sempre – prima dell’esito del tampone molecolare. E sarebbe proprio questo a creare il potenziale pericolo.

Sono 33 attualmente tra pazienti, medici e infermieri (di questi ce ne sarebbero una decina) i positivi riconducibili al focolaio ospedaliero, che si è sviluppato nella struttura di Contrada Tappino come accaduto già decine di volte in tutta Italia. Il motivo è riconducibile, secondo le critiche mosse alla gestione sanitaria dal primario di Chirurgia e da esponenti politici che hanno presentato denunce, al fatto che il Cardarelli sia ospedale misto, e cioè accoglie degenti ordinari e nello stesso tempo è l’unico luogo di cura e trattamento del covid. Il direttore di Chirurgia Giuseppe Cecere aveva messo in risalto da subito queste criticità: ospedale misto, personale mandato allo sbaraglio senza formazione specifica e infine aree grigie non funzionanti. I pazienti sottoposti a test rapidi che danno esito negativo vengono ricoverati senza transitare nel limbo tra pronto soccorso e corsia. Ma spesso – ha ribadito il dottor Cecere – i tamponi veloci si rivelano fallaci e non è possibile escludere che siano ricoverate in reparti ordinari persone con il covid.

Sulla vicenda sono in corso ulteriori accertamenti per capire se il contagio è giunto dall’esterno della struttura, se sono stati interessati prima i pazienti o gli operatori, e per chiarire la catena dei contagi.

I lavoratori sono preoccupati e con loro i sindacati che protestano contro la mancanza di piani emergenziali adeguati, ponendo l’attenzione sulle responsabilità legate a una gestione che definiscono fallimentare e a scelte sbagliate. “Quello che è accaduto nel reparto di chirurgia e medicina può ripetersi altrove, in qualsiasi momento” sostengono.

Tanto più, aggiungono, che i pazienti sono spesso appoggiati in corridoio perché non c’è posto e questo favorisce ulteriormente la situazione di promiscuità. Intanto giovedì 14 gennaio il comitato Verità e Dignità per le vittime covid-19 che si è costituito in seguito ai tanti decessi avvenuti nel ospedale di Campobasso manifesterà davanti l’ospedale a difesa della sicurezza, della Giustizia e del diritto alla cura i luoghi garantiti. “Noi che siamo i testimoni della privazione di tutto questo per colpa di scelte scellerate di chi era ed è purtroppo deputato a gestire il tutto non possiamo non esserci” crive il presidente del comitato Francesco Mancini, che ha perso il padre proprio in ospedale.

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