Voci di rabbia e dolore

Cardarelli contaminato e “vile gestione dell’emergenza”, protestano i familiari delle vittime: “Il nostro sacrificio non è servito” – VIDEOINTERVISTE

Sit-in questa mattina davanti all'ospedale civile del capoluogo. Cittadini e gruppi politici contestano la "cattiva gestione sanitaria della pandemia". Il cuore del problema urlato a gran voce "è ciò che si doveva fare per prepararsi all'emergenza e che non è stato fatto. Ad iniziare dall'ospedale Covid"

Dall’inizio della pandemia sono 227 le bare che in Molise hanno portato via adulti, giovani e anziani uccisi dal covid. Lasciando ai familiari soltanto il ricordo drammatico di quella barella sulla soglia del pronto soccorso. Poi, chiuse le porte, di quel genitore costretto al ricovero più nulla. Fino al giorno della telefonata che ne annunciava il decesso.

“Morti senza dignità, senza sufficiente assistenza e non per colpa di medici e infermieri”, “Se sono andati senza una carezza, un sorriso, soli come cani”. Sono soltanto alcune delle espressioni di dolore e rabbia che questa mattina hanno preso forma in un sit in di protesta davanti all’ospedale Cardarelli al quale hanno partecipato gli scritti al Comitato delle vittime che si è formato in regione, gruppi politici ma anche cittadini che finora le conseguenze del covid non le hanno incontrate ma che vogliono “garanzie per il futuro rispetto alla tutela della salute pubblica”. Perché la protesta in fondo è stata una manifestazione di rabbia e delusione contro “la gestione politica e sanitaria di questa emergenza”.

Quindi decine di cittadini si sono ritrovati davanti all’ospedale del capoluogo e hanno urlato i danni provocati, a loro dire, dall’impreparazione della Regione Molise e dell’Asrem nell’affrontare la pandemia.

“Non si può entrare in un ospedale per un malore che non è legato al Covid e scoprirsi contagiati mentre si è li dentro – urla Emilio Izzo, promotore della protesta – Questa gestione è pessima. Già sei mesi fa c’era la possibilità di trasformare il Vietri di Larino in ospedale Covid e invece si è insistito senza alcuna valutazione cautelativa a ricoverare tutti al Cardarelli, causando inevitabilmente il disastro a cui assistiamo. Medici e infermieri infetti, un reparto temporaneamente chiuso, pazienti mal assistiti per una serie di mancanze strutturali e di personale, famiglie abbandonate che oltre allo scotto del lutto devono pagare anche quello della beffa causata dall’assenza relativa alla necessaria assistenza. Non ce l’abbiamo con medici e infermieri, sia chiaro. Loro sono pochi e per di più costretti ad ore di lavoro impensabili ma questa, infatti, è un’altra vergogna”.

L’ obiettivo è aiutare le famiglie piegate o distrutte dai lutti ma anche garantire sicurezza a chi rischia di entrare per qualunque motivo al Cardarelli “perché con una tale promiscuità la sicurezza è inesistente. È intollerabile che un commissario solo nei giorni scorsi abbia fatto visita ai reparti” continua Izzo.

“Noi abbiamo denunciato ogni cosa, ci aspettiamo che l’autorità giudiziaria ci sostenga nella ricerca della verità e che si preoccupi di accertare le eventuali responsabilità di una gestione che al momento appare alquanto fallimentare”.

Di ogni persona morta per Covid c’è un familiare che racconta quei tragici giorni. Nadia:Quando ho lasciato mia madre davanti al Cardarelli è stata due giorni ferma al Pronto soccorso prima di essere trasferita in reparto. Poi mi chiamarono per chiedere finanche acqua e salviettine per pulirla. In un’altra telefonata invece mi comunicarono che a causa del suo stato di agitazione  erano stati costretti a legarla. Ecco, mia madre è morta così: legata  e con il covid che le ha tolto anche la possibilità di una carezza, di un sorriso, di una rassicurazione”.

Francesco: “Mio padre è morto per covid in questo ospedale e ricordo ancora le sue telefonate quando mi supplicava di andarlo a prendere perché lì nessuno si preoccupava di lui. Nessuno che si adoperasse finanche per cambiargli il pannolone. Una stretta al cuore che farà parte di me per tutta la vita”.

Oggi il dolore prende forma in un’azione civile per le presunte omissioni e le violazioni di legge dell’amministrazione regionale (di cui fra l’altro si sta occupando l’avvocato Vincenzo Iacovino ) e per la presunta negligenza da parte delle autorità sanitarie. Chi ha attraversato l’incubo del covid  è certo che “questa gestione ha portato come conseguenza indiretta la morte delle persone e al contagio diffuso”.

 Il cuore del problema, in sostanza, è ciò che si doveva fare per prepararsi a una pandemia e che non è stato fatto. E su questo, i manifestanti, hanno tutta l’intenzione di fare luce e chiedere  chiarezza.

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