Alfrè e peppì

Vita, successi e nostalgie del crooner che fece sognare l’Italia. Fred Bongusto è un libro (con fotoromanzo): lo ha scritto l’amico Giuseppe Tabasso

La più esauriente ed esaustiva biografia di Fred Bongusto, a un anno dalla scomparsa, l’ha scritta Giuseppe Tabasso, che con il grande cantautore molisano non ha condiviso solo una lunga amicizia ma anche le origini campobassane. “Campobasso sta a Fred Bongusto come Bologna a Lucio Dalla, Genova a Fabrizio De Andrè o Mina a Cremona” sintetizza l’autore. Ma il libro, edito da IBC Il Bene Comune col patrocinio del Comune di Campobasso, disponibile nelle edicole e in formato ebook, è molto di più. E tra le varie sorprese c’è la “Storia vera di Fred Bongusto”, pubblicata dal settimanale “Bolero Film” il 4 aprile 1965, due giorni prima che il cantante compisse 30 anni.

copertina tabasso

Non poteva che andare così: la più esauriente ed esaustiva biografia di Fred Bongusto, a un anno dalla scomparsa, l’ha scritta Giuseppe Tabasso, che con il grande cantautore molisano non ha condiviso solo una lunga amicizia ma anche le origini. Tabasso, giornalista campobassano classe 1926, un curriculum sensazionale alle spalle, firma editoriali e articoli che Primonumero ha l’onore di ospitare sulle sue pagine. La sua storia familiare è interessante e sorprendente almeno quanto quella professionale: a suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso e “da giovane” Tabasso, che la musica l’ha respirata fin nella culla, ha formato da pianista dilettate una band proprio con Fred Bongusto, ora protagonista di questo libro edito da IBC Il Bene Comune con il patrocinio del Comune di Campobasso che alla sua icona ha di recente dedicato una statua in bronzo.

“Fred Bongusto – Il crooner che fece sognare l’Italia” ricostruisce vita, formazione, carriera e successi del cantautore in 135 pagine che vanno giù come un calice di rosso fermo e piacevolissimo, intervallato da una coppa di bollicine che poi sarebbe la divertente autobiografia a fumetti dell’artista, personaggio ecclettico e assai più moderno di quanto si potrebbe (erroneamente) immaginare. E’ una sorpresa, questa “Storia vera di Fred Bongusto”, pubblicata dal settimanale “Bolero Film” il 4 aprile 1965, due giorni prima che il cantante compisse trent’anni, e riproposta integralmente a testimonianza dell’epoca in cui il genere fotoromanzo faceva sognare gli italiani sui personaggi più amati dell’epoca tra i quali, non a caso, “il dispensatore di sogni”, come scrive Tabasso.

Il tutto condito da un ricco inserto fotografico e con un’appendice firmata da Tiziano Carozza che ricostruisce con rigore la produzione artistica dell’indimenticabile Fred o Alfrè, come l’amico Giuseppe Tabasso lo chiamava confidenzialmente. “Nel panorama canoro degli anni ’60 e ’70, Fred Bongusto è stato il più cosmopolita dei cantautori italiani, il re dell’easy listening e della musica d’atmosfera, la mood music. Lo stile che lo rende unico è la magistrale capacità di intrecciare e coniugare l’esotico col nostrano, la tradizione italiana e napoletana col jazz e lo swing, la chanson d’autore con la bossa nova” scrive Tabasso con il suo stile impeccabile e pulito come una mise di Coco Chanel dei tempi d’oro, elegante senza leziosità.

Il ritratto è di quelli indimenticabili, e non solo per la varietà di aneddoti inediti che ritraggono l’uomo oltre all’artista, quanto per la scorrevolezza delle parole e l’efficacia delle metafore. “Un “italiano vero con la chitarra in mano”, che cantava gli spaghetti a Detroit perché non c’è di più italiano degli spaghetti. Eppure sembrava allevato a Broadway per come riusciva ad esportare a Manhattan il più musicale dei dialetti italiani, quello di o’ sole mio. (…) Rendeva cosmopolita la tradizione italiana senza “inquinarla””.

Fred Bongusto libro Tabasso

Un crooner, Bongusto, laddove il termine (chanteur de charme in francese) definisce il cantante che nei suoi registri vocali possiede stile e toni  caldi, suadenti e sussurrati. “L’habitat naturale del crooner è quello delle luci basse e soffuse del night club, non quello dei grandi spazi e delle piazze luminose. Non è un caso che Fred sia stato la star dei night club più richiesta dal cinema: firmò le colonne musicali di ben ventotto film di successo. Mina, colonna sonora degli anni ’60, è un classico da viva. Bongusto lo è da morto. In quell’Italia diversa che flirtava e sognava ballando, Fred non rimava cuore con amore, ma faceva aleggiare in chiave italiana il respiro dell’America dei crooners, del jazz, del mondo notturno di Harlem e di quello solare sudamericano nelle balere, nei dancing, nei night club e in Tv. Riuscì così a interpretare l’umore di un Paese che si metteva alle spalle i lutti di una guerra di cui egli stesso, orfano di padre, aveva pagato un prezzo durissimo. Un Paese da ricostruire, che sperava nel futuro, che scopriva frigoriferi, Vespe, Tv, tempo libero, pinne e occhiali, nuovi bisogni e diritti, tra cui quello di poter nutrire sogni e di darsi degli orizzonti. Fu quel menestrello di provincia, montanaro appenninico che veniva dal freddo e dalla neve, a far intravedere da rotonde sul mare prospettive che più sognanti non si può. Fu quel bisogno di massa a renderlo addirittura uno degli emblemi canori dell’Italia della ricostruzione e del boom economico”.

 

Due parti, 20 capitoli – dai primi passi all’addio – il libro, prezioso per i tanti ricordi di prima mano che vi si trovano, è anche il frutto delle memorie familiari che Alessandra Lorito, la nipote di Fred, ha messo a disposizione dell’autore morto l’8 novembre 2019 a Roma. Non mancano gli aneddoti sull’amicizia (per esempio) tra Bongusto e Gaetano Scardocchia, uno dei più grandi giornalisti italiani del 900 e direttore della Stampa dopo essere stato corrispondente del Corriere della Sera dalla Cina poi capo della redazione di Repubblica a New York. Un ex-compagno di scuola di Bongusto, “che ha frequentato a Campobasso il “Mario Pagano”, istituto di insegnanti di grido che dava filo da torcere ha un liceale che aveva in testa più musica e calcio che latinorum”. Ma nel decennale della morte di Scardocchia proprio Tabasso promosse un Memorial intitolato al grande giornalista, al quale Bongusto vuole partecipare cancellando tutti gli impegni presi.

 

Scritto durante il lockdown, questa autobiografia che ora arriva in tutte le librerie e in alcune edicole (oltre a prevedere il formato ebook) diventa il più lungimirante regalo natalizio – nell’anno della pandemia e della messa in discussione dei valori fondanti del Paese –  per quel Molise alla ricerca estenuante di se stesso. Come scrive Michele Colitti nella sua recensione su Il Bene Comune, “Meriterebbe (e avrebbe meritato) ben altri onori Bongusto, ma questo volume, grazie al lavoro prezioso di Giuseppe Tabasso e Tiziano Carozza, può essere il primo passo, importante, per riscoprire e valorizzare l’eredità di un campobassano partito da Via Marconi alla conquista di un pezzo di mondo”.

 

E il mondo l’ha conquistato, Alfredo, senza però mai rinnegare le sue origini. “Campobasso sta a Fred Bongusto come Bologna a Lucio Dalla, Genova a Fabrizio De Andrè o Mina a Cremona” sintetizza con efficacia l’autore. C’è, nel libro, un bel pezzo di Molise e di “cuore”, tratteggiato abilmente attraverso il rapporto dell’artista con la sua Campobasso. Una storia d’amore e nostalgia, controversa come tutte le storie d’amore degne di questa definizione, che ogni molisano dovrebbe conoscere. Adesso si può fare. Buona lettura e grazie, Giuseppe Tabasso.

 

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