Basso molise

“Nostro figlio autistico, dopo tanti sforzi e miglioramenti faticosi la scuola ha rovinato tutto”

La testimonianza coraggiosa di Anna e Giuseppe che abitano in un comune bassomolisano dove l’insegnante di sostegno manda fuori dalla classe un bambino difficile malgrado loro abbiano pagato di propria tasca la formazione. E dove il bidello ha sferrato un calcio al piccolo perché correva in corridoio. Anni di attenzioni, terapia, aiuto di professionisti, “ma hanno rovinato tutto. Ora dobbiamo cercare un’altra scuola a Termoli”.

Anna e Giuseppe sono genitori e, come tutti i genitori degni di questo nome, fanno miracoli per i figli. Loro ne hanno due. Il più piccolo ha quasi 7 anni ed è autistico. L’autismo non è una malattia ma un disturbo del neurosviluppo che si manifesta in diverse aree del comportamento. La diagnosi tempestiva è essenziale per intervenire, ma non ci sono esami specifici in grado di stabilire con certezza clinica l’autismo. Nel caso di questo bambino, che chiameremo Mirko (è un nome di fantasia), la diagnosi è stata precoce grazie ai genitori, che hanno monitorato con attenzione i comportamenti del figlio da subito. “Ci siamo resi conto che c’erano problemi nella fascia comportamentale e linguistica abbastanza gravi da incidere sullo sviluppo cognitivo”. Mirko ha avuto un blocco del linguaggio, si esprimeva a gesti, si prendeva a morsi perché non riusciva a fare altrimenti. Si chiama autolesionismo, è uno dei sintomi più diffusi.

Madre e padre, che vivono in comune bassomolisano tra Termoli e Larino, hanno intuito le cause ancora prima che i medici le certificassero. E hanno messo in campo il “miracolo” che ha portato Mirko a migliorare sensibilmente, a parlare, a interagire con gli altri, a separare le cose da fare da quelle da non fare.  Anni di visite specialistiche, dal Bambin Gesù di Roma al centro dell’Aquila, poi in Molise. Logopedia, terapie adeguate, formazione. “Non è stato facile, ma dovevamo farlo e continueremo a farlo”. Tenacia, pazienza, perseveranza.

Mentre gli altri bambini erano al mare Mirko era in auto, con 40 gradi, diretto al centro per l’autismo di Campobasso. Mentre gli altri bambini giocavano o guardavano la Tv lui sillabava e apprendeva il vocabolario e la costruzione delle frasi. Risultato: “E’ migliorato tantissimo, l’autismo è stato ridotto al minimo, Mirko aveva iniziato ad avere una vita quasi normale e amici”.

Poi però è cambiato tutto. E oggi sotto accusa c’è la scuola. O meglio: il sostegno che si riserva agli studenti diversi, quello strumento di aiuto previsto dalla legge e del quale si parla tanto che dovrebbe accompagnare alunni e rispettive famiglie in un percorso di vicinanza e miglioramento ma che, in questo caso, ha neutralizzato gli sforzi . “Oggi nostro figlio – raccontano Anna e Giuseppe che stanno valutando una denuncia anche sotto il profilo penale e hanno già interessato organismi di controllo e aiuto – ha l’avversione per la scuola e siamo costretti a cambiare di nuovo istituto. A ricominciare tutto da capo”.

Anna, cosa è accaduto?

“Fino al secondo anno della scuola d’infanzia è andato tutto bene. L’insegnante era molto brava, seguiva Mirko anche con le dritte dei terapisti privati ai quali noi ci siamo sempre rivolti. Eravamo soddisfatti, la formazione – che abbiamo pagato di tasca nostra – si è rivelata utile. Mirko non si mordeva più, non c’erano più episodi di caos nella mensa o negli ambienti comuni della scuola. E a casa il suo comportamento era sensibilmente migliorato. Andare a scuola gli piaceva, aveva cominciato a farsi degli amichetti. Ma il terzo anno di asilo le cose sono precipitate: gli insegnanti sono cambiati, più si andava avanti nel periodo scolastico più vedevo mio figlio che faceva passi indietro. Me ne sono accorta da piccole frasi, da piccoli episodi”

Quali?

“Diceva, per esempio, no scuola, cattiva maestra, cose del genere. Era recalcitrante a entrare in classe. All’inizio ho sminuito, non gli ho dato peso. Ma poi una mamma è stata testimone oculare di una scena raccapricciante: mio figlio tenuto con forza sulla sedia mentre la maestra di sostegno gli diceva: “Se non la smetti ti mordo io”. Abbiamo iniziato a indagare, scoprendo che cose del genere accadevano realmente. Siamo andati perfino da un avvocato, in cerca di un consiglio, di una strada da seguire. Il professionista però ha detto che occorrevano più episodi per poter sporgere denuncia”.

Giuseppe, a quel punto cosa avete fatto?

“Ci siamo rivolti alla preside dell’Istituto omnicomprensivo del quale fa parte il nostro Comune ma lei ha preferito credere all’insegnante, si è dimostrata insensibile al problema. Così abbiamo deciso di cambiare scuola e abbiamo trovato l’Istituto adatto a Termoli. Guardi, lì era un altro mondo. C’era grande empatia, una grande professionalità da parte dei docenti, se per caso la maestra mancava un giorno Mirko non veniva rimandato a casa ma tenuto in classe adeguatamente. A lui piaceva, finalmente è tornato a migliorare, a vivere un rapporto positivo con la scuola”.

Poi lo avete iscritto alle elementari nel vostro Comune, a settembre scorso. Perché questa decisione?

“La preside dell’Omnicomprensivo era cambiata, ci avevano parlato benissimo della nuova e ci siamo fidati perché è pur sempre il nostro comune, il posto in cui viviamo. Pur con molta paura, abbiamo deciso di riprovarci. Ma ce ne siamo pentiti moltissimo. Già dal terzo giorno si sono verificati episodi sgradevoli. Per calmarlo, per tenerlo buono, gli veniva dato il cellulare malgrado mia moglie avesse chiesto di evitare questa cosa in maniera rigida perché non si può rispondere con un premio a un comportamento oppositivo”.

Anna: “Ci siamo resi conto che gli insegnanti non erano in grado di gestire Mirko, che si nascondeva sotto il banco e non voleva più uscire, che correva nel corridoio e che ha ricominciato a mettere in atto comportamenti che non vedevamo più da tempo. Allora abbiamo integrato il sostegno scolastico con esperti che venivano a scuola direttamente da Campobasso, pagati di tasca nostra, oltre alla logopedista Tiziana Pastore che segue nostro figlio fin da piccolo e che pure è andava a spiegare come fare, a dare un aiuto”.

Ma?

Anna: “Ma i risultati sperati non ci sono stati, perché nel momento in cui la logopedista e il personale di Campobasso hanno concluso la loro formazione, mostrando sul campo alle insegnanti di sostegno come comportarsi, le cose sono andate peggio di prima”.

Cosa succedeva, Giuseppe?

“Che Mirko di fatto in classe non ci stava proprio, non facevano neanche uno sforzo per tenerlo. Passava il tempo in corridoio oppure nella stanza blu a giocare da solo, oppure – cosa peggiore – nello sgabuzzino fra scopettoni, stracci e ragni. Abbiamo scoperto, e lui stesso ce lo ha detto, che invece di essere seguito dall’insegnante veniva tenuto d’occhio da un bidello che gli correva dietro, che una volta lo ha preso per il collo per fermarlo e gli ha dato anche un calcio”.

Come gli ha dato un calcio? Che significa?

Giuseppe: “Un calcio sì, e lo ha ammesso anche lui  sebbene abbia precisato che stava scherzando. Ma è una cosa inaccettabile, così mercoledi scorso siamo andati a scuola per capire meglio cosa stesse accadendo. Il bidello è stato aggressivo, minaccioso, ha parlato di nostro figlio come di un mongoloide. Siamo tornati a casa in lacrime, pieni di rabbia e sconforto”.

Ma non avete interpellato la preside?

Giuseppe: “Ormai è inutile, non ci ascolta più e fa quadrato con le insegnanti che evidentemente non vogliono doversi occupare di Mirko e che hanno sempre una giustificazione”.

Anna: “Io mi rendo conto che non è facile avere a che fare con un bambino di 7 anni che ha comportamenti aggressivi, ma questi comportamenti sono la conseguenza dell’approccio dell’insegnante e del bidello, del fatto che viene tenuto lontano dalla classe, e che anche i compagni lo vedono come monello, cattivo, perché non c’è alcun tentativo di fare inclusione come si dovrebbe fare. A causa di questa discriminazione Mirko non ha amici. A Termoli lo abbracciavano ed era benvoluto, qui invece è peggiorato, sta pagando le conseguenze più pesanti. Abbiamo smesso di mandarlo a scuola, gli fa più male che bene. E ora dovrà ricominciare tutto il percorso da capo”.

Anna e Giuseppe sono due genitori che hanno messo in testa alle loro priorità il benessere di Mirko. Stanno cercando una scuola a Termoli che, dopo il periodo natalizio, possa accoglierlo e seguirlo come merita. Sono genitori forti, determinati e tenaci. Sperano che il trauma venga riassorbito, che Mirko possa riprendere il percorso di miglioramento che a fatica, con grande dispendio di tempo e risorse, ha avviato sotto la loro guida scrupolosa. La loro testimonianza è una voce di coraggio preziosa anche per tanti che si trovano nella loro situazione e che non possono o non sanno esporsi. Ma è anche una denuncia che non si può ignorare. Perché anche nella scuola, come in tutti gli ambienti di lavoro e in tutte le categorie, ci sono buoni e cattivi. Bravi e incompetenti. Umili e arroganti. E se la scuola vuole migliorare se stessa ne deve prendere atto e affrontare la questione. Anche se è una piccola storia di un piccolo Comune del Molise, apparentemente lontano anni luce da abusi, noncuranza e indifferenza.

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