Storia della medicina

Antonio Cardarelli, illustre figlio di Civitanova nel Sannio: chi era il grande dottore a cui sono intitolati gli ospedali di Campobasso e Napoli

Stimatissimo medico, esercitò all’Università Regia partenopea fino a 92 anni. Alla sua morte, nel 1927, D’Annunzio gli dedicò un sentito epitaffio. Ancora oggi, sulla sua tomba, non di rado è possibile ritrovare oggetti, ‘voti’, qualche tazzina di caffè, per ringraziamenti postumi o addirittura ‘intercessioni’ per malattie di persone che provengono da diverse parti d’Italia.

“L’ospedale Cardarelli è sotto pressione…”. “I malati sono stati ricoverati al ‘Cardarelli’ di Campobasso”. Frasi del genere sono ormai all’ordine del giorno, ne leggiamo e ascoltiamo in tutte le salse. Ma qui non si vuole discutere esclusivamente di materia sanitaria quanto far conoscere al grande pubblico chi è stato Antonio Cardarelli: origini, carriera, aneddoti. Ebbene, il noto medico al quale sono intitolati gli ospedali di Napoli e di Campobasso era originario di Civitanova del Sannio, in provincia di Isernia. E ne è sempre andato orgoglioso.

Il tuffo all’indietro nella storia arriva fino al 1831, data della sua nascita. Studiò nel seminario di Trivento prima di iscriversi all’Università di Napoli. Qui la polizia borbonica lo mise quasi subito negli schedari dei possibili ‘sovversivi’ per le sue idee considerate liberali. Per questo motivo, fu costretto a presentarsi sotto falso nome all’esame di ammissione all’Ospedale degli Incurabili dove peraltro risultò primo in graduatoria.

Si impose immediatamente per il suo modo per certi versi rivoluzionario di individuare le patologie. Applicò la cosiddetta semeiotica (che studia i segni e i sintomi clinici) alle malattie che andava a curare, individuando appunto nei sintomi la causa della patologia. Celeberrimi i ‘segni di Cardarelli’ (aneurismi dell’aorta), fu considerato il più grande tra i contemporanei nel campo. Curò tra gli altri Giuseppe Garibaldi, Francesco Crispi, Giuseppe Verdi, Benedetto Croce.

Busto Antonio Cardarelli

Come detto, divenne ‘famoso’ a Napoli e in tutta Italia, veniva contattato da migliaia e migliaia di persone, soprattutto poveri, e spesso si gridava al miracolo di fronte alle sue intuizioni. Aveva, è proprio il caso di dirlo, l’occhio clinico.

Aiutò tanto il suo paese d’origine Civitanova. Riuscì a far portare l’illuminazione pubblica, le fogne, l’acquedotto e finanziò anche il cimitero dove riposano le sue spoglie dal 1927, anno della sua morte. Esercitò la sua professione all’Università Regia di Napoli fino ai 92 anni. Fu anche senatore della Repubblica. Stimò molto l’indimenticato Giuseppe Moscati, il santo medico che fu tra i suoi allievi.

Ancora oggi, davanti alla sua tomba, non è così raro scovare qualche tazzina di caffè, una sigaretta accesa, piccoli ‘vizi’ che – pare – il professor Cardarelli si concedesse: doni, voti religiosi, ringraziamenti postumi, preghiere da parte di chi ha parenti malati da diverse parti d’Italia. Quando passò a miglior vita, Gabriele D’Annunzio gli scrisse l’epitaffio: “Sia venerata in ogni tempo quest’urna che nel nome di Antonio Cardarelli, clinico insigne e maestro insuperato di tre generazioni, riassume e ricorda la genialità di un intelletto sovrano, una pietà che non conobbe confini, un apostolato insofferente di riposo e di tregue”.

“Tutta la gente lo chiamava, l’invocava, gli tendeva le mani, chiedendo aiuto, assediando il portone, le scale, la sua porta, con la pazienza e la rassegnazione di chi aspetta un salvatore” scrisse di lui la grande giornalista Matilde Serao. E si racconta di manifestazioni di cordoglio sentitissimo e disperato da parte della popolazione.

Ad Antonio Cardarelli, come detto, sono dedicati i nosocomi di Napoli e Campobasso. Nel capoluogo molisano c’è anche una strada a lui intitolata oltre a un busto presente nel giardino dell’Asrem di via Petrella. Nel suo paese natio, c’è un monumento a lui dedicato oltre che una targa commemorativa e naturalmente la sua sepoltura.

Fonte ‘Scienziati del Molise’ di Carlo De Risio. Foto busto da Wikipedia (Lucio Paglione)

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