Sanità al collasso

73enne col covid trasferito nella Rsa di Venafro: “Mio zio abbandonato e senza medicine, dignità calpestata”

La denuncia dei familiari di un termolese che avrebbe contratto il coronavirus al San Timoteo. A breve partirà una diffida nei confronti dell'azienda sanitaria

La famiglia di un pensionato termolese positivo al coronavirus e trasferito alla Rsa di Venafro sta preparando una diffida nei confronti dell’Asrem per il trattamento inadeguato riservato all’uomo, 73 anni, che a quanto pare ha contratto il Sars-Cov-2 proprio in ospedale, al San Timoteo di Termoli. Da lì è iniziata la sua disavventura, che ora è divenuta materia per l’avvocato Vincenzo Iacovino, lo stesso legale che sta seguendo il comitato vittime formato dalle famiglie dei pazienti morti in ospedale nelle ultime settimane.

La nipote del 73enne di Termoli ha voluto condividere quanto accaduto via social. “Uomo di 73 anni, in ospedale a Termoli dal 15 ottobre per un piccolo intervento, si è scoperto essere positivo al Covid (virus contratto in ospedale!).

Dopo il quarto/quinto tampone, fatto prima di essere trasferito a Vasto per una riabilitazione, l’esito positivo al Covid ha fatto sì, che il 3 dicembre sia stato trasferito in una stanza dell’RSA di Venafro, senza avviare alcuna cura farmacologica.

Solo dopo una telefonata intrapresa da me familiare agli operatori dell’ospedale, mi è stato consigliato di portare (da casa) le cure farmacologiche per avviare la terapia anti-covid.

Mi è stato suggerito di procurare gli antibiotici, cortisone, eparina a basso peso molecolare (per richiederlo c’è necessità del piano terapeutico di un cardiologo, quindi cosa non facile e tempestiva)”.

Ma non è tutto, perché secondo quanto scrive la donna, il 73enne non avrebbe ricevuto l’assistenza necessaria a una persona allettata. “Inoltre hanno lasciato un uomo malato, anziano, immobilizzato a letto, senza “il campanello”, unico allarme da poter utilizzare in caso di bisogno. Ad oggi ancora la situazione non è cambiata.

Mio zio riferisce telefonicamente di sentirsi abbandonato, di non aver attenzioni da parte di nessuno. Per tutta la notte ha avuto il pannolone sporco addosso, solo la mattina seguente è stato cambiato.

Com’è possibile che un malato venga trasferito in un centro privo di medicinali, del semplice sostegno per girarsi da solo nel letto (la cosiddetta capra) e persino del campanello di allarme? Le sue condizioni fisiche consentono il trasferimento in tale RSA se è priva di tutto?

Ieri addirittura, l’operatore mi ha ripetuto che dovrei andare dal medico di base per farmi prescrivere qualcosa per la semplice tosse”.

Particolari che hanno spinto la famiglia dell’uomo a rivolgersi a un avvocato. Domani verrà presentata una diffida all’Azienda sanitaria. Nel frattempo è amara la considerazione della nipote del 73enne.

“Questo mi fa dubitare fortemente che questa struttura sia adatta a garantire l’assistenza medica necessaria a mio zio in questo caso, ma in generale ad un malato Covid! Spero vivamente che il mio familiare esca così com’è entrato in ospedale, ossia camminando sulle sue gambe.

Non possiamo girarci dall’altra parte e sperare che “se la cavi” mentre la dignità umana viene calpestata nello squallore della sanità molisana”.

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