Termoli

Tormenta, picchia e violenta la moglie per anni: condanna definitiva, 43enne termolese in carcere

L'uomo è stato rinchiuso nel penitenziario di Vasto: dovrà scontare 3 anni e 7 mesi per violenza privata, atti persecutori e violenza sessuale aggravata

Aveva tormentato la moglie per anni dopo la fine della loro relazione. Telefonate, continui pedinamenti culminati in qualche occasione anche in aggressioni verbali e botte. In un caso, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’aveva persino costretta a subire atti sessuali contro la sua volontà.

I fatti si riferiscono al periodo fra il dicembre 2011 e il febbraio 2013 e finalmente lo scorso 15 ottobre è arrivata la sentenza di condanna definitiva a carico di un 43enne termolese che nelle scorse ore è stato arrestato dai Carabinieri della compagnia di Termoli.

L’uomo è stato rinchiuso nel carcere di Vasto dove dovrà scontare 3 anni, 7 mesi e 20 giorni di reclusione per le accuse di violenza privata, atti persecutori e violenza sessuale aggravata. I carabinieri hanno dato esecuzione a un ordine di carcerazione emesso dall’Ufficio esecuzioni penali della Procura della Repubblica presso la Corte d’Appello di Campobasso.

Ci sono voluti anni di indagini e poi processi per arrivare alla sentenza definitiva di qualche settimana fa. Le indagini avevano appurato che la vittima era stata tormentata dall’ex marito, il quale non era stato capace di accettare la loro separazione. La donna viveva in uno stato di paura per la propria incolumità fisica al punto tale che era stata costretta a cambiare le proprie abitudini di vita. I carabinieri le hanno fornito il necessario supporto e hanno acquisito nel corso del tempo numerose prove a sostegno delle accuse condivise dalla autorità giudiziaria in sede di dibattimento.

“Certamente meritevole – si legge in una nota dell’Arma . l’operato dei Carabinieri della Stazione di Termoli che, nell’ambito delle più ampie direttive del Comando Provinciale di Campobasso, continuano a porre la massima attenzione verso i reati di maggior allarme sociale ed in particolare di quelli in danno delle cosiddette “fasce deboli” che purtroppo, in diverse occasioni, non vengono denunciati dalle vittime per via delle proprie condizioni

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