Shopping solidale

Saldi e “boom” di acquisti online per Natale. Il “black friday” più “nero” di sempre per i commercianti molisani?

La pioggia di saldi che anima in queste settimane il comparto degli acquisti online, rischia di dare l’ennesima stoccata alla filiera delle vendite al dettaglio proprio a ridosso delle festività natalizie: un colpo potenzialmente mortale sui destini di piccoli imprenditori, artigiani e negozianti che operano a livello locale. Riscoprire il valore della prossimità equivale adesso a salvare le nostre strade, le nostre città, i nostri quartieri dal decadimento e da scenari di desertificazione.

I più avveduti se ne saranno accorti. Il Natale è alle porte eppure, in tv, stranamente “latitano” ancora gli spot – di solito immancabili in questo periodo – di pandori, panettoni e altri prodotti tipicamente associati alla festività più magica dell’anno. È l’emblema dell’atipicità, dell’inconsueto. Ma pure della crisi, con la complicità del Covid. Introiti ridotti, fatturati dimezzati; per tutti, o quasi.

Perché la fame non tocca i colossi, i totem dell’opulenza finanziaria che presidiano il comparto degli acquisti “on line”, questo crocevia di transazioni invisibili e flussi economici digitali: una ragnatela dominante, arma per i “grossi predatori” e (il più delle volte) mortale condanna per i piccoli inquilini del regno.

E le “specialissime” giornate ad alto grado d’importazione, vedere alle voci “cyber monday” e “black friday”, non rappresentano esattamente un toccasana per chi quotidianamente combatte la battaglia per l’esistenza dal proprio negozio, dalla propria bottega, dal proprio piccolo laboratorio artigianale; dai luoghi, rigorosamente fisici, intessuti d’esperienza e passione, addobbati innanzitutto dai sorrisi di chi ancora sa “accogliere” il cliente. Roba apparentemente d’altri tempi.

Ci sarà, quasi certamente, l’ennesima impennata per chi fa del web la tela della propria faraonica opulenza; nulla di paragonabile agli spiccioli che probabilmente i piccoli esercenti – stremati dagli effetti della pandemia e da quelli dei dpcm – riusciranno a raggranellare.

E questo non deve essere un dettaglio. Non possiamo permettercelo. Questa deve essere, anzi, la ragione utile a fare la differenza. In termini di scelta, in termini di “cuore”.

Per evitare che le nostre città soccombano definitivamente alla scure della desertificazione, dello spopolamento e di un’agonia economica già terribilmente diffusa, è necessario – se non vitale – privilegiare il commercio locale anche e soprattutto nel periodo natalizio, riscoprendo la bellezza e l’autenticità delle piccole cose, delle proprie strade, della propria gente.

L’alternativa é delle più infauste: la sconfitta definitiva dei negozi di quartiere, con le saracinesche arrugginite a popolare marciapiedi deserti.

Risuona forte, in questo senso, l’appello di Confesercenti: “La situazione di sofferenza delle imprese del commercio è ulteriormente aggravata dalla sperequazione delle condizioni che si realizzano tra negozi ‘fisici’ e commercio online: mentre l’attività dei primi è sospesa tout court, il canale delle vendite web, la cui attività non solo è consentita, ma promossa dagli interventi normativi anti-covid, di fatto agisce ed opera in condizioni di monopolio, trasferendo, inoltre, all’estero una parte importante della ricchezza generata dagli acquisti realizzati on Line”.

Allarme chiaro, lineare. Come chiari, pure, sono i potenziali effetti collaterali: “Il rischio – continua la nota – è che il commercio, un settore già in crisi da circa un decennio, venga definitivamente condannato a morte”.

Una condanna che ricadrebbe inevitabilmente sulle nostre piazze, sulle nostre strade; sui destini di tutti. L’antidoto alla caduta è per questo la riscoperta della prossimità. Un valore che ci obbliga alla cura, alla responsabilità dell’altro; a vivere il tempo – persino quello degli acquisti natalizi – dentro la culla dell’appartenenza. A un quartiere, a una regione, a una città. Ai confini sacri del nostro patrimonio identitario.

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