In Box

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Per Antonio De Gregorio

di don Marcello Paradiso

 

Abbiamo accompagnato il nostro carissimo Antonio, il Maestro, nella sua Cattedrale, questo Sacro Tempio che lui ha frequentato dagli anni dell’infanzia, un luogo tanto amato, osservato, studiato, guardato con il suo occhio penetrante.

 

Di questo Sacro Edificio Antonio ci ha fatto scoprire i segreti più nascosti, li ha esaltati con la sua arte, li ha anche divulgati e fatti conoscere a noi, ai tanti che passavano qui e anche a tanti lontani. Tanto del suo lavoro, gratuitamente e generosamente, ha come oggetto la nostra Cattedrale, osservata sempre con originalità. Con il suo occhio abbiamo visto, scoperto, con meraviglia tante bellezze nascoste a sguardi distratti.

 

Qui ha onorato i nostri Santi Patroni, con passione, quasi con gelosia, con quell’attaccamento istintivo al quale era stato educato; li ha osservati/venerati con il suo sguardo penetrante riproducendoli per noi in tante sfumature diverse. (Ho l’onore di conservare tanta sua produzione artistica sacra: a dicembre avevamo programmato una sua mostra personale in Episcopio). Qui partecipava al Sacramento dell’Eucarestia, ascoltava la Parola di Dio con una partecipazione molto personale, profonda, raccolta, preceduta da una frequentazione assidua dei testi sacri, specie negli ultimi decenni della sua vita che lo hanno visto presenza attiva, vivace in piazza Duomo, come un antico testimone e custode, severo anche, eccentrico, a volte stravagante.

Arte sacra, Parola di Dio, gesti sacramentali; ne aveva trovato una felice sintesi e di questa si nutriva. Interpretava, rappresentava, continuamente sempre con linguaggi nuovi, con i quali comunicava il suo mondo interiore più vero, più profondo. Figlio di una tradizione cristiana solida alla quale non rinunciò mai.

 

Abbiamo conosciuto la sua arte, le sue opere. Antonio era ossessionato dal confronto-incontro-scontro di luce e tenebre; lampi di luce che squarciano le tenebre, con forza, irruenza. Amava il contrasto, lo evidenziava, lo esaltava, sempre alla ricerca quasi di una risposta inquieta: quasi inconsciamente aveva colto il dramma della lotta tra il peccato e la grazia. Riverberi dei contrasti della sua personalità.

Luce e Tenebre; immagini bibliche, liturgiche che risuonano nelle nostre sacre celebrazioni, e durante le esequie. “nel tuo regno di luce infinita”, una frase che ci risuona nel cuore in questo momento perché ora nutriamo la speranza che Antonio abbia trovato la risposta alla sua inquietudine, ora che è entrato nella luce eterna, nella gloria di Dio che affannosamente ha cercato di far risplendere nella sua arte.

 

Ma Antonio era ossessionato anche dalla ricerca della bellezza, una bellezza non sfuggente, non vuota, non passeggera, una bellezza non effimera, una bellezza di cui intuiva l’esistenza e che si impegnò tutta la vita a rappresentare. Studiava, indagava, si interrogava senza sosta, si entusiasmava come un bambino dinanzi ad  una scoperta, quando raggiungeva un traguardo, un risultato faticosamente cercato; e interrogava chi avrebbe potuto offrire qualche spiraglio alla sua ricerca. Amava il confronto, il dialogo, pur se da posizioni molto distanti. Tante volte telefonava per avere delle risposte ad interrogativi che gli venivano dalla lettura di passi della Bibbia.

Ora si trova davanti a quella bellezza, sempre amata. Contempla nel mistero di Dio lo splendore della sua Gloria di cui tante sue opere artistiche volevano essere un riflesso, un’ombra, un’orma. Un grande mistico medioevale scrive: “L’occhio con il quale ti vede Dio è l’occhio con il quale tu vedi Dio”. oggi questo vale per te. La tua ricerca è compiuta.

 

Dobbiamo ringraziare Antonio perché ci ha insegnato e trasmesso la passione per la ricerca della bellezza, la fatica per conquistarla, e il gusto per sperimentarla e goderne.

Ci lascia l’eredità della testimonianza di una vita vissuta intensamente, sempre con grande entusiasmo.

Siamo tutti un po’ più poveri, più soli, ma ricchi del suo ricordo. Bisogna andar fieri di averlo conosciuto, di essere stati accolti e ospitati con generosità nella sua vita, di aver imparato molto, di aver condiviso lunghi tratti della sua esistenza.

(foto in home di Costanzo D’Angelo)

 

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