L'altra faccia dell'emergenza

Entrambi i genitori ricoverati in Infettive per il Covid, il grazie di una figlia ai sanitari. “Immensa umanità”

La dottoressa Ida Ferrara che per 30 giorni è stata costretta come tanti altri a non vedere i genitori ricoverati al Cardarelli. Al termine della sua angosciante esperienza, ha scritto una lettera destinata al primario, al direttore generale dell’Asrem e al governatore del Molise per sottolineare la grande professionalità che ha riscontrato a Campobasso

Ida Ferrara, medico e figlia di due genitori colpiti dal Covid-19 e per questo costretti alle cure nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Cardarelli per 30 lunghi giorni. Dopo un mese di paure, terapie e angosce la dottoressa Ferrara ha potuto riabbracciare la sua famiglia ed è per questo che, con la sua esperienza di familiare di genitori contagiati dal coronavirus, ha deciso di mettere nero su bianco la sua esperienza e la sua opinione anche di medico rispetto a quanto fatto in quel reparto che oggi è al centro di ogni attenzione.

E ha deciso di farlo (scrivendo al direttore di Reparto, Donato Santopuoli, e per conoscenza al direttore generale dell’Asrem e al Governatore) perché “fuori dall’ambito sanitario si ha un’idea lacunosa di molte cose”.

La sua lettera inizia con un “grazie a voi tutti”.

Sugli ospedali si è abbattuta la più grande catastrofe mondiale della storia moderna, con un impeto ed una forza tale da travolgere anche i più solidi Covid Hub del nostro sistema sanitario. Questa tempesta non ha risparmiato i miei genitori ed in piena notte non vi è stata altra soluzione che poterli affidare a voi, sotto il peso di una condizione clinica tutt’altro che semplice e scevra da comorbiditá”.

Con piena consapevolezza racconta che fuori dall’ottica sanitaria “si ha un’idea sommaria e spesso distorta di cosa significhi realmente lavorare al ritmo e alla pressione a cui si è sottoposti nuovamente dall’inizio di una tanto inevitabile quanto prevedibile seconda ondata”.

Racconta che in alcune città d’Italia, pure se poche, “si è ricorsi al Tar per chiedere di equiparare l’Ars medica al modus operandi di un call center, i migliori specialisti ospedalieri e territoriali fronteggiano la pandemia a denti stretti”.

E quindi sottolinea “il valore e la professionalità di tutti voi nel prendervi cura di tutti i pazienti affetti da Sars-Cov2 sull’intero territorio regionale”.

A questo punto entra nell’inquietudine di quei giorni e rammenta: “Personalmente per non gravare ancor più sull’ immensa mole di lavoro del reparto e non togliere tempo alle cure rivolte ai miei genitori e agli altri pazienti, avevo scelto di accontentarmi dei pochi, faticosi e farfugliati secondi di conversazione con mio padre. Purtroppo mia madre non poteva parlarmi al telefono. In quei momenti chiedere ad un medico, inserito in un organico ridotto a fronte dell’elevato numero dei pazienti, di passare minuti al telefono significa allontanarlo forzatamente dalla sua principale attività.

Nonostante questo, nonostante tre piani colmi di malati, nonostante i turni di dodici ore, una mattina il mio telefono ha squillato: ‘Buongiorno è dal reparto di Malattie Infettive – Covid. Stiamo facendo un giro di telefonate per informare circa le condizioni dei nostri pazienti ed in particolare per informaLa sulle condizioni di Sua madre e Suo padre’. Dopo i primi attimi di paura, ho realizzato quanto quel gesto fosse permeato oltre che da inestimabile esperienza anche da immensa umanità. Il Covid, che ha trascinato tutto in un baratro di morte e barbarie, non ha scalfito l’animo degli operatori sanitari di questo reparto. Tutti quotidianamente attenti e premurosi, ognuno secondo il proprio ruolo, ad alleviare la sofferenza dei ricoverati.

Nei giorni a seguire i miei genitori non hanno fatto altro che raccontarmi quanta professionalità, magnanimità e perizia trapelassero da sotto quelle tute bianche, pesanti ed opprimenti quanto il peso della pandemia. A quasi un anno dall’inizio di tutto questo troppe persone purtroppo hanno perso la vita; molte altre come i miei cari hanno avuto la possibilità di poter tornare a casa. I protagonisti di questa storia, i professionisti sanitari dell’ Uoc di Malattie Infettive del Cardarelli sono sempre lì, ai loro posti, a curare tutti… Non solo i pazienti ricoverati ma anche quanti, a casa, ne attendono il ritorno. Grazie per aver salvato mia madre Rosanna Malaspina e mio padre Giuseppe Ferrara. Grazie per quello che avete sempre fatto e che continuerete a fare nel miglior modo possibile per tutti i pazienti. Io e la mia famiglia non lo dimenticheremo mai”.

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