Campobasso

Insulto razzista, sospetti sull’identikit. Parla Henry: “Nessuno mi ha mostrato la foto dell’autista. Sul bus non l’ho più visto”

Il bambino vittima del presunto episodio di razzismo e discriminazione fornisce un identikit della persona che lo avrebbe definito "negro" diverso al volto mostrato alla madre in una fotografia fornita dalla società del trasporto. Mentre i colleghi dell'autista fanno quadrato ("è stata un'invenzione tra bambini"), il sindaco Roberto Gravina annuncia ulteriori approfondimenti: "Me ne occuperò personalmente, bisogna chiarire la vicenda".

Chissà se Campobasso riuscirà a conoscere il vero volto dell’autista che avrebbe pronunciato l’offesa “negro” nei confronti del piccolo Henry, il bambino di 10 anni rimproverato con un insulto razzista perchè era salito sull’autobus per andare a scuola senza indossare la mascherina. Venti giorni dopo, l’episodio continua ad essere avvolto nel mistero.

E’ un signore giovane, ha i capelli neri, corti. E poi aveva gli occhiali da vista. Aveva un po’ di barba, non i baffi”, racconta Henry, con cui Primonumero è riuscito a mettersi in contatto. “Io da quel giorno non ho più visto l’autista”, dice ancora.

Lui e i bambini che in quel momento erano sull’autobus della linea ‘Colle dell’Orso’ sono stati gli unici a sentire pronunciare l’insulto e a vedere il volto del conducente del pullman che li stava portano a scuola. Dopo quell’offesa, un amichetto ha dato anche uno spintone a Henry che si è ferito ed è stato medicato proprio all’arrivo a scuola. Ma se questo aspetto della storia è stato chiarito con un confronto tra i genitori dei due bambini, non si può dire lo stesso sull’identificazione dell’autista.

Henry  infatti non ha mai visto la fotografia che i rappresentanti della società concessionaria del trasporto urbano, la Seac, hanno mostrato invece solo ai genitori quando si sono recati da loro. In quel momento il figlio vittima dell’offesa non c’era. E a loro sarebbe stata presentata l’immagine di un’altra persona, di un autista calvo. Questo ha spinto la famiglia a rivolgersi ad un avvocato per ricostruire la verità su una vicenda che presenta ancora molti lati oscuri e che forse qualcuno sta cercando di ‘insabbiare’.

Insulti razzisti, la famiglia di Henry si affida ad un legale: “Ci hanno mostrato la foto di un altro autista”

 

Tanto comunque è bastato alla Seac per chiudere il caso e terminare l’indagine interna avviata subito dopo l’articolo di Primonumero e in seguito alle sollecitazioni dell’amministrazione comunale guidata da Roberto Gravina. Al sindaco si è rivolta anche la signora Benedicta, la mamma di Henry, che due giorni fa è andata in Municipio e ha raccontato la loro versione dei fatti che contrasta completamente con quella della società del trasporto urbano.

Da qui la decisione di svolgere ulteriori verifiche che si aggiungeranno a quelle già attivate dal dirigente responsabile del settore Trasporti, l’avvocato Matteo Iacovelli, su mandato del primo cittadino. “Bisogna approfondire, chiarire meglio cosa è accaduto. E me ne sto occupando io personalmente. Spero di avere a breve un quadro più preciso”, riferisce Gravina. Anche perché del caso si discuterà anche in Consiglio comunale dopo la mozione depositata dal centrosinistra.

La famiglia di Henry, che vive a Campobasso da 10 anni, non è intenzionata a sporgere denuncia: “Noi abbiamo sempre lavorato onestamente”. Parole che fugano i dubbi da una possibile richiesta di risarcimento che la famiglia potrebbe avanzare. “Vogliamo solo la verità, è la prima volta che mio figlio è vittima di un episodio del genere”, sottolinea a Primonumero Benedicta. “Vorremmo che in questa città non si faccia distinzioni tra bianchi e neri”. Anche perchè Campobasso è una città anti-razzista, e non a chiacchiere: due anni fa in Consiglio comunale è stata approvata un’apposita mozione di fronte al dilagare di fenomeni di razzismo ed omofobia. 

 

Intanto tra i colleghi dell’autista non c’è molta voglia di parlare di questa storia. Noi ci abbiamo provato ma pochissimi ci hanno detto qualcosa. E tutti sono pronti a giurare sulla buona fede del dipendente o addirittura di non conoscere lui né l’accaduto. Il che sembra quanto meno inusuale dal momento che con la Seac lavorano una trentina di autisti.

Il fatto non è successo – si sbilancia qualcuno – lui ci ha detto che non è vero, che non ha mai pronunciato quella parola”. “E’ stata una cosa inventata dai due bambini, da come ci è stato detto”, il commento di un altro autista. “L’autista non ha detto quella parola che è stata riportata sui giornali”. 

Altri invece si stupiscono del polverone che la storia ha provocato: “Alcuni di noi fanno volontariato per i più deboli. E poi noi conosciamo quel bambino e quella famiglia, non avremmo mai potuto usare quella parola”.

Molti invece credono che Henry non si sia mai potuto inventare di aver sentito la parola “negro”, ascoltata nitidamente anche da un compagno che era sull’autobus in quel momento. E sui social hanno invocato il licenziamento dell’autista che resta nell’ombra.

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