Le reazioni al dpcm

Il semi-lockdown che penalizza ristoratori, baristi e palestre. Esplode la rabbia in Molise: “Questo è il colpo di grazia”

Le reazioni a caldo di baristi, ristoratori, rappresentanti di categoria e musicisti a poche ore dall'emanazione del nuovo Dpcm governativo che impone restrizioni da qui al 24 novembre. Pressochè unanimi la rabbia e lo sconcerto per le decisioni prese. "Voi cosa avete fatto per preparare il nostro paese alla seconda ondata? Nulla, avete fallito e ora scaricate le responsabilità su di noi"

Una scelta “insensata”, “inutile” e “drammatica”. Così i gestori di bar, ristoranti e pasticcerie del Molise bollano la decisione del Governo di chiudere le loro attività alle ore 18. E il Dcpm solleva anche una ridda di polemiche ed esternazioni di forte malcontento per le palestre e le piscine chiuse. “Dopo tantissimi sacrifici e denaro investito per la sanificazione, i termoscanner, i percorsi interni e corsi con iscritti sulla base dello spazio disponibile e nel pieno rispetto del distanziamento, ci vediamo piombare addosso la mannaia della chiusura. E’ assurdo e deleterio” il commento del titolare di una palestra bassomolisana.

Un coro di lamentele anche da parte di chi quei posti li frequenta anche per ragioni di salute. “Nuotare mi serve, e per me come per tanti altri è una attività indispensabile per il benessere della schiena – osserva un campobassano – e ora sono costretto a rinunciarci. Questo anche se la piscina è un luogo decisamente più sicuro di tanti altri, dove non siamo mai oltre 4 o 5 persone e non ci sfioriamo nemmeno”. Una mamma protesta: “Porto mia figlia alla Fabbrica del Nuoto di Termoli da un mese, posso garantire che lo spogliatoio è enorme, il corso vede la presenza al massimi di 5 bambini. Sono molto più preoccupata per gli scuolabus pieni eppure cosa sono andati a chiudere? La piscina. Allucinante”.

Una protesta esplosiva sul versante delle attività di ristorazione. La chiusura anticipata alle 18 getta nella disperazione i titolari di bar e ristoranti. E i loro dipendenti, alcuni dei quali saranno inevitabilmente mandati a casa e che non hanno percepito ancora la cassa integrazione di aprile 2020, almeno in gran parte. “Da oggi sono disoccupata” annuncia sui social una donna che lavora nella cucina di una rosticceria.

“E’ pazzesco – si sfoga un barista di Guglionesi – perché noi lavoriamo principalmente con le persone che tornano a casa dal lavoro, tra le 17 e le 19. Farci chiudere a quell’ora significa privarci di buona parte dell’incasso della giornata. Sarebbe stato meglio a questo punto chiudere del tutto”.

Stesso sentimento di sorpresa e di rabbia nei bar di altri comuni molisani, come Termoli, San Martino, Campobasso, Larino: “Noi lavoriamo soprattutto dalle 18 alle 21. Chiudere alle 18 non ha senso: abbiamo bisogno di stare aperti almeno fino alle 21 per poter lavorare sulla fascia dell’aperitivo. Non so davvero come ne usciremo da questa seconda chiusura forzata in un anno”.

La sensazione comune è di essere ingiustamente additati come i responsabili di un’emergenza quando, sostengono, “facciamo rispettare le regole, ci siamo privati già di una parte dell’incasso con la limitazione dei tavoli. Insomma, sembra che si sia voluta colpire una categoria…”.

Il gestore del ristorante-pizzeria Rosso Peperoncino di Termoli è chiarissimo nel suo post: “Ancora una volta viene colpito il settore che più ha avuto e che più avrà ripercussioni economiche di questa pandemia. Questa scelta della chiusura anticipata alle 18 significa lavarsene le mani da parte del nostro governo perché non è altro che una chiusura totale di tutte le strutture, ma ufficialmente non ti fanno chiudere. A maggio ci hanno proposto linee guida da rispettare e ripartire in sicurezza è costato alle nostre attività un investimento che nessuno mai ci ridarà, ma noi ristoratori tutti, come tutti i commercianti, abbiamo investito denaro per la sicurezza dei nostri locali pur di esercitare un nostro diritto, lavorare!” Quindi l’affondo: “Carissimi signori delle poltrone d’oro, mentre noi a maggio eravamo lì ad organizzare i nostri locali e ripartire rispettando tutte le linee guida, voi cosa avete fatto per preparare il nostro paese alla seconda ondata dichiarata da tutto il mondo? Avete preparato i trasporti pubblici? Avete implementato le terapie intensive? No! Beh oggi succede questo perché avete fallito. E di certo non è colpa di ristoratori, baristi, negozianti, commercianti, teatranti, di coloro che hanno palestre e piscine!”

Il pensiero va inevitabilmente ai pullman delle scuole e delle fabbriche superaffollati, dove operai e studenti sono costretti a viaggiare ammassati con l’unico filtro della mascherina (per chi la indossa) che fanno da contraltare alla decisione del Governo contro l’impennata esponenziale di contagi. “E’ paradossale” il commento più diffuso, a non voler citare quelli infarciti di improperi all’indirizzo di ministri e rappresentanti delle Istituzioni.

Pesa anche l’incertezza dei ristori, degli indennizzi. Liberato Russo, di Casartigiani Molise, fa una considerazione pacata ma dolorosa sui social: “Domani è un altro giorno. Un altro giorno in cui un nuovo giro di vite imporrà restrizioni a tantissimi soggetti economici. Ma al giro di vite sui sacrifici di chi ha scommesso il proprio tempo e la propria vita, dovrebbe corrispondere un’azione di sostegno concreta, sensata e che non dia adito a sdegno e a mancanza di fiducia. Ci saranno ristori per le attività sospese o costrette a ridurre le aperture al pubblico con conseguenti cali di fatturato vertiginosi?? Domani è un altro giorno, domani si vedrà! Ma il tempo che passa inesorabile miete vittime, si sa…”.

Altrove ha il sopravvento la rabbia, come nel post del pianista Simone Sala che ha fatto il giro del web, condiviso da molti: “Ricapitolando: a marzo ci avete detto che c’era bisogno di un grande sacrificio collettivo perché il virus era un avvenimento imprevedibile. Non eravamo pronti ad una tale emergenza e c’è stato bisogno di chiudere l’Italia per circa 2 mesi per permettere alle terapie intensive di rientrare con i numeri ed al servizio sanitario nazionale di gestire la situazione.
6 mesi dopo ci ritroviamo nella stessa identica situazione e questa volta venite a raccontarci che la colpa è dei bar, dei ristoratori, dei teatri e delle palestre.
E no, questa volta la colpa è solo vostra! Vostra per aver sottovalutato la situazione durante la tregua estiva, periodo durante cui avreste dovuto mantenere alta la guardia e preparare la sanità a gestire un’eventuale seconda ondata.
Non lo avete fatto ed a pagarne lo scotto, ancora una volta, siamo noi…noi più degli altri…noi partite Iva, noi liberi professionisti, noi lavoratori stagionali, noi piccoli imprenditori di ogni ordine e grado… e così mentre una cerchia piccolissima di persone si sta abominevolmente arricchendo con la produzione di tamponi e mascherine, state condannando una nazione ed un’economia intera con il mantra-spauracchio del ‘Salvare delle vite'”.

Il suo caso è emblematico per quanto riguarda i sacrifici imposti al mondo dello spettacolo e della cultura. “Dopo 22 concerti cancellati in primavera, centinaia di lezioni private, 3 festival cancellati d’estate, ora mi saltano anche 16 date di tour invernale. Circa il 90% delle mie attività annuali è terra bruciata. I miei sforzi, i miei studi, i miei sacrifici, il mio sudore, non valgono niente. E cosa ancor peggiore, in 8 mesi “Voi Stato, lo stesso a cui pago una tassazione tra le più alte del mondo, mi avete sostenuto con 1200 euro in totale. Incapaci”.

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