L'opinione

Se togli una ruota ad un’auto non diventa un triciclo. Perché voterò No al Referendum

Immaginate che la democrazia sia un mezzo di locomozione: un’auto, un triciclo o una bici. Ogni democrazia occidentale ha scelto con la propria Costituzione il suo mezzo di locomozione preferito. Esso può piacere o meno e può funzionare meglio o peggio degli altri, ma quando fu scelto rispondeva ad una esigenza specifica che ogni singolo Paese riteneva necessario soddisfare e che quel mezzo specifico intrinsecamente possedeva. Alcuni nel corso della storia quella Costituzione l’hanno modificata in modo organico e razionale e hanno cambiato o ammodernato la loro forma di governo o, restando alla metafora, il loro mezzo di locomozione. L’Italia non c’è mai riuscita.

Oggi però stiamo per decidere di togliere una ruota alla nostra democrazia, sperando così di aver un mezzo di locomozione tutto nuovo e funzionante. Ma se ad un’auto togliete una ruota, essa non diventerà magicamente un triciclo. Resterà un’auto pericolosa e impossibilitata a viaggiare. E se ne togliete una a un triciclo esso non diventerà una bici, ma più facilmente una fonte di pericolo per il bambino che lo guida. Togliere una ruota ad un mezzo nato per averne quel preciso numero porta ad un solo e semplice risultato: non avere più un mezzo di locomozione sicuro, bensì uno pericoloso e disfunzionale.

I padri costituenti dopo il fascismo scelsero un democrazia con un governo debole e due camere perfettamente similari per compiti e funzioni. Siamo i soli al mondo ad avere il bicameralismo perfetto, insieme alla Romania. Quello che dovremmo cambiare è la forma di governo e il bicameralismo perfetto. Decidemmo di salvare la Costituzione più bella del mondo, come la appellano alcuni, il 4 dicembre 2016, dicendo no ad una riforma che almeno aveva, anche se criticabile, uno schema organico. Oggi siamo invece pronti a modificarla, senza una nuova architettura precisa, ma per un capriccio propagandistico che liscia il pelo al sentimento di antipolitica che da 25 anni anima parte dei partiti. Vogliamo modificare quella stessa Costituzione che di fatto è già stata stravolta dalla prassi legislativa, visto che ormai in Italia si legifera solo grazie ai voti di fiducia sui decreti legge del governo, nati in origine per i casi di necessità e urgenza, e si gestiscono di conseguenza le emergenze con la semplice firma del Presidente del Consiglio su atti amministrativi, quali sono i DPCM, senza il necessario vaglio parlamentare.

Il parlamentarismo in Italia è già morto di fatto. Amputarlo votando sì con questo referendum è quasi un atto di necrofilia populista.

Eppure questo referendum è probabilmente il più importante dal punto di vista politico della storia repubblicana. Decideremo di fatto se la nostra democrazia rappresentativa, anche se così malconcia, abbia ancora un senso o se preferiamo davvero avere meno persone che si dedichino alla vita e al funzionamento della Repubblica, con territori meno rappresentati e vertici di partito sempre più facilitati nel soggiogare l’autonomia politica degli eletti. Del resto se per legiferare occorre solo votare la fiducia al governo, che ce ne siano 945 di parlamentari o uno solo non fa molta differenza.

E gli italiani lo hanno capito. Nessuno conosce più il proprio parlamentare, figura che ormai ha perso prestigio, ruolo e potere. Dunque le riflessioni in punta di diritto sul funzionamento del meccanismo costituzionale che con la vittoria del Sì andrebbe in frantumi, aprendo la strada ai pieni poteri della prossima maggioranza, non sembrano interessare granché ai cittadini.

Gli elettori sono piuttosto attratti da uno sentimento di rivalsa contro una politica incapace di funzionare. E questo referendum sembra offrirglielo grazie ad un vecchio trucco dell’arte della contrattazione: quello di porre all’interlocutore la domanda che ci consente di riceve la risposta che si vorrebbe ascoltare.

I politici lo sanno bene e in vista del referendum del 20 e 21 settembre ecco cosa i promotori del taglio da 945 a 600 parlamentari ci stanno chiedendo: “Volete un sistema politico migliore e più efficiente? Volete dare meno soldi alla politica? Volete punire la casta? Volete una democrazia dove decidete direttamente voi, senza delegarla a rappresenti che poi tradiranno il vostro mandato?”

A queste domande la stragrande maggioranza degli italiani in linea con l’andamento della narrazione pubblica degli ultimi anni certamente risponderà sì.

Ma se provassimo a ribaltare la domanda e ponessimo agli italiani, esattamente 13 anni dopo il “Vaffa-day” di Bologna, quando il movimento di Grillo si fece partito, altre domande, cosa accadrebbe? Vogliamo provare? “Il M5S e la sua idea di democrazia senza rappresentanza hanno migliorato la politica in Italia? Il populismo si è dimostrato una ideologia politica capace di migliorare le condizioni economiche degli italiani? Le regole inviolabili del M5S che 13 anni fa hanno consentito un così rapido successo elettorale – nessun accordo con altri partiti, no al doppio mandato per gli eletti – sono state rispettate?”

Guardando ai sondaggi che danno il M5S intorno al 15-18% sarebbe chiaro che la maggioranza degli italiani risponderebbero No a questi così posti. Il referendum in ultima istanza dovrebbe vertere sul gradimento degli italiani sull’ideologia populista del M5S. Di fatto questo referendum altro non è che un feticcio di questa visione politica, l’ultimo colpo di coda di un movimento che, conquistato il potere, si sta trasformando in forza di sistema, disposto a tutto pur di conservare il suo ruolo strategico. Una visione per la quale la democrazia rappresentativa è un inutile orpello e tutto può essere delegato, il prima possibile, al voto online di una piattaforma privata, dove le domande sono coniate da chi possiede la piattaforma stessa o alla firma di un solo uomo da avallare senza dibattito dal parlamento con un voto di fiducia.

Allora chiedo a me stesso: è davvero utile togliere una ruota a questa bicicletta mal funzionate che chiamiamo democrazia rappresentativa, che se anche a fatica pur sempre continua a tenerci in equilibrio e ci consentirà un giorno di arrivare ad un negozio (bicamerale o costituente che sia) dove cambiarla con una nuova, per trasformala in un pericoloso monociclo senza sellino?

Per quel che può valere la mia risposta è: No, grazie.

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