Vernacolo e ricordi

L’identità della Termoli marinara riemerge con un protagonista inatteso: lo spettacolo di Ettore Fabrizio è un successo

Tutto esaurito in Largo Tornola per la prima rappresentazione di 'P’orto, il profumo della bellezza'. Stasera 22 agosto si replica

Tutti esauriti venerdì sera i posti a disposizione dello spettacolo di Ettore Fabrizio in largo Tornola. Si replica sabato, sold out già assicurato. Un successo imprevisto per “P’orto, il profumo della bellezza”, questo il titolo dell’inedita performance che ha per attore protagonista principale un personaggio fino a ieri conosciuto a Termoli per tutt’altre attività.

E bisogna dire che in questa veste, tenuto conto che si trattava per lui di un esordio assoluto, oltre che della prevedibile emozione, se l’è cavata bene. A supportare il narratore sulla sobria scena allestita dal regista Antonio De Gregorio, la già sperimentata Anna Catalano, come personaggio apparentemente defilato, ma essenziale nel “cucire” col suo commento puntuale e fintamente ingenuo (in rigoroso vernacolo), i vari momenti della rappresentazione-monologo di Fabrizio.

Altro supporto: un ampio schermo sul quale si alternavano foto attuali e d’epoca del centro storico, scelto come ambiente privilegiato, esclusivo del racconto. Un piccolo mondo, pezzo quasi staccato dal resto della città – è  sembrato – altro da essa antropologicamente, con i suoi angoli e le sue straordinarie vedute (Tornola, a Rejecèlle, la Cattedrale, il Castello, la Marina di Sant’Antonio, la Maiella, il Gran Sasso, il porto), la sua gente (i pescatori e le loro donne, la straordinaria cucina povera, le mitiche paranze) le abitudini di vita e la religiosità, la miseria diffusa, i singolari personaggi dominanti (su tutti i vescovi Giannelli e Bernacchia).

Un mondo volutamente fatto riemergere e riproposto con accentuato rispetto e sottile nostalgia, perché –  questo è sembrato il messaggio – non si dimentichi un passato di sacrifici, sofferenze, tragedie come quelle del mare, attraverso il quale è passata una comunità prima di raggiungere i traguardi di benessere odierni. Soprattutto non si dimentichi l’identità di Termoli come città marinara, incrocio nel tempo di traffici, rapporti con altre popolazioni e civiltà, che ne fa – ha detto il protagonista – un unicum nel Molise.

Un’altra notazione: il viaggio nella storia della città vecchia compiuto da Fabrizio è svolto in un’alternanza di lingua e dialetto. Un inedito nella sua durata (un’ora buona). Come un naturale conversare d’oggigiorno tra i sempre più pochi “padroni” dell’idioma. Che a Termoli, più che altrove nel Molise, conosce una sorprendente stagione di vitalità attraverso spettacoli, recitazioni di poesie, racconti popolari.

Infine chiarito l’enigma del titolo “P’orto”. Per Fabrizio altro non è che la commistione nella cucina povera del tempo di pesce e verdura: «Cecòrie ch’i cecäre, cioè amaro e dolce, fasciule ch’i còccele, a gnéte c’u bróde du pésce. U pappòne, tanto per dire, l’hanno inventato le nostre nonne, non gli chef stellati di oggi» – ha gridato con forza.

A conclusione ringraziamenti per tutti.

commenta