Diciottesima edizione

La scrittura “viva e aspra” di Francesca e l’exploit del 15enne Alessio: sono loro i vincitori del Premio ‘Buldrini’

Il racconto 'Centotrè' ha fatto trionfare Francesca Albiniano. La commissione giudicante ha premiato il lavoro svolto dal quindicenne nell'ambito della sezione scolastica e dalla scrittrice in quello 'giovani'. Sono entrambi campobassani. “Capace di individuare con pochi tratti e molta ironia la variegata gamma dei nostri comportamenti con quelli che noi chiamiamo diversi ma, appunto, diversi da chi?” si legge nella presentazione del lavoro di Alessio Manfredi Selvaggi.

Un appuntamento ormai consueto, importante, nobile. Una finestra aperta, spalancata, sul talento e sull’abbraccio fascinoso della cultura. Si è chiusa il 25 luglio la diciottesima edizione del premio regionale di narrativa “Michele Buldrini” – concorso indetto e organizzato dal Comune di Campobasso e dall’Unione Lettori Italiani, con la direzione artistica di Brunella Santoli e il patrocinio della Provincia di Campobasso. 

Nelle due sezioni in ballo –  “scuola” e “giovani” – a trionfare sono stati rispettivamente Alessio Manfredi Selvaggi (con il racconto: “Diverso da Chi?”) e Francesca Albiniano (con il racconto: “Centotrè”), premiati quindi dall’assessore alla Cultura di palazzo San Giorgio, Paola Felice.

Ad “eleggere” i due elaborati la giuria composta da Guido Catalano, Teresa Ciabatti, Ivan Cotroneo, Diego De Silva, Marcello Fois e Antonio Pascale. 

Nella suggestiva cornice di Villa De Capoa, significativi riconoscimenti anche per i lavori di Antonella Castelli (per la sezione “scuola”) e Daniela Carnevale (per la sezione “giovani”): entrambe le autrici sono state infatti insignite del “premio giuria”. 

Francesca Albiniano (premio buldrini)

Con il suo racconto Centotrè, Francesca Albiniano, di Campobasso, avvia una ironica e dura riflessione, e si chiede perché mai la cultura di appartenenza (biologica e antropologica), in certi casi, si presenta ancora bigotta e impermeabile all’ascolto. Bella scrittura, viva e aspra, commenta la giuria.

Una vittoria significativa, che fa gioire e riflettere. Il 15enne Alessio Manfredi Selvaggi si è aggiudicato la XVIII edizione del Premio Letterario ‘Michele Buldrini’ – Sezione scuole. Un successo che vale doppio, visto che per la prima volta il premio apriva al biennio delle scuole superiori e Alessio, 15 anni, che ha appena terminato con ridotto la 1B Ite Pilla di Campobasso, ha vinto. Il più giovane vincitore nella storia del premio.

La motivazione dell’assegnazione dell’ambito riconoscimento è così sintetizzata: “Capace di individuare con pochi tratti e molta ironia la variegata gamma dei nostri comportamenti con quelli che noi chiamiamo diversi ma, appunto, diversi da chi?”.

Un racconto intenso, di esistenza quotidiana, fatta di sorrisi e dolori, di stupidi ma velenosi sfottò per chi viene giudicato ‘diverso’ e di una grande forza d’animo, fondamentale per districarsi in un mondo che sembra incattivirsi giorno per giorno. Alessio confessa di aver sofferto i comportamenti da bulletti di alcuni suoi compagni riuscendo a trovare felicità e riscatto attraverso cose semplici ma vere: uno scatto in riva al mare, una foto d’autore sulla spiaggia di Campomarino o sulla diga del Liscione.

Parole e istantanee di vita che hanno colpito la commissione giudicante: è stata premiata la voglia di urlare al mondo, ma con garbo, che il concetto di diversità è molto, molto, relativo. Down, disabile, diverso: termini che catalogano ma non descrivono certo la sensibilità, i pensieri, le emozioni di persone ‘semplicemente’ da rispettare.

Alessio Premio Buldrini

Ecco il racconto integrale di Alessio, intitolato ‘Diverso da chi?’

“Ma Alessio va al cinema? Davvero? E capisce i film??”

Così una signora ha detto a mamma, jo sentito che lo raccontava a papà. Era arrabbiata. Non capivo perché.

Poi un giorno davanti la scuola media, dei ragazzi più piccoli mi hanno preso in giro.

Mi chiamavano il pinguino, perché cammino un po’ così e mi ripassavano dietro. A me non mi è mai sembrato. Per il corso a Campobasso anzi andavo a zigozago apposta per seguire i mattoni bianchi e invece?

Mi sono scoperto diverso a Campobasso, in un posto dove tutti mi sembrano amici, dove tutti si conoscono. E ho iniziato a fare domande. E mi hanno detto che nessuno è uguale agli altri e non mi devo preoccupare se sono diverso e non vergognarmi se non so fare delle cose e di chiedere aiuto se ho bisogno.

Continuo a non capire.

Vado a fare l’aperitivo al Bar Centrale, a ballare, al cinema, al Mc. Però i miei compagni spesso lo fanno senza me. Forse pensano che io queste cose non le so fare ma io sono abituato a viaggiare e uscire da piccolo. E se mi portassero con loro io sarei una bella compagnia.

D’estate sulla costa molisana io sono felice. Conosco tutti e vado tranquillo da solo in spiaggia. Il mare del Molise è bellissimo e mi abbraccia come pochi. In acqua mi sento uguale agli altri. Perché io lo so che mi vedono strano. Solo che sono fatto così e quando i miei amici delle scuole medie non mi hanno più risposto nemmeno a telefono o chiamato io ci sono stato male. Non conosco la cattiveria, ma conosco il dolore che solo chi ti volta le spalle ti sa dare. A volte sono cattivi con me ma io non riesco a credere che sia possibile. E continuo a cercarli senza successo.

Quelli come me li chiamano disabili. Boh. Io mica l’ho capito. Cosa non so fare? Io faccio solo cose belle, quindi dove sarebbe il mio limite?

Ah sì, anche mongoloidi.

Questa poi… La Mongolia l’ho studiata a scuola e a me non mi sembrava brutta.

Forse quelli che ci vivono hanno gli occhi strani, ma io non mi vedo strano. Mi vedo così come

sono: io.

Che poi esco in giro per il Molise e mentre guardo con felicità le cose belle della mia Regione

sento dire cose brutte sugli stranieri.

Una volta sotto il Castello Monforte una signora disse che quelli neri puzzavano. E un’altra volta alla villa comunale dei ragazzi prendevano in giro due ragazzi scuri. Anche alcuni miei amici lo facevano a scuola da piccoli con una compagna straniera.

Come dicevo, qualche anno fa dei ragazzini mi prendevano in giro davanti scuola dicendo che sembravo un pinguino perché cammino come lui e perché agito le braccia perché sono contento.

Mamma mi dice invece che sembro un uccellino: vedi a volte i punti di vista…

Poi mi venivano a toccare per infastidirmi per vedere se e come reagivo. Mi trattavano come una scimmietta del circo.

Non li capivo. Ora invece sì. Sono più grande e vedo più di prima.

Ci penso tanto anche la sera quando mamma mi dice che sono bellissimo. Io vedo tutti i ragazzi e le ragazze su Instagram e Tik Tok e fanno cose strane. Mi divertono. Vorrei essere come loro. Però poi mi sembrano cose sceme.

Così io preferisco fare le foto delle cose belle, e condividerle.

Una volta ho fotografato l’acqua del mare di Termoli perché sembrava il cielo.

O la spiaggia di Campomarino che pareva farina.

E la Diga, con il lago di Guardialfiera che l’ho anche detto a lezione e ho fatto pure bella figura. E il Ponte del Liscione mi fa sentire come se volassi. E i monti del Matese quando li vedo dal Borgo di Termoli… una volta in primavera c’era la neve che si vedeva con la spiaggia ed era così strano…

Insomma qui tutto si chiama con un nome e a me secca se invece di Alessio alcuni mi chiamano “down”.

Infatti nel mio profilo Instagram ho scritto che invece sono up! Qualche sera fa ho visto un film che si chiamava “Diverso da chi?” e alla fine il film diceva proprio questo: che nessuno può decidere chi è diverso e chi no e da cosa.

E così ho scritto queste tre pagine. E ho rubato un titolo a un film.

Perché mi sembrava proprio giusto per me.

E forse mi aiuterà a spiegare chi sono davvero.

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