La piaga

La Corte Costituzionale autorizza gli agricoltori a sparare contro i cinghiali. Atteso via libera in Molise

Svolta nella lotta alla proliferazione di ungulati: la Consulta dice sì all’abbattimento da parte dei coltivatori sulle proprie terre. Coldiretti chiede alla Regione di fare presto e dichiarare lo Stato d’emergenza, mentre l’assessore Cavaliere auspica un cambio dopo l’estate.

Gli agricoltori muniti di permesso di caccia potranno abbattere i cinghiali sulle proprie terre. Per ora succede nelle Marche, ma presto potrebbe valere per tutta Italia. La Corte Costituzionale ha infatti bocciato il ricorso di alcune associazioni ambientaliste al Tar delle Marche contro la legge regionale che autorizza gli agricoltori muniti di licenza di caccia all’abbattimento degli ungulati sui propri terreni. È una svolta attesa da più parti, Molise compreso, nella lotta alla proliferazione dei cinghiali, piaga per il nostro territorio, tanto per l’agricoltura distrutta dal passaggio di questi animali, quanto per gli automobilisti, dato che gli incidenti per scontri coi cinghiali sono all’ordine del giorno.

Adesso si attende che il Molise adegui la propria normativa per dare via libera all’abbattimento da parte degli agricoltori.

La recente sentenza della Corte costituzionale colma il vuoto prodotto dall’immobilismo dell’attuale Governo nazionale e rappresenta un chiarimento importante, oltre che un passo forse significativo sul fronte del contenimento all’emergenza cinghiali” dichiara Nicola Cavaliere, assessore regionale all’Agricoltura in Molise, che butta la croce addosso al Governo Conte.

Poi aggiunge: “Per quanto riguarda la nostra regione, è già in atto un percorso amministrativo inerente la procedura in questione e l’auspicio è che subito dopo la pausa estiva arrivi l’autorizzazione da parte di Ispra per consentire ai conduttori e ai proprietari dei terreni (provvisti di licenza di Caccia) di abbattere i cinghiali in caso di necessità e a difesa dei raccolti e della stessa incolumità di agricoltori e cittadini”.

Coldiretti intanto chiede di fare presto. “I tempi sono maturi. Adesso si passi dalle parole ai fatti”. Così Giuseppe Spinelli, Delegato Confederale di Coldiretti Molise, ha commentato la recente sentenza della Corte Costituzionale. Per Coldiretti “una sentenza, questa, che nella sostanza era già stata “anticipata” dalla Regione Molise, la quale, dopo le ripetute ed incessanti pressioni di Coldiretti Molise, ha di recente approvato una modifica della Legge regionale sulla caccia del 10 agosto 1993 n. 19.

La nuova norma prevede, infatti, che:qualora la presenza sul territorio regionale di una specie faunistica venabile risulti eccessiva, la Giunta Regionale, ai fini della riduzione delle criticità arrecate, può con propri atti estendere il periodo del prelievo venatorio per l’intero arco temporale, inteso dall’inizio al termine dell’intera stagione venatoria” e che i piani di controllo della fauna selvatica “possono essere attuati tramite le guardie venatorie dipendenti delle Province e da altri soggetti purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio’”.

Per l’associazione di categoria si tratta di una “situazione non più sostenibile che Coldiretti Molise denuncia con forza ormai da almeno due anni e che si è enormemente aggravata nelle ultime settimane, ovvero da quando le restrizioni governative, dettate dalle misure di contenimento del coronavirus, hanno fatto sì che la fauna selvatica, cinghiali in primis, si appropriasse del territorio”.

Anche secondo Coldiretti il Governo deve muoversi. “La recente sentenza della Corte Costituzionale – afferma Giuseppe Spinelli – apre adesso le porte anche alla modifica della Legge nazionale 157/92 sulla Caccia, ormai divenuta inadeguata tanto per i cambiamenti ambientali e faunistici in atto da anni nell’intero Paese quanto per la tutela delle attività agricole e non ultima la sicurezza di tutti i cittadini”.

Situazione che sta spingendo molti sindaci del Molise, dietro sollecitazione della Coldiretti, a “chiedere alla Regione, con una formale delibera di Giunta o di Consiglio, di decretare lo stato di emergenza sull’intero territorio regionale, così da poter attuare interventi straordinari per risolvere un problema che è ormai fuori controllo”.

A pagare il conto di questa annosa situazione – spiega il Direttore regionale di Coldiretti Molise, Aniello Ascolese – non possono continuare ad essere gli imprenditori agricoli che chiedono solo di esercitare il proprio legittimo diritto d’impresa, producendo per i cittadini e non per gli animali nocivi. A rischio infatti, oltre all’equilibrio ambientale, è la stessa presenza degli agricoltori soprattutto nelle zone interne e con essa quella costante opera di manutenzione che garantisce la tutela dal dissesto idrogeologico.

Se contro gli evidenti cambiamenti climatici, così come contro la pandemia da coronavirus e non da ultimo nei confronti delle oscillazioni dei prezzi dei prodotti agricoli all’origine, che risentono delle grandi tensioni internazionali, sia le Istituzioni che il mondo agricolo possono ben poco, almeno nell’immediato, su questo fronte possiamo e dobbiamo fare da subito di più. Lo dobbiamo ai nostri agricoltori – conclude Ascolese – che non ne possono più delle continue scorribande di cinghiali che vanificano il lavoro di un anno e alle prese già con tante altre emergenze che rischiano di pesare oltremodo sui loro bilanci aziendali”.

Cavaliere garantisce che la visione è la stessa. “Proprio in occasione della Consulta regionale della Caccia, che si è tenuta lo scorso giugno, ho annunciato che presto tale piano di controllo della fauna selvatica sarà attuato in Molise.

“C’è quindi – spiega Cavaliere – comunità d’intenti con Coldiretti e le altre associazioni di categoria riguardo la linea da intraprendere per affrontare con azioni decise e concrete, seppur nel pieno rispetto della legalità, una piaga grave e che coinvolge davvero tutto il Paese. La conferma – conclude l’esponente della giunta – arriva dalle ultime notizie provenienti dalla Lombardia, dove il governo (come accaduto anche da noi) ha impugnato l’ultima legge regionale che ampliava il periodo di caccia al cinghiale dando vita all’ennesimo braccio di ferro tra territori e Stato centrale, mentre purtroppo il fenomeno, tra clamorosi avvistamenti sui media, incidenti stradali e danni alle colture, si segnala in aumento ovunque”.

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