Editoriale

Il giorno in cui Mamma Europa diede una lezione ai suoi figliastri

di Giuseppe TABASSO - "Si dà invece il caso che questa volta la trattativa è andata ben oltre i soliti do ut des per toccare il punto alto del bene comune: altro che cappello in mano..." A proposito, c’è chi in Molise si mangia le mani per il successo di Bruxelles?

Iniziata un venerdì 17, durata 5 giorni e 5 notti, la Grande Trattativa di Bruxelles ha segnato una svolta storica, un cambio di filosofia e di passo che rafforza una governance europea solidale rispetto a una gestione inter-governativa “frugale”.

La metafora calcistica sfoderata dalla delegazione italiana (do you remember Totti?) per ricordare agli olandesi la sconfitta subita agli Europei col famoso “cucchiaIo” di Totti è azzeccata, ma la vera posta in gioco era ben diversa da qualche miliardo in più o in meno a te o a me. C’era la sopravvivenza della costruzione europea e di un sistema istituzionale in grado di muoversi e difendersi su uno scenario mondiale esposto a minacce di disgregazione.

Mamma Europa (quella di Spinelli e di Delors) ha insomma impartito una grande lezione ai suoi figliastri, che da oggi devono però rimboccarsi seriamente le maniche per essere degni di tanta solidarietà, munifica ma non a babbo morto. Questi storici 5 giorni e 5 notti dovrebbero aver chiarito una volta per tutte che l’Europa è il nostro destino.

Da oggi tutti i 27 Paesi dell’Unione dovranno impegnarsi a rigenerare questa nuova Europa e c’è da sperare che l’euroscetticismo degli italiani subisca un serio ripensamento. L’identità italiana deve insomma arricchirsi di “europeità”, valore culturale diverso da ”europeismo”, che è una tendenza politica.

Nei giorni scorsi abbiamo visto quanto i rapporti politici interni abbiano pesato sulla trattativa. L’olandese Rutte, il “Cattivo”, doveva vedersela con l’ultrasovranista Geert Wilders, l’amico di Salvini che girava col cartello “mai un centesimo agli italiani”. Il leader austriaco Sebastian Kurz si è mostrato invece più accomodante, visto che governa con i verdi, che sono più europeisti dei socialdemocratici danesi e svedesi.

Staremo ora a vedere se e come cambierà di tono la retorica politica italiana. Il mantra di Salvini in questi giorni è stato “l’Italia col cappello in mano” che funziona come slogan populista, ma inganna il popolo rovesciando la logica di qualunque trattativa basata sul bilanciamento di compromessi. Si dà invece il caso che questa volta la trattativa è andata ben oltre i soliti do ut des per toccare il punto alto del bene comune: altro che cappello in mano.

   Postilla – I nostri cari amici inglesi che volevano rimanere in Europea oggi si staranno mangiando le mani. Li comprendiamo ma rabbrividiamo al pensiero che Boris Johnson fosse stato in partita. A proposito, c’è chi in Molise si mangia le mani per il successo di Bruxelles? (Chiedere a Marone, Mazzuto, Colla & Co.)

 

 

 

 

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