Cercemaggiore

Da ambientalista a negazionista: la giravolta del sindaco di Cerce, il paese dei pozzi radioattivi

Pubblicato il documentario integrale sui pozzi radioattivi di Cercemaggiore. Dall'intervista al sindaco Gino Mascia emergono nuovi e inquietanti particolari sul caso Capoiaccio dove, ad oggi, non è ancora prevista una procedura di bonifica nonostante l'accertata radioattività. Per il sindaco, un tempo difensore della causa ambientalista, "non c'è nessun inquinamento".

È sindaco di Cercemaggiore per la terza volta: Gino Donnino Mascia, primo cittadino riconfermato alle comunali dell’anno scorso, ha già guidato la sua comunità nelle legislature 2004/2009 e 2009/2014. Ecco perché quella di Vincenza Testa, prima e unica donna al vertice del Municipio negli anni 2014/2019 sembra solo una piccola parentesi, quasi una ingerenza, nel lungo mandato di Mascia che regna come un signore all’ombra dell’albero di cerro (emblema araldico del paese che ha dato il nome a Cerce).

La sua assenza al vertice del Municipio tra il 2014 e il 2019 sembra, però, essergli stata propizia: proprio durante la legislatura Testa, infatti, è esploso il caso del pozzi radioattivi di contrada Capoiaccio di cui si è tornati a discutere in questi giorni grazie al documentario “Il petrolio di Cerce”. La ricostruzione, pubblicata sul canale youtube dell’associazione lucana Cova Contro il 15 giugno, era stata annunciata con un breve trailer di cui Primonumero ha parlato alcuni giorni fa ricordando anche del mistero sversamenti nella chilometrica buca dismessa, un tempo utilizzata per le estrazioni petrolifere, ma soprattutto dell’accertata contaminazione radioattiva dell’area per la quale, questo il nodo di tutta la faccenda, non è ad oggi prevista alcuna bonifica.

Il petrolio di Cerce: docu-film sul mistero dei pozzi radioattivi del Molise. L’autore: “Situazione mal gestita e sottostimata”

Lo conferma anche il sindaco Mascia intervistato con una microcamera nascosta dall’autore del filmato, il professore Giorgio Santoriello, che è presidente dell’attivissima associazione ambientalista da anni impegnata a seguire “le vie del petrolio” in Basilicata e non solo “e che – come ha riferito lui stesso a Primonumero – lo hanno portato fino al Molise nell’ottobre del 2019”.

Molti aspetti colpiscono del suo video: dalle bugie dell’ufficio tecnico comunale che parla di “piccola contaminazione interna alla recinzione” (falso. Santoriello, armato di misuratore geiger, ha certificato valori tre volte più alti anche all’esterno della rete rispetto al fondo stradale) all’assenza (ancora!) del registro tumori in Molise. Interessante l’intervento dell’ex consigliere regionale Salvatore Ciocca che su Capoiaccio ha raccolto importanti documenti per non perdere la memoria dei fatti avvenuti lì quando la Montedison estraeva petrolio sversando “acque di ignota composizione” tra il 1962 e il 1988. Ventisei anni in cui ai pozzi non è mai stata fatta una sola verifica.

pozzi radioattivi

E poi le minimizzazioni dell’Ispa, l’istituto che assieme all’Arpa ha certificato i valori “abnormi” di contaminazioni gamma e l’inchiesta della Procura di Campobasso che aveva aperto un fascicolo nel 2016 senza che, a distanza di quattro anni, sia ancora emerso ufficialmente alcunché.

Ma le dichiarazioni più paradossali del video sono proprio quelle di Mascia il quale, dinanzi alle telecamere della Rai in un servizio andato in onda nel maggio 2015, quando era solo un ex sindaco, ricordava di aver interdetto l’area pericolosa con una sua ordinanza (una delle ultime nel suo secondo mandato) e di essersi rivolto anche alla magistratura. Insomma la sua è l’immagine di un uomo cauto ma attento e preoccupato al caso Capoiaccio.

Una immagine ben diversa da quella mostrata a telecamere nascoste lo scorso mese di ottobre quando Santoriello si è presentato nel suo ufficio registrando il sindaco che testualmente afferma: “Per me non c’è nessun inquinamento”. Mascia in un primo momento ha l’aria di chi non sa di cosa si sta parlando (Capoiaccio? Il libro di Ciocca? Non ce l’abbiamo!), poi sciorina una serie di dubbi sugli scarichi a tremila metri di profondità per poi parlare di una fantomatica bonifica fatta molti anni addietro e costata 450 milioni di vecchie lire di cui, utilizzati allo scopo, soltanto 20 per livellare l’area con 30 cm di terreno vegetale e solidificare le vasche (di decantazione, ndr) col cemento. Insomma, lascia intendere che gli altri 430 milioni sono spariti e pure che il lavoro non è stato fatto adeguatamente tanto che le tubazioni sono rimaste sotto terra.

Tutti elementi che già da soli basterebbero a spingere un qualunque primo cittadino – peraltro la massima autorità sanitaria nel suo comune – a volerci vedere più chiaro. Ma soprattutto a fare il possibile per ottenere una bonifica dalla radioattività accertata.

Ad oggi né in corso, né richiesta.

 

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