L'Ospite

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Trinità: la triplice fune della Chiesa

di don Mario Colavita

 

È una delle prime preghiere che ci hanno insegnato da bambini insieme al gesto del segno della croce in cui invochiamo il Padre, Figlio e lo Spirito Santo.

La preghiera del gloria al Padre, esprime in maniera concisa la fede creduta nella Trinità.

Il cuore della fede cristiana è centrato nell’amore-comunione della Trinità, sorgente unica di relazione e comunione.

Parlare della Trinità non è facile, nonostante le nostre spiegazioni, rimane sempre un mistero, il più alto e il più bello. Il Dio trinitario non si può ingabbiare in formule né comprenderlo nella sua completezza: va lodato, amato, pregato.

Uno dei più grandi teologi dell’antichità, Origene (185-254 d.C.) nel commentare il libro dell’esodo ad un certo punto scrive che la fede nel Dio trinitario è la “triplice fune, che non si può spezzare, dalla quale l’intera chiesa pende e da cui viene sostenuta”.

Anche se per alcuni, oggi, la fede nella Trinità sembra irrilevante il mistero è centrale nella vita della Chiesa. Già il filosofo Kant sosteneva che la Trinità è inutile sotto il profilo pratico: “le cose vanno peggio se ci si rende conto che essa supera tutti i nostri concetti”. 

Ridurre la Trinità ad un rebus matematico non ci porta da nessuna parte. La fede nel Dio Unitrino ci dice l’amore e la comunione del nostro adorato Dio, la passione con cui dovremmo annunciarlo e la dedizione nel rendere la nostra vita pratica immagine della Trinità.

La scrittura non parla della Trinità, ne rivela la presenza nell’opera del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.

Il Dio che si rivela è il Dio amore, è il Dio comunione che non lascia solo l’uomo, anzi, quando l’uomo si lascia ingannare dal male Dio lo cerca, rivelandosi amore e misericordia.

Così Mosè riceve e accoglie la rivelazione di Dio sul monte Sinai, conosce e sperimenta la forza dell’amore e della parola di Dio.

Il Dio di Abramo, di Isacco di Giacobbe si rivela nella pienezza nel Figlio. È Gesù che ci fa conoscere il Padre assieme allo Spirito Santo.

La natura del Padre è l’amore, ha tanto amato da dare il Figlio perché chiunque crede in lui non vada perduto.

Nella storia della Chiesa la Trinità è stata rappresentata con vari simboli che ancora permangono nella tradizione popolare.

Il segno più antico è il triangolo equilatero (S.Agostino era critico all’uso del triangolo usato da sette eretiche, così scomparve dal V secolo per poi riapparire solo nel XI secolo d.C.), ad esso si aggiunsero i tre cerchi concentrici e nel basso medioevo il simbolo dei tre leoni, delle tre aquile e del trifoglio.

Anche l’architettura della chiesa ricorda la Trinità: le tre absidi, le tre navate, venivano prese come raffigurazioni simboliche della Trinità.

In un comune della provincia di Roma, Vallepietra, alle pendici del monte Autore (1885 m) sorge un antichissimo santuario dedicato alla SS.ma Trinità.

È particolare perché scavato nella roccia vi è un affresco risalente al XIII secolo in cui è rappresentata la Trinità sotto forma di tre persone uguali con la mano benedicente.

Nella parte bassa dell’immagine vi è la dicitura in latino: In Tribus his dominum Personis Credimus (in queste tre persone crediamo l’unico Signore).

Per secoli pellegrini hanno raggiunto a piedi le pendici del monte per onorare la Trinità in quel santuario scavato nella roccia.

La tradizione popolare vuole che i pellegrini dopo aver compiuto il culto escano a ritroso a significare che mai di deve dare le spalle alla Trinità, vale a dire: dai il primato a Dio nella tua vita e tutto ti sarà dato in sovrappiù.

Alla preghiera del gloria al Padre aggiungiamo quella di Anselmo d’Aosta: “La mia anima abbia fame il mio corpo abbia sete di Te, tutta la mia sostanza Ti desideri finchè entri nella gioia di Te che sei Dio uno e Trino”.

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