Soldi pubblici depauperati

Spese “pazze” in Regione: l’ex presidente del Consiglio Picciano condannato a tre anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici

Michele Picciano, ex presidente del Consiglio regionale, era accusato di peculato e abuso d'ufficio: dovrà anche restituire circa 60mila euro dei 75mila contestati dalla pubblica accusa. Nel procedimento, imputato pure il segretario personale Francesco Colucci poi assolto per estinzione del reato. L'indagine condotta dagli agenti della Digos di Campobasso su disposizione dell'allora procuratore Fabio Papa

Tre anni di reclusione, quasi 60mila euro da restituire alle casse pubbliche dei molisani e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. E’ arrivata la sentenza di primo grado a carico dell’ex presidente del consiglio regionale del Molise, Michele Picciano, messo sotto inchiesta dalla Procura di Campobasso – all’epoca rappresentata da Fabio Papa – assieme anche al suo segretario personale, Francesco Colucci, che nello stesso processo (da quest’ultimo subito solo per abuso d’ufficio) è stato destinatario di una sentenza di assoluzione per estinzione del reato.

Francesco Colucci in aula è stato difeso e rappresentato dall’avvocato Giuseppe Fazio. L’ex presidente del consiglio, invece, dagli avvocati Arturo Messere e Marco Lorusso che ovviamente impugneranno la sentenza di condanna e presenteranno ricorso in Appello.

Le accuse: peculato e abuso d’ufficio. L’indagine invece è stata brillantemente condotta su disposizione dell’allora procuratore Fabio Papa, dagli agenti della Digos di Campobasso.

In sostanza Picciano e Colucci sono stati indagati per avere sperperato soldi pubblici per quasi 75mila euro fra pranzi, spese personali e acquisti di ogni genere, tra cui lampade, tappeti e quadri.

L’inchiesta della Digos ha scandagliato gli anni di legislatura compresi fra il 2009 e il 2011, periodo in cui Picciano era al vertice di Palazzo Moffa.

Nelle carte dell’accusa compaiono decine di pranzi, tra cui quello da 42 coperti di fine legislatura; i tre buffet (uno per i dipendenti, uno per i giornalisti e l’altro per i consiglieri regionali) ordinati da Picciano a Natale del 2010; i 22mila euro spesi per libri (‘Sant’Agostino: discorsi sul Natale e l’Epifania’, ‘Semplice-Spazio,tempo, poesia’, ‘Tetralogia’, ‘Sorriso del sole’ ‘Dal salotto al ring televisivo’) che il magistrato ritiene “non del tutto attinenti al mandato istituzione” .

Quindi gli arredi acquistati per abbellire gli uffici della presidenza, tra cui una lampada da tavolo da 936 euro, un tappeto da 2160 euro, un quadro di Aldo Falso (3.240 euro), sei di Goffredo Luciani (4mila euro).

Non solo: gli inquirenti nel fascicolo hanno contestato spese “di quantità smodata e irrazionale” come i 6mila euro utilizzati per l’acquisto di bevande, cialde di caffè, orzo e acqua da offrire in occasione di visite istituzionali.

Nelle spese”folli”, figura anche il capitolo dei contributi ad enti ed associazioni, tra cui i 6mila euro elargiti alla Onlus “Centro di carità”, presieduta da un collaboratore dell’ex presidente del consiglio e i 3500 euro concessi ad una assicurazione per l’organizzazione di un convegno. Secondo il Pm Papa durante i mandato di Picciano “i costi istituzionali lievitarono in maniera esorbitante, superando le risorse finanziarie stanziate a bilancio”.

Il tutto per un totale di circa 75 mila euro. Il tribunale, in primo grado, ha “abbonato” all’ex presidente dell’assise di Palazzo Moffa circa 15mila euro di quadri e arredi acquistati che sono rimasti nelle disposizioni del consiglio regionale ma la rimanente somma, Michele Picciano, è stato condannato a restituirla.

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