Lontana da termoli

Da Natale ad agosto ‘bloccata’ a Milano, a tu per tu col virus. La storia di Nora: “Da irresponsabili scendere al Sud”

Nora Licursi, trentenne termolese a Milano da 8 anni per lavoro, in tutti questi mesi non ha mai pensato di tornarsene a casa, come tanti hanno fatto. "Sono nella regione più colpita, non avrei mai potuto far correre rischi ai miei familiari". In questa intervista racconta il suo 'scrupoloso' lockdown

Nora Licursi a Milano

Lei non c’era quella notte dell’assalto ai treni alla Stazione Centrale di Milano. Nora Licursi, 32enne termolese da più di 8 anni di stanza nel capoluogo lombardo, in tutti questi mesi segnati dall’epidemia da Sars-CoV-2 non ha pensato nemmeno per un attimo di fare armi e bagagli per tornarsene nel ‘tranquillo’ Molise. Né lo ha fatto dopo, con il via libera agli spostamenti tra regioni dal 3 giugno in poi. Non che non avrebbe voluto, ma ha anteposto la sicurezza degli altri al desiderio di casa.

“Sono nella regione più colpita, non volevo far correre rischi agli altri, in primis ai miei familiari, ed è per questo che ho deciso di restarmene qui”. Sappiamo però che non tutti hanno fatto lo stesso ragionamento e i rientri al Sud sono stati numerosi, tanto da ‘aizzare’ le ira di più di un Governatore. Senza voler stigmatizzare la più che comprensibile voglia di casa, Nora lo dice a chiare lettere: “Sono scesi e si sono messi in quarantena. Ma la quarantena ha senso se stai in casa da solo. Se condividi lo stesso bagno e siedi alla stessa tavola, che quarantena è?”. È notorio infatti come molte infezioni abbiano avuto luogo proprio in casa, un po’ come succede con la ‘banale’ influenza. “Per me tornare a casa è stato un gesto irresponsabile, considerato anche che molti di quelli scesi potevano essere asintomatici”.

 

E così, la giovane che a Milano lavora nel campo delle Agenzie di Comunicazione, da Natale ad oggi è rimasta bloccata lì, nell’epicentro italiano della pandemia. “Non tornerò giù prima di agosto” ci dice Nora con una certa dose di mestizia sebbene convinta della sua scelta. I suoi coinquilini – due campani – sono andati via a fine febbraio e da allora Nora vive completamente sola. Ferie ‘forzate’ a marzo, un mese di cassa integrazione ad aprile, poi smartworking, fino a poco tempo fa quando il suo ufficio ha riaperto. Ma nonostante questo lei ha deciso di non muoversi da Milano, osservando scrupolosamente il lockdown. “Uscivo solo una volta a settimana per andare a fare la spesa, eccetto questo mi sono ‘tappata’ in casa”. Paura? Come non averla, specie se si vive in una città con numeri di contagi che qui in Molise possiamo solo lontanamente immaginare.

Nora, sicuramente più dei residenti in Molise o in altri posti meno toccati dall’epidemia, ha convissuto fianco a fianco col virus e ad un certo punto ha temuto seriamente di averlo contratto. “A marzo mi sono ammalata. Febbre poco superiore ai 37° e tosse. Non che non mi succeda spesso perché sono una persona che si ammala con estrema facilità. Ma è chiaro che quella volta l’ho vissuta diversamente, nonostante il mio medico mi avesse rassicurato”. Difficile insomma non cedere al pensiero di essersi presa il Covid-19. “Mi sono letteralmente chiusa in casa in quel periodo, poi pian piano sono guarita e la paura è svanita”.

Le chiediamo come ha vissuto i mesi del lockdown e le settimane a venire. Abituata alla compagnia e allo stare insieme agli altri, Nora si è trovata per diverso tempo a stare completamente da sola. E ha scoperto che la solitudine ha i suoi vantaggi. “Mi organizzavo le giornate, un po’ lavoravo un po’ seguivo corsi online. E poi ho approfittato del tempo libero per leggere libri che avrei sempre voluto leggere, per vedere film, per riordinare gli armadi e la libreria. Insomma, ho fatto tutte quelle cose che dici sempre di dover fare ma non fai mai per mancanza tempo. Non mi sono né annoiata né buttata giù”.

Uscire, d’altra parte, non era poi così rassicurante. “Al supermercato, in particolare, vedevo situazioni non piacevoli, soprattutto da parte di persone anziane che non rispettavano la distanza e si avvicinavano fin troppo”. La città, invece, ha iniziato a ‘rivederla’ da poco. “Dai primi di giugno ho ripreso anch’io un po’ di vita sociale, sono tornata a fare qualche aperitivo”. E scherza: “Non ero nella famosa foto dei navigli”. Niente è come prima, neanche per lei. “All’inizio ero molto titubante, mi guardavo intorno per vedere se le regole erano rispettate. E la mascherina me la tolgo solo al momento di bere ma noto che non tutti fanno così”. Il buffet è un ricordo (“e questo è un bene, così è molto più igienico”) e i tavoli sono più distanziati ma la sensazione è che mano a mano si stia tornando ‘alle origini’. “Ho notato – come giusto che sia, ora ci sono anche io dentro e lungi da me criticare gli altri – un ritorno alle vecchie abitudini. Sarà perchè la paura sta svanendo a poco a poco”. Ma Nora professa prudenza e la vorrebbe da parte di tutti.

Anche perché i dati della Lombardia, sebbene in calo, sono tutt’altro che bassi (nella sola Milano città i casi totali hanno superato quota 10mila). Chiediamo a Nora come sia – da milanese acquisita com’è – l’approccio con quei numeri sciorinati quotidianamente e che continuano a far tremare l’Italia. “In realtà qui si percepisce che la gente è più serena. Ma questo soprattutto perché la città si è svuotata e non si vede la fiumana di gente di un tempo”. Il ‘lavoro agile’ ha chiaramente avuto l’effetto di decongestionare la città, che ora appare inusitatamente vuota. “Non c’è il movimento che c’era prima, i mezzi pubblici sono semivuoti e c’è molto meno traffico”. E poi – aggiunge Nora – con l’avvicinarsi dell’estate molti milanesi si sono recati nelle seconde case. “Indosso sempre la mascherina e cerco sempre di mantenere le distanze, ma è ovvio che tutto ciò fa la differenza. Se vedessi tutta la gente che vedevo prima all’ora di punta sicuramente non mi sentirei tranquilla. Invece ora ovunque vai non trovi il pienone di una volta in passato”.

Il virus, che per molti è rimasto un astratto ‘sentito dire’, Nora lo ha visto più da vicino. “Ho conosciuto una donna di 50 anni che lo ha avuto e mi ha raccontato la sua esperienza”. Una donna come tante, senza patologie pregresse che però ha preso il Covid in una forma non lieve. Una polmonite che l’ha costretta in un letto d’ospedale per settimane e di cui anche ora che è guarita ha gli strascichi. “Mi ha detto che ha pensato di morire e che ora si sente miracolata. Mi sono commossa”. Ma sono diversi i racconti arrivati alle orecchie di Nora, attraverso il racconto di amici e colleghi. “Ho saputo di persone della mia età che si sono ammalate. Capisci che non è che perché hai 30 anni puoi ritenerti immune. Tutto ciò mi ha turbato. Il pensiero che possa succedere anche a te è concreto”.

Ai suoi corregionali Nora lancia un monito: “Non dimentichiamoci del virus e di quello che abbiamo passato per via del lockdown”. Anche lei teme la recrudescenza dell’epidemia dopo l’estate e invita tutti a continuare ad osservare le misure di sicurezza. “Molti sembra si stiano dimenticando di tutto, pensando che la pandemia sia finita, ma non è così”. E l’invito vale anche per i molisani che probabilmente hanno abbassato da un po’ la guardia.

Il ritorno a Termoli si avvicina e, dopo mesi di lontananza, l’emozione è palpabile. “Non vedo l’ora di respirare l’aria di mare, qui senza ‘impazzisco’. E poi sono curiosa di sapere come sarà la stagione balneare”. Anche qui, nelle sue ‘sudate’ ferie d’agosto, la parola d’ordine sarà prudenza. “Sembra banale dirlo, ma chi non è stato colpito direttamente dal virus deve solo sentirsi fortunato. Io mi ci sento, ma ho sempre le antenne alzate”.

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