Le intercettazioni di piazza pulita

Il boss disprezza i tossici e “Serpico” inventa l’assaggiatore-cavia, come nella Magliana: “Questa è roba colombiana”

Il camorrista cui facevano riferimento i due sodalizi molisani, smantellati dai carabinieri del nucleo investigativo e dalla guardia di finanza, non stimava i consumatori di coca, tant'è che il fratello 34enne si riforniva dal leader bojanese di nascosto. Quest'ultimo, intanto, aveva escogitato la figura dell'addetto "all'assaggio" chiamato a testare la qualità della sostanza

Il boss napoletano, di stanza a Bojano assieme alla famiglia, non ha alcuna stima dei tossicodipendenti.

Per lui, come per tutti quelli che gestiscono e coordinano organizzazioni criminali, chi fa uso di droga è solo uno strumento utile al guadagno. Ma consumare stupefacenti all’interno dell’associazione criminale a cui si appartiene, secondo le vecchie e per molti ancora inviolate logiche organizzative, è sempre controproducente.

“Con i picciuli” devi essere lucido. Non si può sbagliare. Una mossa azzardata potrebbe costare uomini ma soprattutto denaro. Era la sintesi di una delle confessioni di Buscetta per sottolineare che il boss e la generazione destinata a sostituirlo al vertice di un clan mai avrebbero dovuto annebbiare la mente con sostanze stupefacenti. Tempi diversi quelli di Buscetta. Mafie diverse. Ma il colore dei soldi è uguale ovunque e per chiunque. E la camorra come Cosa nostra ha logiche e dinamiche unite da un denominatore comune: il colore dei bigliettoni.

In “Piazza Pulita” il capo del sodalizio criminale sradicato dai carabinieri del nucleo investigativo, ribadendo proprio le logiche dei mafiosi vecchio stampo, in più occasioni palesa la poca stima che nutre per i tossicodipendenti.

Tanto che il fratello, anche lui di stanza a Bojano, 34 anni, consuma cocaina di nascosto. E la chiede al 32enne bojanese, leader del secondo sodalizio, detto “Serpico”. Allo stesso chiede però di tacere con il fratello. “Non deve sapere”.

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Gli affari  proseguono. “Serpico” ammette che da 10, 12 anni spaccia. Prima solo fumo (“ho venduto almeno dieci chili solo a Bojano”) ora cocaina perché “ora non fuma più nessuno, si fanno tutti quanti”.

Anche lui, come il boss dal quale compra cocaina, non usa sostanze. Almeno non più. Ammette di averne fatto uso ma che se dovesse riprendere starebbe “molto male”.

Quindi la droga che compra, per poi rivenderla al dettaglio, la fa provare ad una nuova figura: quella dell’“assaggiatore”.

Anche “Serpico”, appassionato di “Romanzo Criminale” come emerge in qualche chiacchierata, si ispira alla figura del “sorcio” della banda della Magliana. Usa un tossicodipendente da cavia e soddisfatto commenta: “Si è fatto un tiro che all’improvviso non parlava più – si legge in alcuni dei fatti che gli vengono contestati – è stato ingessato mezz’ora e ha detto ‘sta cosa ti mena una fucilata’, è un tossico che saltuariamente chiamo per fargli provare la roba”.

Ma non è l’unica cavia. Perché cita anche l’episodio in cui un altro giovane si sente male dopo aver provato la sostanza. La moglie di Serpico (sotto custodia) si spaventa mentre  la madre (anche lei sottoposta a misura) gli chiede di chiamare il 118. Lui, spavaldo, racconta di aver deciso di non chiamare nessuno e che se fosse morto lo avrebbe messo in macchina e buttato in un campo per non far sapere a nessuno che era morto a casa sua. Alla fine il ragazzo si riprese dal malore e anche in quella occasione la fortuna salvò la spregiudicatezza del “serpente” (altro soprannome del 32enne).

I clienti molisani chiedono qualità della cocaina. E il 32enne vanta di avere “coca di altissima qualità”. Per esempio uno dei carichi che compra gli viene consegnato ancora sigillato con il simbolo dello scorpione stampato sopra “così come è stato preparato in Colombia”.

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