Pandemia come opportunità

Ecco come il Covid ha ‘ammazzato’ il sesso. La normalità pre-lockdown? “Era sbagliata”

La quarantena forzata ha avuto un impatto importante sulle abitudini sessuali degli italiani: a metterlo nero su bianco una ricerca di Durex e Anlaids. E su questa si innesta una task-force medico-scientifica di tutto rispetto che lancia un monito: "Non torniamo alla normalità pre-lockdown, perchè era scorretta"

Adamo ed Eva

La normalità pre Covid – è stato detto tante volte in questi ultimi mesi – era tutto fuorchè normale e corretta. Il discorso vale anche per quanto riguarda la sfera sessuale.

Diciamocelo, il non aver potuto avere rapporti intimi col proprio partner nel periodo del lockdown è stato per molti il vero problema nel problema dell’epidemia. Le nostre abitudini sessuali sono giocoforza cambiate durante i due mesi di chiusura forzata.

Una ricerca di Durex e Anlaids condotta su 500 italiani (tra i 16 e i 55 anni) ha misurato il reale impatto dell’esperienza della quarantena forzata su questo aspetto. Ed è nata anche una task force medico-scientifica appunto per cambiare le abitudini considerate come normalità nel periodo precedente alla pandemia ma che è meglio perdere che (ri)trovare.

Il Covid dunque può essere l’occasione per ripensare, perché no, ai comportamenti sessuali responsabili che prima dell’emergenza sanitaria erano già carenti. “La maggiore attenzione alle precauzioni per la prevenzione di infezioni trasmesse per contatto, come l’infezione da Covid-19, contribuiranno a modificare i comportamenti sessuali e ad evitare la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili?”

Nasce da queste domande la nuova campagna educativa di Durex Safe is the new normal: un progetto di ampio respiro che si inserisce all’interno di numerosi programmi di sensibilizzazione volti a promuovere comportamenti consapevoli in ambito sessuale in un periodo, come quello attuale, estremamente delicato. “L’iniziativa, realizzata in collaborazione con Anlaids, la prima associazione italiana nata nel 1985 per fermare la diffusione del virus HIV e dell’AIDS, permetterà la creazione di una Task Force di esperti in ambito medico-scientifico che avranno il compito di trasmettere un messaggio di rottura rispetto alla normalità in fatto di abitudini sessuali tipiche del periodo precedente al lockdown, sensibilizzando la popolazione sul ruolo cruciale che gioca la prevenzione anche in questa sfera”.

La situazione infatti prima dello scoppio della pandemia Covid-19 non era affatto rosea: le conoscenze su rischi e pericoli per la salute in tema di malattie sessualmente trasmissibili erano spesso sommarie, vissute con noncuranza circa il loro potente impatto sulla vita, soprattutto da parte dei giovani. A questo si aggiungeva una scarsa informazione sulle modalità di trasmissione e di conseguenza su quali comportamenti adottare per la prevenzione, con i tabù che giocavano ancora un ruolo importante. Una normalità, quindi, non abbastanza corretta e che, oggi ancora di più, richiede maggiore impegno in termini di prevenzione e salute pubblica.

Una rediviva consapevolezza dei rischi legati al sesso è forse quel che serve e se c’è voluta una pandemia per ricordarsene tanto vale approfittarne. La Task Force ha al suo interno nomi importanti. Uno su tutti: il Professore e infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano Massimo Galli, riconosciuto come uno dei principali punti di riferimento della comunità scientifica per il suo impegno nella ricerca sull’HIV e oggi anche sul Covid-19. Ci sono poi una sessuologa dell’ospedale Cotugno di Napoli, uno psicoterapeuta del Galliera di Genova e una dermatologa dello Spallanzani di Roma.

Il virus, ce ne saremo accorti un po’ tutti, ha avuto delle conseguenze importanti sulla nostra vita, e naturalmente anche in quella ‘intima’.  “Durante il recente periodo di lockdown ogni italiano ha vissuto un inatteso processo di trasposizione da una precedente dimensione di libertà e di interconnessione ad una nuova realtà, governata dall’isolamento e dal distanziamento sociale. L’aspetto maggiormente colpito, in uno scenario di questo tipo, è stato senza dubbio quello della sessualità. Migliaia di coppie si sono infatti ritrovate da un giorno all’altro rinchiuse in convivenze forzate o a vivere inaspettati momenti di lontananza dal partner. Discorso ugualmente valido per i single, che hanno invece visto interrompersi improvvisamente le opportunità di frequentazioni occasionali e di ricerca di partner”. Ma il monito è “Let’s not get back to normal”, non torniamo alla normalità, insomma, perché era sbagliata.

Interessante l’excursus antropologico del professor Massimo Galli, Direttore della terza divisione di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano. “Tutte le grandi epidemie hanno lasciato profonde tracce nella cultura e nei comportamenti umani. È quindi atteso che anche Covid lasci segni profondi. Che poi una malattia trasmissibile per via aerea e per contatto diretto abbia condizionato anche i comportamenti sessuali di questo periodo certamente non stupisce. In un’epidemia come questa, l’altro è stato percepito, se sconosciuto, come pericolo. E se partner abituale non convivente, è diventato a lungo inaccessibile. Un impatto certamente differente rispetto all’AIDS, che ha segnato la ‘cultura sessuale’ dell’ultimo ventennio del secolo scorso, ma la cui influenza è andata attenuandosi nel tempo, almeno nella consapevolezza, nelle attitudini e nei comportamenti delle ultime generazioni. Ma la crisi causata da Covid offre l’opportunità di ripartire ‘bene’ anche da questo punto di vista, cogliendo l’opportunità di programmi educativi volti ad estendere i comportamenti responsabili anche all’ambito sessuale. Da oltre trent’anni ANLAIDS porta nelle scuole messaggi di prevenzione e per una cultura della responsabilità che si traduca in esercizio responsabile della propria sessualità. È tempo di riprenderli dopo la pausa che Covid ha imposto”.

Ma veniamo ai dati emersi dalla rilevazione. Il primo, che li contiene un po’ tutti, è che gli italiani (molisani compresi) in quarantena hanno fatto meno sesso. L’83% degli intervistati, infatti, ha confessato un generale calo del desiderio e della pratica sessuale durante il periodo di lockdown, con solo il 23% che ha invece sostenuto di aver mantenuto un livello di attività sessuale quasi uguale al periodo pre-quarantena. Tra le principali motivazioni espresse a giustificazione di questo importante decremento ansia, paura del contagio, presenza di bambini in casa, interruzione dei movimenti e obbligo di distanziamento sociale.

Da non sottovalutare le conseguenze psicologiche. “La pandemia che ha colpito il nostro Paese ci ha costretto per motivi di sicurezza all’isolamento sociale. Questa condizione ha generato degli effetti psico–sessuali a breve e a lungo termine. Aumentatati i sentimenti di ansia, ossessività, compulsività per il contagio e effetti simil depressivi, si sono drasticamente ridotte le pratiche sessuali – compreso il petting – con i partner occasionali ma anche con il partner stabile – spiega la Dottoressa Sonia De Balzo, Sessuologa specialista in psicologia clinica e dello sviluppo dell’Ospedale D. Cotugno di Napoli -. In questo momento storico così particolare diventa di primaria importanza sollecitare l’opinione pubblica ad adottare un approccio consapevole su quanto ci accade intorno, al fine di promuovere un’opera di sensibilizzazione riguardo alla prevenzione del contagio del virus COVID-19 , e ancor di più, del virus dell’HIV e delle altre malattie a trasmissione sessuale”.

Perché va bene la paura del contagio da Covid, ma ci sono anche altri virus e malattie che sono tutt’altro che scomparsi. “In un momento così critico come quello che stiamo vivendo, dove è necessario mettere in campo molte più attenzioni nella vita di tutti i giorni per difendersi da Covid-19 forse ricordare che è necessario proteggersi anche da HIV e dalle malattie sessualmente trasmissibili può risultare un messaggio non gradito, in quanto aumenta la paura e l’insicurezza già dominanti – spiega il Presidente di Anlaids – .Proviamo però a cogliere anche l’opportunità di una maggiore attenzione generale verso la nostra e l’altrui salute per non abbassare la guardia: il lockdown e la conseguente diminuzione dell’attività sessuale possono anche essere un’occasione per effettuare uno screening su HIV e malattie sessualmente trasmissibili e ripartire da “quasi zero” con le giuste protezioni”.

Ma torniamo ai dati, relativi alle varie categorie: single, partner conviventi e partner non conviventi. I single non sono di certo quelli più colpiti dagli effetti del lockdown nella sfera sessuale, però sia quelli che non hanno alcuna frequentazione che quelli che, invece, hanno un rapporto saltuario che non può però essere definito come relazione hanno subito degli ‘smacchi’. Infatti, mentre per i primi vi è stato un drastico crollo dell’attività sessuale, addirittura per il 98% degli intervistati, i secondi hanno lamentato qualche difficoltà in meno, con un calo dell’attività sessuale che ha toccato il 93%. Altri due dati molto importanti emersi dalla ricerca Durex sono quelli relativi ai rapporti occasionali, crollati dal 34% al 3%, e all’utilizzo di app di incontri, scesi invece dal 21% pre-lockdown al 6% durante la quarantena.

Per quanto riguarda i partner non conviventi, questa è senza dubbio una categoria che ha subito un importante impatto nella sfera sessuale in questo periodo così. Secondo quanto emerso dalla ricerca, infatti, ben il 95% degli intervistati ha dovuto rinunciare all’attività sessuale nel periodo della quarantena. Scendendo più nel dettaglio, emerge chiaramente una netta differenza tra il periodo pre e quello durante la quarantena. Nello specifico, nella fase di lockdown si sono rivelate stabili le attività sessuali praticabili in autonomia, come la masturbazione (38% prima, 36% durante), la visione di materiale pornografico (30% prima, 27% durante) e il sesso virtuale in webcam (13% prima, 13% durante), mentre sono crollate quelle che prevedono il contatto fisico e che dominavano la classifica nella fase pre-quarantena.

Lo scenario è invece sicuramente molto diverso per quanto riguarda i partner conviventi, che solamente nel 65% dei casi hanno visto ridurre la propria attività sessuale. In questo caso, però, a differenza delle categorie precedenti dove la diminuzione dell’attività sessuale era legata all’impossibilità di contatto, il calo si è verificato in seguito ad una progressiva diminuzione del desiderio sessuale, come dichiarato dal 62% degli intervistati. Inoltre, il periodo di quarantena forzata ha avuto, sulle coppie conviventi, un forte impatto sui livelli di soddisfazione sessuale, che ha subìto delle debacle.

Infine, in previsione della ripresa e della totale riapertura è molto significativo il dato per cui più della metà degli intervistati ha dichiarato che l’isolamento da Covid-19 non ha cambiato le abitudini e le attenzioni legate alla propria igiene sessuale e che prima del Covid-19 solo 1 italiano 2 era solito utilizzare il preservativo come contraccettivo. E qui casca l’asino, e la speranza è che la pandemia muti alcune di queste abitudini malsane.

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