Ha indossato le vesti da prete che non era giovanissimo. Ma si era fatto spazio nel cuore dei fedeli con la forza del garbo e l’energia dell’amore. A fare il resto ci aveva pensato il timbro inconfondibile della sua voce: intenso e profondo. Del quale per anni si era servito urlando ora dal pulpito di San Paolo ora per strada, quei suoi personalissimi messaggi di solidarietà, amore e condivisione.
E’ passato un anno dalla morte di don Giovanni Diodati.
È morto don Giovanni Diodati: lutto in città, “perdita immensa”
E’ un anno che la comunità del capoluogo fa a meno di un campobassano doc come lui. La sera del 5 maggio 2019, arrivò la notizia che nessuno si aspettava e di cui tutti avrebbero fatto a meno.
Arrivò prevista, ma inatteso fu invece il suo Calvario: veloce e spietato. Aveva 70 anni e tanto ancora da dare ed offrire alla sua gente. Lo ha ucciso l’altra peste del secolo, non il Covid ma quella più potente e spietata, contro la quale c’è solo la speranza dell’efficacia delle cure e della preghiera: il cancro.
Quando ha chiuso gli occhi per sempre era all’Hospice di Larino dove egli stesso era voluto andare dopo una breve degenza al Cardarelli. Da lì ha continuato a pregare per i ricoverati come lui, a concelebrare messa e a mantenere il legame con i suoi fedeli di Campobasso che nel frattempo continuavano suppliche e invocazioni al Cielo perché tornasse presto a San Paolo a celebrare messa e ad intonare canzoni con i suoi bambini.
Non è stato così. Ed oggi piuttosto che raccontare una delle sue tante iniziative tra l’arte della pittura, eventi per aiutare i bisognosi, incontri con i fedeli, siamo costretti a raccontarne il ricordo.
Nel primo anniversario dalla sua scomparsa l’affetto che prova a fare da contrappeso al dolore per l’assenza, non è diminuito.
I social in queste ore si sono riempiti di ricordi e di omaggi da parte di amici, fedeli, conoscenti e di quanti lo hanno amato. Nessuno lo dimentica. Né lo ha dimenticato don Franco D’onofrio che di don Giovanni ha raccolto l’eredità.
E nessuno meglio di Franco poteva farlo. Nessuno meglio di questo prete – cresciuto anche sotto l’ala di don Giovanni – poteva rafforzare per inclinazione personale e solida autonomia di pensiero, quella missione di solidarietà e fratellanza che li univa.
Due opposti, lui e don Giovanni, come sono un padre e un figlio. Ma uniti da un filo eterno: l’amore verso gli ultimi e chi soffre. Lo stesso filo che mantiene vivo il ricordo del sorriso autentico, dello sguardo affettuoso, della voce profonda e del messaggio che esprimeva, don Giovanni
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