L'inchiesta sul covid

Picco di contagi, indaga la Procura: a casa del defunto viavai nei giorni prima. E non erano soltanto rom

Continua la ricostruzione degli investigatori e al vaglio del sostituto ci sono tutte le eventuali responsabilità su condotte sbagliate e negligenze. Intanto l’Asrem non avrebbe sottoposto a tampone tutti i rom ma avrebbe scelto di procedere per “cerchi concentrici”, che significa accertare solo quelli che hanno avuto contatti diretti con i positivi

Non tutti i rom sono ancora stati sottoposti a tampone orofaringeo. Nè sono stati interpellati per l’esame coloro che hanno avuto contatti diretti con la famiglia rom il 30 aprile scorso.

Tant’è, per esempio, che due cittadini di Termoli che il 29 aprile scorso erano in via Liguria per le condoglianze alla famiglia De Rosa, in queste ultime ore sono stati costretti a chiedere l’aiuto dei sanitari del San Timoteo perché affetti da sintomi importanti e tipici del Covid.  Soltanto al San Timoteo li hanno poi sottoposti a tampone e sono quindi in attesa dell’esito.

La comunità rom di Campobasso sarebbe invece stata selezionata e  – per dirla come ha spiegato il direttore generale dell’Asrem nei giorni scorsi – si è proceduto alla ricostruzione della catena epidemiologica  per “cerchi concentrici”. Significa che hanno eseguito l’esame orofaringeo prima i contatti diretti con il “paziente uno” della comunità che sarebbe stato individuato nel defunto del 30 aprile scorso, poi tutti gli altri che, si è appreso ricostruendo la catena, avevano avuto contatti a rischio.

Una ricostruzione non facile, all’interno della quale devono essere ricordati usi e costumi della comunità rom: sono solidali tra loro, condividono ogni cosa, vivono insieme e hanno un senso di fratellanza che – probabilmente in altri momenti al di là del covid – potremmo anche prendere come esempio.

Oggi no però. Perché quella condotta di familiarità e condivisione potrebbe essere stata deleteria  per loro stessi e molti altri.

La Procura di Campobasso sulle dinamiche intercorse a partire dai giorni precedenti il 30 aprile e su quelle ovviamente successive, ha aperto un fascicolo. Un’inchiesta ad ampio raggio però. Poco si conosce dell’attività coordinata dal dottore Nicola D’Angelo, ma certo è che si sta verificando a 360 gradi ogni aspetto che riguarda tutte le imprudenze e le negligenze commesse rispetto alla normativa anti Covid.

Bocche cucite anche in via Tiberio dove la squadra mobile di Campobasso sta continuando a lavorare per capire come sono andate le cose pure il 28 e il 29 aprile quando l’esponente rom poi deceduto, in fin di vita, è stato raggiunto da intere famiglie rom e “non rom” per un saluto estremo di cui in tanti hanno sentito di non potere fare a meno.

In via Liguria  – assembramento a parte – nei giorni precedenti il 30 aprile sono arrivati i rom di Vasto e Termoli. Ad accoglierli c’era la famiglia del deceduto, allargata a qualche altro membro della comunità locale. Ma c’erano anche residenti della zona, e infatti alcuni di loro sono poi stati interpellati dall’azienda sanitaria per l’esame molecolare.

Da “buoni vicini” hanno ritenuto opportuno recarsi nell’appartamento per consolare e partecipare al dolore. Un atto di pietà, ovvio, di cui però in migliaia hanno dovuto fare a meno in questo storico momento e di cui si doveva fare a meno anche a Campobasso.

A parte la retorica e l’inutilità del “senno di poi” , di quell’assembramento sono stati identificati i due terzi dei presenti e sanzionati. Dovranno pagare un’ammenda prevista dal Dpcm in vigore.

Ora però si lavora a ritroso. Il sostituto procuratore a cui è stata rapportata buona parte della ricostruzione fatta dagli agenti di polizia dovrà decidere come proseguire e in che termini.  Dolo? Colpa? E di chi? Solo rom? Come si sta lavorando e in base a criterio? Ci sono responsabilità terze oltre a quelle già accertate?

Molteplici interrogativi ancora senza risposta dei quali si occupano le investigazioni della polizia perché se tanto viene spiegato (spesso con troppi numeri e poche parole), molto altro – anche rispetto a domande precise  – resta puntualmente sospeso.

Il 62enne deceduto il 30 aprile (abbiamo già scritto ndr) che non è  sottoposto a tampone post-mortem. Perchè?

A maggior ragione diventa importante sapere se tutti i rom hanno eseguito il tampone. E’ un diritto innanzitutto loro e poi degli altri sapere se devono salvaguardarsi e salvaguardare. Perché se positivi (ma non lo sanno) è ovvio che sono dichiaratamente tenuti a svolgere le faccende di ognuno: spesa, commissioni, lavoro, con tutti i rischi che potrebbero scaturire da quel mancato accertamento.

Da una parte ci sono gli investigatori che stanno operando per fornire all’autorità giudiziaria dettagli utili ad individuare  eventuali responsabilità e negligenze in occasione di questo picco inaspettato di positivi e circoscritto ad una comunità locale. Dall’altra quindi c’è la Procura che valuterà e deciderà se la normativa è stata rispettata. E come.

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