Voglia di ricominciare

Riaperture il 18 maggio, quasi fatta. Ma i ristoratori frenano: “Poco tempo e troppa confusione”. E al mare si andrà su prenotazione

Mentre parrucchieri ed estetisti non vedono l’ora di ricominciare, nel settore ristorazione emergono perplessità. “Pochissimi giorni per adeguarsi, meglio attendere”. E spunta il problema della mancanza di guanti monouso. Intanto l’Inail pubblica le Linee guida

Il fattore tempo è decisivo, sia che si riapra lunedì 18 maggio, sia che il via libera arrivi per l’1 giugno. Ma mentre l’Inail ha dettato le Linee guida per la riapertura, l’impressione è che per rivedere i ristoranti aperti, al di là delle decisioni che arriveranno dalla Regione Molise, occorrerà attendere. “Sicuramente non riaprirò lunedì prossimo”. afferma Nicola Marinucci, titolare della pizzeria del lido Bahia Azzurra di Rio vivo. “Umanamente impossibile, c’è ancora troppa confusione” gli fa eco Roberto Consiglio, del ristorante L’opera di Termoli.

Sono due degli esercenti che più si sono esposti nelle ultime settimane per far capire le difficoltà di un settore che è stato strangolato dalla crisi coronavirus. “Stiamo finendo la liquidità. Abbiamo pagato affitto, utenze, tasse. Ai miei dipendenti a tempo indeterminato non è ancora arrivato un euro di cassa integrazione. E quando riapriremo saremo in 8, sperando che le cose vadano bene, altrimenti andremo avanti in 6. L’anno scorso eravamo in 20. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni”.

La situazione è drammatica e la luce in fondo al tunnel non si vede. La data del 18 maggio, cerchiata in rosso soprattutto da parrucchieri ed estetisti, potrebbe non essere quella buona per tanti ristoratori, anche se la crisi li attanaglia. “Se non riaprono subito, molti non riapriranno più” taglia corto il direttore di Confesercenti Termoli, Massimiliano Orlando. “I pagamenti si stanno accumulando, le entrate sono sempre zero. Per molti infatti nemmeno le consegne a domicilio o il servizio da asporto possono servire”.

Uno di quelli che è stato in prima linea per riaprire almeno con queste due modalità è stato proprio Consiglio. “La gente comincia a fidarsi ma vedo che ha molta voglia di uscire. Però se ci impongono il plexiglass ai tavoli non apriamo proprio”. Per il titolare dell’Opera infatti sono necessarie regole certe, ma che non costringano gli esercenti a sforzi impossibili. “Il distanziamento sociale va bene, le protezioni per i camerieri anche. Ma non ci si può chiedere, come leggo da qualche parte, di far compilare delle autocertificazioni ai clienti o di controllare che indossino le mascherine in bagno” dichiara Consiglio, il quale preannuncia una possibile nuova protesta del settore per sabato prossimo, ma non ci sono ancora certezze.

Impossibile preparare tutto in cinque giorni o anche meno” ammette Marinucci, componente del Movimento Imprese Ospitalità. Anche secondo lui, le persone hanno voglia di tornare a mangiare fuori, ma per farlo devono sentirsi sicuri. “Tanti mi chiedono, vogliono sapere quando riapriremo. Ma anche loro stanno sul chi va là”.

C’è anche chi, anche prima di avere certezza della vociferata riapertura del 18 maggio, aveva già deciso autonomamente di non riaprire il ristorante prima del 1 giugno. È il caso del ristorante Agorà di Termoli che sta approfittando in questi giorni per fare dei lavori di manutenzioni nel locale ma che, in ogni caso, non avrebbe aperto a fine maggio. Troppo poco tempo a disposizione tra la pubblicazione delle linee guida e la data fissata per la ripartenza. Perché, eccezion fatta per il distanziamento dei tavoli, organizzare il tutto non è cosa che si improvvisa in 3-4 giorni. E poi c’è una domanda che molti si fanno, e suona all’incirca così: “Riapriamo il 18, ma la clientela sarà pronta?”. Per Roberto Consiglio “c’è ancora troppa confusione. Probabilmente qualcuno aprirà ma non sappiamo come. Se non c’è un Disciplinare, come facciamo?”.

Toma consiglio regionale bilancio

Che poi è quanto sostiene anche il presidente Toma, pur ribadendo di voler riaprire lunedì a prescindere dal focolaio nella comunità Rom di Campobasso.

“Abbiamo necessità di avere delle Linee guida – ha detto a Radio Uno prima della pubblicazione da parte dell’Inail – che non possono arrivare a ridosso della riapertura, altrimenti commercianti e piccoli imprenditori non hanno il tempo di prepararsi. Per fare le cose per bene ci vuole preparazione”.

Ha quindi rispedito al mittente l’ipotesi che i contagi degli ultimi giorni facciano scivolare il Molise fra le regioni che riapriranno più tardi le attività commerciali. “Stavamo quasi azzerando il focolaio, poi c’è stato un nuovo cluster dovuto a dei comportamenti poco responsabili da parte di una piccola comunità. Abbiamo sotto controllo tutti i positivi, avremo qualche altra positività ma siamo partiti da una base bassissima e non vedo perché non si possa riaprire. Inoltre i contagi non si sono verificati in spazi commerciali e i nostri esercenti che fanno asporto hanno una grande cura delle regole”.

E a proposito di regole, ce n’è una semplice semplice che però sta diventando impossibile da rispettare. “Ci impongono di lavorare coi guanti. Il problema è che non si trovano più” riferisce Consiglio. In effetti basta fare un giro nei negozi per trovare scaffali vuoti e commessi che alzano le spalle alla domanda se arriveranno o meno. “Su Amazon trovi un pacco a 25 euro, quando di solito costano 6 euro. E se provi a comprarli dall’estero, dove c’è la maggior parte della produzione, lo Stato italiano li requisisce per fornire gli operatori sanitari”.

Quindi a breve gli esercenti rischiano di rimanere senza ed è un problema che riguarda tutti quelli che spingono per riaprire il 18 maggio, dai titolari delle Autoscuole ai saloni di bellezza. Parrucchieri ed estetisti, dal canto loro, mordono il freno e qualcuno ha già cominciato a fissare degli appuntamenti. Il via libera, però, ancora non c’è ufficialmente. La paura che sia il focolaio nella comunità rom di Campobasso a far slittare tutto sembra però toccare più gli esercenti del capoluogo, alcuni incerti persino se fare provviste o meno, rispetto ai colleghi sulla costa.

parrucchieri

Le riaperture tanto agognate di bar e ristoranti, centri estetici e saloni di parrucchieri, oltre che dei negozi, sta creando non pochi dubbi a chi dovrà rialzare le saracinesche. L’impressione, confermata da rappresentanti e singoli esercenti, è che non si sia pronti per la prova X di lunedì 18 maggio. Benedetta Marinucci, esperta di sicurezza sui luoghi di lavoro e consulente per lo Studio Consa (che vanta tantissime attività termolesi tra i propri clienti) lo conferma.

C’è tantissima confusione e disinformazione. Da una parte c’è il desiderio di riaprire ma dall’altra c’è la paura di non essere pronti. Le difficoltà non sono da poco”. Perché è facile dire ‘sanificazione’ e ‘distanziamento’, ma ben più complesso applicarlo nella realtà. Molti non riusciranno a riaprire lunedì, immersi come sono nei mille dubbi che, fino a qualche ora fa, non erano stati affatto fugati. Le linee guida ora ci sono, “ma molti riscontrano enormi difficoltà finanche a reperire da soli questi documenti ufficiali”.

La sensazione è che ‘si sia fatto tanto rumore per nulla’, perché è vero che il desiderio di ripartire – per evitare la ‘catastrofe economica’ – c’è ed è forte, ma altrettanto forti sono i timori dettati dalla scarsa conoscenza. In più “c’è anche scarsa coscienza da parte di molti” che prendono sottogamba le misure da rispettare, che invero saranno soggette a controlli stringenti e che potranno in alcuni casi portare alla chiusura coatta se non rispettate. “La confusione ha indotto molti – ci spiega la consulente – a spendere tanti soldi ‘inutili’ per sanificazioni costose con ditte specializzate” che però possono essere fatte al più una tantum. Anche perché c’è un problema di liquidità non da poco conto.

 

Intanto sono state rese note le Linee Guida redatte dall’Inail assieme all’Istituto Superiore di Sanità, approvate dal Comitato Tecnico Scientifico del Governo, l’organo deputato a indirizzare il decisore politico sul da farsi nella cosiddetta fase 2 dell’emergenza sanitaria. L’uscita era stata preannunciata per giovedì-venerdì di questa settimana, invece poche ore fa sono stati divulgati i documenti tanto attesi.

 

LINEE GUIDA PER LA RISTORAZIONE

Documenti che, va ribadito, sono passibili di modifiche e che costituiscono criteri guida di carattere generale. Il Governo potrà bloccare tutto qualora i contagi dovessero riesplodere e buona parte della partita se la giocheranno, autonomamente, le Regioni che potranno anche ‘ampliare’ queste indicazioni. Si comincia con le linee guida per il settore della ristorazione.

Anche qui le incognite la fanno da padrone. Non c’è infatti tanto e solo il distanziamento tra i tavoli (che non dovrà essere inferiore a 2 metri) e i commensali, ma molto altro.

Nel settore della ristorazione ad assumere un aspetto di grande complessità è la questione del distanziamento sociale. Durante il servizio, infatti, non è evidentemente possibile l’uso di mascherine da parte dei clienti. Lo stazionamento protratto, inoltre, in caso di soggetti infetti da Sars-CoV-2 può contaminare superfici come stoviglie e posate. Un altro aspetto di rilievo è il ricambio di aria naturale e la ventilazione dei locali confinati, anche in relazione ai servizi igienici, che spesso sono privi di possibilità di aerazione naturale.

Il Documento raccomanda, tra l’altro, di rimodulare la disposizione dei tavoli e dei posti a sedere, definendo un limite massimo di capienza predeterminato che preveda uno spazio di norma non inferiore a quattro metri quadrati per ciascun cliente, fatta salva la possibilità di adottare altre misure organizzative, come per esempio le barriere divisorie. La prenotazione obbligatoria viene indicata come ulteriore strumento di prevenzione, utile anche per evitare assembramenti di persone in attesa fuori dal locale.

Ancora, dispenser per l’igienizzazione delle mani, uso di forme alternative di menù, vietati i buffet, clienti con mascherina nel momento in cui si recano alla cassa per pagare o quando vanno alla toilette.

 

LINEE GUIDA PER LA BALNEAZIONE

Poi c’è il Documento tecnico sull’analisi di rischio e le misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nelle attività ricreative di balneazione e in spiaggia.

Che estate sarà in spiaggia? Va premesso che il settore della balneazione è tra quelli a rischio di aggregazione medio-alto secondo la classificazione Inail. Dunque le indicazioni prevedono che negli stabilimenti balneari l’ingresso dovrà essere contingentato e il documento indica la prenotazione, anche per fasce orarie, come strumento principale. Un modo anche per rintracciare ex post eventuali contatti a seguito di contagi.

Per evitare code o assembramenti alle casse, sarà favorito l’utilizzo di sistemi di pagamento veloci (card contactless) o con carte prepagate o attraverso portali/app web in fase di prenotazione. Ci saranno percorsi differenziati per l’entrata e l’uscita indicati da apposita segnaletica ma si prevede anche la presenza di personale che funga da guida per gli utenti nel percorso che rischia di ingenerare confusione.

Ombrelloni distanziati da una fila all’altra di 5 metri e all’interno di una stessa fila di 4,5 metri. Le attrezzature (lettini, sdraio) saranno fornite in quantità limitata per garantire un distanziamento rispetto alle attrezzature dell’ombrellone del vicino di almeno 2 metri. Addio ai giochi sportivi in gruppo, niente piscine laddove presenti, interdette le aree ludiche per bambini e misure ad hoc per i servizi igienici, docce e cabine. Il personale dovrà indossare i Dpi così come i bagnanti al momento dell’arrivo, di quello in cui vanno via e quando si recheranno negli spazi comuni.

E le spiagge libere? Anche qui gli spazi saranno delimitati e l’accesso avverrà, anche in questo caso, per prenotazione. Di certo l’estate così avrà tutto un altro aspetto.

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