La storia

La ribellione contro la violenza passa da Instagram: “Le ragazze non denunciano per paura di essere derise”

Manuela Salvatore, giovane studentessa termolese, ha scatenato la reazione di decine di donne che hanno preso spunto da un suo post di denuncia di una violenza psicologica subita sul social network. “Non ne parlano perché temono di essere persino giudicate, ma è necessario condividere queste esperienze”

Ogni anno si celebra nel mondo la giornata contro la violenza sulle donne. Una giornata in cui si riflette, si discute, si portano esempi. Poi però le violenze ritornano, molte volte in modo subdolo, perché le forme con cui si esercitano sono tante e talvolta chi le mette in pratica le ritiene normali abitudini. Per fortuna sempre più spesso c’è chi trova il coraggio di denunciare pubblicamente quello che le è capitato.

Come nel caso di Manuela, una ragazza di Termoli, molto giovane ma al tempo stesso con le idee chiare. È stata lei, quasi senza volerlo, a scatenare una reazione che ha toccato tante donne, anche sconosciute. È successo sui social, una sorta di mondo parallelo nel quale anche la violenza ha modalità proprie e conseguenze imprevedibili. Qualche settimana dopo quell’episodio, Manuela, 23enne studentessa di Medicina a Padova, ha accettato di condividere con Primonumero.it la propria esperienza.

 

Manuela, vuoi raccontarci cosa ti è successo qualche settimana fa?

La notte tra il 12 e il 13 aprile stavo scambiando dei messaggi su Instagram con un ragazzo, una persona fidata e non il primo sconosciuto, con il quale ogni tanto mi confrontavo perché l’ho sempre ritenuto una persona interessante e stimolante”.

Di cosa stavate discutendo?

“Libri da leggere e viaggi, i miei punti deboli. Ad un certo punto ricevo e apro, con inganno perché in questo social network non viene data la possibilità di visualizzarne l’anteprima, una foto dal chiaro riferimento sessuale, totalmente inappropriata ed indesiderata”.

Come ti ha fatto sentire?

“Violata è esattamente come mi sono sentita, perché ho percepito la mia intimità sgretolarsi e venir meno in un attimo, contro la mia volontà e senza che io potessi evitarlo. Credo che in ogni tipo di relazione, di amore, amicizia, parentela, si mettano delle barriere da rispettare: in quel momento la barriera è caduta ed io mi sono sentita vulnerabile ed indifesa, come quando ti viene imposto qualcosa”.

 Che reazione hai avuto?

“La mia prima reazione è stata quella di incolparmi da sola. Il mio profilo, le mie foto, come se, in fondo, me lo fossi meritato. Questa è la cosa che più mi ha fatto male: non il gesto in sé, ma l’aver messo in dubbio il mio modo di essere, la mia persona, la mia femminilità. Non riuscivo a tornare sul mio profilo, perché ne ero nauseata”.

Quindi cosa hai fatto?

“Per tutto il giorno seguente una vocina nella testa ha continuato a dirmi “ma se metti certe foto, quelle attenzioni te le vai a cercare”, non perché lo pensassi davvero, ma perché la reazione inevitabile è questa. E invece no, non è così ed è la cosa più sbagliata che si possa pensare. Ho un profilo normalissimo ma, anche se ci fossero foto di me nuda, questo non giustificherebbe i commenti o le “attenzioni non gradite” a cui siamo costantemente sottoposti, specialmente le donne”.

Come ti sei comportata nei confronti del ragazzo che ti ha mandato quella foto?

“Gli ho detto esattamente quello che pensavo, cioè che ero ferita e che non si sarebbe dovuto permettere. Lui mi ha chiesto scusa il giorno dopo e io le ho accettate. Essendo però stata infranta quella “barriera” contro la mia volontà, il mio modo di considerare quel ragazzo è radicalmente cambiato e di conseguenza non è una persona con cui voglio avere a che fare. Non penso che lui abbia agito con cattiveria, per questo ho accettato le scuse, ma non abbiamo più niente da condividere”.

Lui come ha reagito alle storie di Instagram in cui denunciavi quello che ti era successo?

“Non credo le abbia viste dato che, per tutelarmi, l’ho bloccato”.

manuela salvatore screenshot violenza donne

Ti era mai capitato in precedenza di subire commenti fastidiosi o vere e proprie violenze psicologiche sui social?

“Nel mondo dei social si è esposti e tutti noi conosciamo i rischi potenziali nel momento in cui ci iscriviamo ad un social network: le persone si sentono autorizzate ad esprimere il loro giudizio perché protetti da uno schermo. Di violenze psicologiche sui social non ne avevo mai fatto esperienza, mentre dei commenti fastidiosi sì. Però, per come la vedo io, i social sono la rappresentazione di una realtà modificata, virtuale, che spesso non corrisponde alla realtà. Ecco perché i commenti li ho sempre lasciati scivolare addosso”.

E dal vivo ti è mai capitato?

“Dal vivo probabilmente sarei una rarità se non le avessi subite. Il numero di violenze psicologiche di cui le donne sono giornalmente vittime è elevatissimo: si inizia con i fischi che gli uomini ti riservano per strada, si passa per le battute a sfondo erotico tra amici o sul posto di lavoro e si arriva a preferire un jeans ed una maglietta piuttosto che un top solo per sentirsi più sicure. Anche qui, come se la colpa delle molestie fosse di una gonna e non della persona che abbiamo di fronte”.

Hai mai avuto paura di subire violenza?

“Ero a Padova e stavo tornando a casa dopo una serata con amici e c’era questo uomo dietro di me che continuava a cambiare strada esattamente nei punti in cui lo facevo io, mentre faceva versi e tentava di chiamarmi con il solito “ehi bella ragazza”. Non mi sono mai voltata e ho subito chiamato una mia amica per tenermi compagnia, ho accelerato il passo e mi sono sentita sicura solo dopo aver chiuso il portone. Quella è stata la volta in cui ho avuto più paura che mi potesse accadere qualcosa”.

In generale, hai paura?

“Diciamo che non vivo col terrore di subire violenza, però il pensiero che possa accadere c’è sempre: c’è quando torno a casa da sola la notte, quando prendo i mezzi pubblici affollati e posso trovare qualche uomo che tenta di allungare le mani, quando devo passare vicino ad un gruppo di ragazzi che iniziano a fare battute”.

Ti hanno mai detto “se fai così te le cerchi”? Se sì, cos’hai provato?  

“Su ciò posso ritenermi fortunata, perché questo pensiero è frutto dell’ignoranza, mentre io cerco di circondarmi e confrontarmi con persone dalla mentalità aperta che sappiano discriminare tra la vittima ed il carnefice in queste situazioni”.

Cos’è successo dopo il tuo post?

“C’è da dire che inizialmente mi sono confidata con le mie amiche strette e da lì è emersa una situazione inaspettata: molte di noi avevano subito episodi di violenza, da quella psicologica, fino ad arrivare addirittura a quella fisica. Nessuna ha mai avuto il coraggio di parlarne però, per paura di sentirsi giudicata, non capita o addirittura derisa. Una mia amica ha iniziato a ringraziarmi per averle dato il coraggio di parlare e di non averla fatta sentire sola. Allora ho pensato: perché non parlarne sui social visto che la situazione è così diffusa?”.

manuela salvatore screenshot violenza donne

A quel punto cos’hai fatto?

“Ho iniziato a rendere pubblica la mia storia e, con il loro permesso, quella di due mie amiche. Da lì le ragazze hanno iniziato a scrivermi le loro storie, ringraziandomi per averle semplicemente ascoltate e fatte sentire meno sole, per aver dato loro il coraggio e la forza di denunciare queste situazioni orribili e io, sempre con il loro permesso, continuavo a pubblicarle in modo che se ne parlasse il più possibile”.

Chi ti ha scritto ti conosceva già o l’hanno fatto anche persone estranee?

“Sorprendentemente, la maggior parte di loro non le conoscevo personalmente. A Termoli tra i ragazzi, almeno di nome, ci conosciamo un po’ tutti, però non mi sarei mai aspettata che ragazze al di fuori della mia comitiva mi raccontassero i loro segreti più profondi, mai denunciati prima. Si dice che le donne, tra di loro, siano acerrime nemiche. Io in questa storia ho visto solo una grande solidarietà”.

Cosa ti hanno raccontato?

“Mi hanno parlato delle loro esperienze pesanti che si portavano dentro, di fidanzati violenti, di episodi del tanto attuale fenomeno chiamato “revenge porn”, di molestie sul luogo di lavoro o subite in famiglia, sui mezzi pubblici o per strada. Mi hanno raccontato di essersi sempre vergognate di parlarne e di essersi sentite colpevoli, invece che vittime”.

Pensi che oggi le ragazze si sentano libere di postare quello che vogliono?

“Penso di sì, proprio perché i social, essendo un mondo “parallelo”, ci fanno sentire più intoccabili”.

E di vestire come vogliono?

“Per esperienza mia e dopo aver letto tutte le storie, posso dire che siamo ben lontani dal senso di libertà. La maggior parte di noi evita di vestirsi come vorrebbe per paura di essere ‘troppo provocante’”.

 Ti aspettavi quelle reazioni? Come le hai vissute?

“No, assolutamente. Non avevo la minima idea di poter avviare questa catena che si è creata e di ricevere così tanto indietro, a livello umano. Ho sentito mia ogni storia che mi hanno raccontato e speravo sempre di non riceverne da persone a me molto care, perché mi avrebbe fatto doppiamente male. Ammetto che è stato pesante leggerle e rileggerle per evitare di pubblicare qualsiasi dettaglio che potesse ricondurre alla ragazza, ma lo rifarei altre mille volte”.

C’è un messaggio che ti ha colpito più di altri?

“Le storie che ho pubblicato sono tutte raccapriccianti e sconcertanti, ma quella che mi ha colpita più nel profondo riguarda una ragazza, mia coetanea”.

Te la senti di condividerlo, col suo consenso?

“Nel suo messaggio mi ha raccontato di essere stata fidanzata durante alcuni anni del liceo con un suo compagno di classe manesco, violento, dal quale veniva spesso picchiata. Una volta, dopo una banale lite, le è arrivato uno schiaffo sul volto in classe, sotto gli occhi di tutti. “La cosa che mi dispiace di più sai qual è?” mi ha detto, “che nessuno dei miei compagni di classe si è permesso di dividerci”. Questo mi ha fatto capire che al giorno d’oggi nessuno vuole farsi carico dei problemi altrui, neanche quando si diventa diretti testimoni della sofferenza. Ci si gira dall’altra parte e si ignora, perché è la scelta più semplice”.

manuela salvatore screenshot violenza donne

Pensi che questa tua iniziativa possa scatenare una reazione positiva?

“Sinceramente me lo auguro. In cuor mio spero di aver contribuito a sensibilizzare le persone su questi temi, specialmente sulla violenza psicologica, di cui poco si sente parlare, e sull’importanza della condivisione delle proprie paure, perché non si possono affrontare da soli”.

Credi che le donne debbano avere maggiore coraggio nel denunciare?

“Assolutamente sì. Non bisogna tenersi dentro ciò che ci turba, perché a lungo andare è logorante convivere con questi pesi. Mi rendo conto che non sia facile trovare persone disposte ad ascoltarti e anche io prima di questa esperienza non ci badavo molto, ma sto cercando di migliorare. Un’altra cosa fondamentale è non banalizzare queste situazioni di violenza”.

E gli uomini? Ti ha scritto qualche ragazzo?

“Anche di questo sono rimasta piacevolmente sorpresa, perché mi hanno scritto in tantissimi e tutti messaggi di solidarietà, ovviamente. Molti di loro si sono detti schifati, mi hanno chiesto scusa “a nome di tutti gli uomini” e qualcuno mi ha anche ringraziata perché, non sapendo cosa si prova in certi casi essendo uomini, sono riuscita a far capire loro che bisogna prestare maggiormente attenzione a queste situazioni”.

Un piccolo grande risultato.

“Sì, un altro motivo per cui ho continuato a pubblicare le storie era proprio quello di sensibilizzare i ragazzi e far capire loro che certi comportamenti, anche se non fatti con malizia, possono far male. Non penso assolutamente di cambiare il mondo, però almeno si potrebbe iniziare con i piccoli gesti, come ad esempio il richiamare un amico che si mette a fischiare per strada o a fare commenti inappropriati”.

Ritieni ci sia una radicata cultura maschilista in Molise?

“Non penso che il problema sia solo in Molise, ma a livello mondiale, infatti ho ricevuto storie provenienti da tutta Italia, dalla Germania e anche Oltreoceano. È proprio la nostra società ad essere patriarcale e sessista”.

È possibile cambiarla?

“Io sono un’ottimista di natura, quindi spero fortemente che si possa cambiare, anche se per ora lo vedo come un miraggio”.

Dopo questo episodio cambierà il tuo modo di rapportarti ai social?

“Inizialmente avevo intenzione di chiudere il mio profilo Instagram, per tutelarmi. Poi ho capito che facendo così non si risolve nulla, anzi mi sarei privata di una parte bella di me, che mi tiene in contatto con tante persone interessanti. Ci avrei solo rimesso, in sostanza”.

E nella vita di tutti i giorni?

“In generale, il mio modo di essere e di rapportarmi mi piace, quindi spero proprio che non ne risenta. Cercherò solo di stare più attenta, questo sì, ma senza privarmi di nulla”.

Te la senti di mandare un messaggio alle ragazze?

“Alle ragazze auguro di sentirsi libere di comportarsi come desiderano e di trovare sempre la forza di denunciare qualsiasi forma di violenza, senza vergognarsi e senza pensare di essere loro il problema”.

 E ai ragazzi cosa diresti?

“Di dare la giusta importanza al valore di una persona ed al suo rispetto, come già molti di loro fanno”.

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