L'Ospite

L'ospite

Il buon Pastore è la porta…

di don Mario Colavita

 

Dopo il grande discorso sulla luce del mondo e la vicenda del cieco nato, al capitolo 10 del vangelo di Giovanni, troviamo un’autopresentazione di Gesù come il pastore e la porta delle pecore.

È uno brano ricco di immagini e di allusioni all’Antico Testamento. Al tempo di Gesù la figura del pastore era centrale. Abramo, Mosè, Davide erano pastori, così con il tempo questa figura, di casa, viene attribuita a Dio, il grande pastore d’Israele.

Ora ci sono pastori buoni e pastori falsi. Quelli buoni amano le pecore e le pecore si fidano del pastore, quelli falsi sono coloro che usano le pecore per i loro scopi. Ed è qui che Gesù inizia la sua invettiva contro i capi religiosi che usano la religione per i loro scopi, politici, economici, sociali.

Il cieco, quello guarito da Gesù, fu cacciato dalla sinagoga, perché aveva aderito a Gesù e riconosciuto nel rabbi di Nazaret il Messia. Le autorità lo hanno messo fuori dalla comunità, per loro, il cieco è una pecora sbandata, senza pastore e senza gregge.

Gesù contraddice questa visione e parla di recinto, di porta per le pecore e di pastore.

Lui è la porta per entrare e uscire dal recinto delle pecore. L’immagine della porta è ricca di significati: la porta metta in comunicazione, rende possibile la relazione. Contrariamente il muro limita, chiude. Gesù con la sua incarnazione ci mette in relazione con il Padre, anzi ci per-mette di entrare in comunione con Dio.

La bellezza del pastore-Gesù non è quella estetica o morale, no, la vera bellezza è la possibilità che lui ci dona di entrare nella vita di Dio di conoscerlo e di amarlo.

La porta è da varcare, il recinto è l’ambiente nuovo della vita credente. Solo per la porta-Cristo si può vivere la vita nuova dei battezzati.

Cristo, allora ci aiuta a conoscere il Padre; conoscere significa amare, avere intimità con Dio. Una vita d’amore è fatta d’intimità, così la vita dei figli di Dio è costruita dall’amore-relazione con l’Eterno.

La voce del pastore, assieme alla sua vita diventano strada per crescere nell’amore e nella confidenza di Dio.

Ambrogio di Milano, un grande pastore ha scritto una delle più belle invocazioni mettendo insieme i brani della scrittura: Il salmo 118, il Vangelo di Matteo cap 18 e Giovanni cap. 10 ne è uscita una preghiera stupenda che ci aiuta a comprendere questa domenica:

 

Vieni, dunque, Signore Gesù, cerca il tuo servo, cerca la tua pecora spossata. Vieni, pastore, cerca, come cercava le pecore Giuseppe. […] Lascia stare le tue novantanove pecore e vieni a cercare quell’una che è andata errando. Vieni senza i cani, vieni senza rudi salariati, vieni senza il mercenario che non sa passare attraverso la porta. Vieni senza aiutante, senza intermediari, ché è già da tanto tempo che sto aspettando la tua venuta. So che stai per venire, se è vero che non ho scordato i tuoi comandamenti. Vieni, ma senza bastone; con amore invece e con atteggiamento di clemenza. […] Vieni, dunque, e cerca la tua pecora; ma non farla cercare dai servitori o dai mercenari; cercala tu di persona! […] Portami sulle spalle della croce, che è salvezza degli erranti, nella quale sola trova riposo chi è stanco, nella quale sola trova vita l’uomo che muore.

 

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