La foto della “scandalo”, che circola da diverse ore sui social network, è questa sotto.
Mostra una fiumana di persone in pieno centro, a Termoli, in gran parte senza mascherina e addossate l’una all’altra. Se si tratti della “normalità” della serata di ieri, domenica, lungo Corso Nazionale oppure di un momento di particolare concentrazione di gente sulla strada del passeggio, è difficile da stabilire.
Sempre ieri, intorno alle ore 19, lungo la stessa strada centrale, la situazione si presentava così, cioè assai meno problematica e molto meno scandalosa.
Il fatto è che le immagini della movida di questo fine settimana di riacquistata libertà valgono per Torino come per Roma e Milano, per Napoli come per Firenze, e hanno dimostrato quello che era facilmente prevedibile nel momento in cui la vita economica e sociale riparte. Oltre a dare una prova decisiva del fatto che non esistono cittadini più o meno disciplinati, nè territori immuni da comportamenti errati e talvolta pericolosi.
Sui social, dove il rancore e i sentimenti di odio e conflitto hanno una sorta di lasciapassare, è tutto un insulto rilanciato e amplificato contro ragazzi e giovani, “rei” di trasformarsi in untori a causa di drink e birre. Ancora troppo presto per dire se la seconda e temuta ondata di contagi si verificherà o meno, con buona pace dei catastrofisti che preconizzano ritorni amplificati della pandemia e lockdown prolungati in piena estate.
Al momento il dato nazionale è che il contagio scende, per fortuna, e i casi di ricoveri ospedalieri sono in decisa e costante diminuzione. Ovvio che la guardia non si deve abbassare troppo, perchè il pericolo non è affatto passato e il Covid continua a essere in circolazione. Ma ovvio anche che i bar devono poter lavorare, e che le forze dell’ordine non possono essere presenti ovunque. Se parte della popolazione non ha ancora compreso che i controllori siamo noi, questo dipende anche dalla inefficacia comunicativa del messaggio e dalla propensione generale a contare sempre su “qualcun altro” che arriva a dirci quello che si può e che non si può fare.
Da qui la decisione delle Prefetture e delle Questure di dialogare maggiormente con i gestori delle attività della movida, e le ordinanze dei sindaci anche molisani che hanno deciso di anticipare le chiusure dei bar. Lo ha fatto Gravina a Campobasso, disponendo la chiusura dei locali a mezzanotte. Lo ha fatto il sindaco di San Martino (qui si chiude alle 21) e di Guglionesi (stop ai bar alle 22) oltre che di Montenero di Bisaccia (alle 21 lo stop). Ora lo fa anche il sindaco di Termoli Francesco Roberti, che sta predisponendo l’ordinanza con la quale, a partire da oggi, i bar della cittadina adriatica dovranno fermarsi alle ore 23.
Un provvedimento motivato dalla necessità di tutelare la salute dei cittadini (i sindaci sono i principali garanti e la responsabilità è in capo a loro) che però, inevitabilmente, penalizza la categoria, già penalizzata da mesi di inattività forzata. I baristi, i gestori dei locali, non possono certo accogliere con entusiasmo ordinanze del genere, e lo stanno facendo presente un po’ ovunque, rimarcando che “per colpa di qualcuno paghiamo tutti” e che “così non ci mettete in condizione di lavorare bene, dopo tutto lo sforzo fatto”. E hanno perfettamente ragione. Ma che alternativa c’è, se noi cittadini non ci mettiamo in testa che ora il futuro del nostro territorio dipende principalmente da noi? Il buon senso, va da sé, non è una regola che si possa imporre per legge.
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