Timori fuori dalla fabbrica

Fiat riparte: da lunedì tutti in fabbrica tra bus ‘fuorilegge’ e l’incognita pendolari

Con la fine del lockdown anche Fca Fiat riapre lo stabilimento di Termoli. Tra lunedì e martedì ripartono (quasi) tutte le unità lavorative ma ci saranno nuove regole e prescrizioni per evitare il contagio da Coronavirus. Pesa sugli operai la questione sicurezza sui mezzi pubblici: molti sono pendolari e i sindacati del settore hanno lanciato l'allarme per il mancato rispetto delle misure di contenimento sui pullman: "Le concessionarie non assicurano adeguati livelli di protezione previsti dalla legge".

Tra lunedì 4 e martedì 5 maggio tutti i lavoratori Fca Fiat di Termoli torneranno in fabbrica. Resteranno ancora a casa, nella cosiddetta Fase 2, solamente gli operai del settore V6 (150 persone circa), quello in cui si producono i motori più costosi (Maserati per esempio) e per questo anche meno richiesti. Il resto dei dipendenti, parliamo di 2300 persone più o meno, riprenderanno l’attività interrotta dal 23 marzo scorso, da quando, cioè, lo stabilimento di Rivolta del Re ha chiuso i battenti per evitare il contagio e la diffusione del coronavirus in fabbrica. Una decisione annunciata appena qualche attimo prima che il governo confermasse lo stop obbligatorio di tutte le attività non essenziali.

Con la fine del lockdown i primi a tornare al loro posto saranno quelli del cambio M-40 in servizio dalle 6 del mattino di lunedì 4 maggio. Poi toccherà a tutti gli altri. Durante queste settimane di chiusura è stato sottoscritto un accordo tra Fiat e parti sociali sulle misure di sicurezza da adottare per tutelare la salute dei lavoratori. Una serie di precauzioni, dalla sanificazione degli ambienti alla mascherina obbligatoria, dalla fine delle pause collettive alla misurazione della temperatura corporea all’ingresso, per evitare il diffondersi della malattia.

fcafiat

Il rispetto delle misure si vedrà al ritorno in Fiat. Nel frattempo a preoccupare sindacati e operai non è tanto ciò che può accadere dentro la fabbrica quanto il tempo da trascorrere sui mezzi pubblici per raggiungere il posto di lavoro. I numerosi pendolari che usufruiscono del trasporto pubblico sono stati già messi in allerta da una nota firmata dalle sigle sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, UilTrasporti, Faisa Cisal e Ugl Autoferro secondo cui le 29 aziende concessionarie del servizio non rispetterebbero le linee guida per il contenimento del virus Sars Cov 2.

Tra queste precauzioni: igienizzazione e disinfezione almeno una volta al giorno dei mezzi pubblici; sanificazione periodica e frequente dei mezzi pubblici e delle infrastrutture; installazione di dispenser contenenti soluzioni disinfettanti ad uso dei passeggeri; utilizzo delle mascherine da parte degli utenti; salita e discesa dei passeggeri secondo flussi separati; numero massimo di passeggeri in modo da consentire la distanza di un metro; non effettuazione delle fermate in caso di superamento dei limiti di passeggeri; applicazione di marker per i sedili non utilizzabili; sospensione dell’attività di bigliettazione a bordo da parte degli autisti del servizio urbano ed extraurbano; aumento della frequenza dei mezzi nelle ore di alto flusso di passeggeri.

E’ successo – lo riferiscono i sindacati – che a fronte di queste misure disciplinate da una legge dello Stato, i due consorzi Csmm e Cotram che in Molise rappresentano le storiche 29 aziende di trasporto pubblico locale, hanno trasmesso all’assessore ai trasporti Vincenzo Niro e al direttore del IV Dipartimento del servizio Mobilità della Regione Molise Manuel Brasiello, le misure adottate dal settore ai fini della prevenzione contro la potenziale diffusione del contagio da Covid-19.

“Un documento – spiegano i sindacati del settore trasporto – che oltre a contenere dubbie affermazioni e verità sulle misure sin qui adottate, prevede condizioni e provvedimenti che non assicurano gli adeguati livelli di protezione e sicurezza previsti non solo dai Dpcm vigenti e dai protocolli condivisi a livello ministeriale, ma anche rispetto alle stesse indicazioni fornite dal Ministero della Salute (29 aprile 2020), dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Inail”.

Insomma secondo la nota sindacale si rischia di mettere in pericolo la salute dei pendolari e degli autisti per l’incapacità dei gestori del servizio pubblico di garantire le misure precauzionali tra cui la sanificazione dei mezzi (una ogni 15 giorni secondo la proposta fatta alla Regione fatte salve disinfezione e igienizzazione giornaliere sulle quali “nutriamo fortissimi dubbi”); l’assenza di dispenser (non presenti neppure sui mezzi dei concessionari più importanti come Sati o Larivera); il mancato distanziamento che non sarebbe garantito dalla soluzione ‘ a schacchiera’ individuata dai concessionari. Ma a far perdere le staffe ai sindacati è il mancato rispetto del divieto assoluto di erogare biglietti a bordo da parte degli autisti. “Che arroganza! E’ inaccettabile che le imprese molisane, colpevolmente in ritardo rispetto all’introduzione di sistemi innovativi per la vendita dei titoli di viaggio, abbiano già dichiarato, anche attraverso disposizioni di servizio impartite al personale che continueranno unilateralmente a garantire mediante gli autisti, la vendita a bordo dei titoli di viaggio. Un’attività espressamente vietata dal Governo e che oltretutto inficerebbe il divieto da parte dell’utenza (previsto anch’esso nel DPCM) di avvicinarsi o di chiedere informazioni al conducente”.

Se a tutto questo sommiamo stipendi arretrati e mancata consegna dei dpi (dispositivi di protezione individuale come guanti e mascherine) è evidente non solo il malcontento tra gli autisti ma anche i timori dei pendolari che lunedì potrebbero ritardare o non far partire affatto gli autobus ‘fuorilegge’.

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