L'altra emergenza

Cure ‘negate’ e liste d’attesa intasate. Pazienti no Covid rivendicano la tutela della salute

A dispetto di quanto sta avvenendo in tutta Italia, con la ripresa delle prestazioni sanitarie non urgenti dal 4 maggio, in Molise è tutto bloccato fino al 17. Villa Maria e Potito hanno presentato due ricorsi contro l'ordinanza del presidente Toma, mentre ci sono gravi difficoltà per i pazienti che, ad esempio, hanno bisogno di una radiografia o di una visita medica che occorrerà prenotare di nuovo. Il dg Florenzano: "Siamo stati prudenti perchè ci aspettavamo i nuovi contagi. Cercheremo di garantire l'innalzamento delle prestazioni ambulatoriali".

Chi pensa ai malati non covid? Se lo stanno chiedendo tutti coloro che soffrono di patologie non legate al virus, che non hanno mai contratto l’infezione ma che al tempo stesso da circa due mesi non riescono ad accedere alle cure sanitarie. Nè hanno certezza sulla data in cui potranno effettuare quelle che in gergo tecnico vengono definite “prestazioni non urgenti ” che sono state sospese durante il lockdown. Lo stop – quasi a sorpresa – prosegue in Molise pure nella cosiddetta ‘fase 2’ e crea un’altra emergenza, complementare all’epidemia dovuta al coronavirus che ha assorbito i reparti degli ospedali e il personale medico.

Attualmente nella nostra regione, alla luce dell’ordinanza firmata dal presidente Donato Toma il 2 maggio scorso, l’assistenza sanitaria è bloccata. Chi ha comunque bisogno di essere curato perchè soffre di altre malattie o ha un problema di salute improvviso non può farlo. Si può andare tranquillamente a caccia, a pesca o a raccogliere i tartufi. Si può andare in pasticceria o al bar che hanno riaperto per l’asporto e per il servizio a domicilio. Non ci si può invece curare. Il problema è generalizzato e sta creando gravi difficoltà non solo ad anziani e malati cronici, ma anche ai più piccoli. 

C’è chi aveva prenotato una prova da sforzo e non ha potuta sostenerla. “Sarà contattato per un altro appuntamento, ora non è possibile erogare questa prestazione”, si è sentito dire al telefono dall’Asrem un paziente cardiopatico di Campobasso. Si sarebbe dovuto recare in questi giorni all’ospedale Cardarelli, il centro ‘riconvertito’ alla cura dei malati di coronavirus.

Non va meglio nemmeno a coloro che hanno bisogno di una radiografia, di una risonanza magnetica o finanche di un dentista a causa di una improvvisa nevralgia dentale: le porte di studi medici, ambulatori e altre strutture pubbliche e private sono sbarrate fino al 17 maggio, come previsto dal provvedimento del governatore.

Molti cittadini hanno segnalato i disservizi a Cittadinanzattiva: “Il percorso di cura e assistenza dei malati cronici, se ulteriormente differito, potrebbe peggiorare la loro già precaria salute. Gli anziani hanno dovuto rinunciare alle cure per paura di essere contagiati”. Senza dimenticare il problema delle liste di attesa: rischiano di ‘ingolfarsi’ e allungarsi in una Regione già carente da questo punto di vista. “Lo slittamento dell’intera offerta di assistenza sanitaria – rimarca pure Cittadinanzattiva – penalizza ulteriormente il cittadino, che già nella quotidianità lamenta la difficoltà di accesso al servizio sanitario delle liste d’attesa, che ancora oggi risultano molto lunghe”.

Non va meglio a chi riprende le cure sanitarie sospese per mesi per l’emergenza covid. “Mi sono presentata all’accettazione ospedaliera con largo anticipo come consigliato dall’operatore”, racconta alla redazione di Primonumero una paziente che si è recata ieri (7 maggio) all’ospedale di Termoli. “Nella prima ora di attesa ho notato che nessuno garantiva la distanza di sicurezza tra le persone, il rispetto della fila e soprattutto dava le giuste informazioni. Infatti in assenza di regole chiare ho assistito a diversi tentativi da parte degli utenti di superare gli altri con motivazioni sempre più fantasiose”.

Dopo l’attesa, l’ingresso nel presidio di prima accoglienza: “Nonostante fosse già passato l’orario del mio appuntamento, sono stata fermata mentre venivano presi i miei dati perché un altro utente, arrivato 40 minuti dopo di me, ha superato la fila poiché risultava avere l’appuntamento precedente al mio. È stato l’ennesimo momento di confusione”. Pur comprendendo il momento difficile e lo sforzo degli operatori, “ho dovuto sperimentare sulla mia pelle che nella nostra sanità regna il caos. Alla luce di tutto ciò mi chiedo: sarà forse che non essendo chiare le regole impartite è più facile interpretarle secondo la propria convenienza? In una sanità molisana già ridotta ai minimi termini, dove le prestazioni sanitarie sono sempre meno garantite, chi ci rimette di più, anche in emergenza, è sempre il cittadino onesto”.

Questa volta nemmeno i privati possono sopperire alle mancanze della sanità pubblica: anche la loro attività è stata bloccata nonostante si fossero riorganizzati per ripartire dal 4 maggio acquistando i dispositivi di sicurezza e riorganizzando gli spazi di ambulatori e sale d’attesa per garantire il distanziamento tra l’utenza.

Villa Maria, struttura di Campobasso accreditata con Asrem, aveva pure acquistato test sierologici che in tutta Italia si stanno rivelando fondamentali in questa fase due: in pochi minuti si riesce ad accertare se una persona è stata a contatto con un positivo al covid. Questi accertamenti non possono essere svolti proprio alla luce dell’ordinanza del presidente Toma. Ecco perchè contro il provvedimento sono stati presentati due distinti ricorsi: oltre a Villa Maria, anche il centro radiologico Potito di Campobasso ha impugnato l’atto del governatore. 

“La situazione è pericolosa per tutti o per nessuno: o riaprono tutti o nessuno. Non possono riaprire i bar e la caccia – il ragionamento dei promotori dei ricorsi – e poi impedire alle persone, dagli anziani ai bambini, di curarsi o di fare attività di prevenzione per la loro salute”.

Alla base dell’ordinanza che stoppa fino al 17 maggio l’assistenza sanitaria c’è una relazione dell’Asrem e il valore R0 del Molise, ossia l’indice di contagio più alto d’Italia e che dovrebbe evitare fughe in avanti su possibili e ulteriori riaperture preannunciate dal governatore Donato Toma.  

Ogni positivo infetta meno di una persona, è così in tutta Italia. Ma il Molise è quello messo peggio: l’R0 è 0,84

“Noi già lo sapevamo prima della pubblicazione sul Corriere della Sera – spiega il direttore generale dell’Asrem Oreste Florenzano – il valore R0 è alla base della nostra relazione sulla quale poi il presidente ha fatto l’ordinanza. Questo è uno dei valori che viene monitorato dal Ministero per l’eventuale ritorno alla fase uno”. In parole povere al lockdown.

Quindi “noi abbiamo ritenuto di avere il freno a mano tirato sulle attività sanitarie perché volevamo avere cognizione di cosa accadesse dal punto di vista del contagio dal 4 maggio”.

Tre giorni sono pochi per capire la diffusione del covid: “Abbiamo necessità di capire l’impatto sulla popolazione: hanno ripreso le attività, la gente circola e c’è un maggiore pericolo di diffusione del virus che è correlato anche all’elevato tasso di R0. Siamo stati prudenziali, ma purtroppo i 3 positivi del 6 maggio e la persona positiva oggi (ieri 7 maggio, ndr) appartenente alla comunità rom ci preoccupano.

Io capisco – argomenta Florenzano – che bisogna garantire anche il bisogno di salute nei casi non urgenti (quelle urgenti e le prestazioni oncologiche e chemioterapiche non sono mai state sospese) ma il nostro obiettivo è contemperare l’esigenza di sanità pubblica (e di evitare quindi il contagio) con quella di garantire le prestazioni”.

Il problema è che, dopo due mesi di stop, si rischia di dover recuperare una ‘montagna’ di visite e altre prestazioni con un consequenziale ‘intasamento’ delle liste d’attesa. Ecco la soluzione del vertice Asrem: “Appena saranno sbloccate, aumenteremo le prestazioni ambulatoriali. Gli orari per le prestazioni saranno più lunghi anche per effettuare il pre triage ed evitare che tante persone si rechino contemporaneamente negli ambulatori e negli studi medici o presso le strutture private. Ne stiamo discutendo perché poi dovremo stilare un piano per il recupero delle prestazioni non rese. La situazione infatti è complessa”.

commenta