Termoli

Una telefonata che risveglia il dolore: “Suo marito può iniziare la chemioterapia”. Ma lui è morto 3 anni fa

La moglie di Silvio Palombo, ex titolare di un bar di via Montecarlo a Termoli, racconta il calvario vissuto e la beffa di quella chiamata. "Non possiamo farci prendere in giro"

Una telefonata attesa per mesi, mai arrivata, fino a pochi giorni fa. “Salve, suo marito può iniziare la chemioterapia”. Ma quell’uomo è morto tre anni fa. Si chiamava Silvio Palombo, titolare del bar Silvio, in via Montecarlo, a Termoli. Un volto noto per molti, fino a qualche anno fa, fino a quel male che lo aveva strappato all’affetto dei propri cari. Guarito da un primo tumore nel 1994, Silvio Palombo ha avuto una recidiva nel 2016. Operato a settembre e considerato guarito, ha continuato invece a star male. Ha quindi atteso invano di essere sottoposto a radio e chemio terapia, finché è morto nel giugno 2017.

Ma se quella vicenda sembrava chiusa nello scrigno dei ricordi personali di chi gli ha voluto bene, una telefonata ha risvegliato il dolore, unendosi alla beffa. Una chiamata arrivata dall’Istituto nel quale l’uomo avrebbe dovuto sottoporsi a delle terapie nella speranza di salvarsi.

“A volte la morte di una persona cara è devastante e ritrovare l’amore per la vita pare un’impresa impossibile – scrive oggi la moglie -. L’enorme dolore di un lutto è difficile da comprendere e tollerare dagli altri, famiglia o amici e quindi cominciano ad allontanarsi e ti ritrovi sola. Nel mio caso dopo 30 anni di matrimonio ho perso la mia metà di soli 55 anni, con cui condividevo tutto gioie e dolori, l’unica fortuna è che mi ha lasciato 3 splendidi figli che mi hanno aiutato a ricominciare”.

Quindi la moglie di Silvio ripercorre le dolorose tappe del calvario vissuto prima di andarsene. “Mio marito muore per un carcinoma spino-cellulare al labbro inferiore. È stato operato a settembre 2016, considerato guarito e non bisognoso di terapie, si facevano controlli mensili di routine, finché a gennaio 2017 il tumore riappare. Lui aveva anche problemi di cuore e quindi, ci è stato sconsigliato un secondo intervento”.

A quel punto la famiglia termolese trova una possibilità, quella di terapie da svolgere alla Cattolica-Gemelli di Campobasso. “Ci hanno messo in contatto con la Cattolica di Campobasso a febbraio e messi in lista d’attesa, nonostante avessero avuto istruzioni riguardanti l’urgenza delle terapie. Mio marito è stato operato il 10 aprile 2017, e non avevamo avuto ancora nessuna chiamata per iniziare chemio e radio, da quella data il caos”.

La situazione è peggiorata rapidamente. “Le ferite non guarivano, mio marito entrava e usciva dall’ospedale di continuo, non riusciva neppure a bere un caffè.  Avevano deciso di effettuare come intervento salva-vita la tracheotomia, trasferendolo a San Giovanni Rotondo, perché qui l’anestesista si è rifiutato. Arrivati a San Giovanni Rotondo, l’amara scoperta: non c’era più nulla da fare, il tumore era troppo grande, c’era assoluta urgenza di chemio e radio. Lo abbiamo riportato a Termoli il 17 giugno 2017, e grazie ad un dottore del reparto di Otorinolaringoiatria siamo riusciti ad ottenere la promessa di essere richiamati per il lunedì successivo. Mio marito muore domenica 18 giugno 2017 a seguito di un arresto respiratorio, causato dal tumore, inutile dire che il lunedì la chiamata non ricevuta non era nei miei pensieri”.

La vicenda ha avuto anche un seguito ancora più doloroso. “Con il ritiro della cartella clinica, un’altra brutta notizia, qualcuno ha dichiarato che il decesso di mio marito è avvenuto per arresto cardiaco, pensando bene che la causa fosse quella visti i problemi cardiaci di mio marito. Fortunatamente, la causa del decesso è stata corretta dal primario, dichiarando il decesso per arresto respiratorio”.

Da allora la vicenda pareva confinata al dolore personale degli affetti più cari di Silvio. Finché giovedì scorso la moglie ha ricevuto una telefonata. “Tutto ciò per dirvi che l’8 aprile 2020 mi sono sentita presa in giro nel ricevere la chiamata del reparto di Radioterapia della Cattolica, che mi comunicava che lunedì 13 aprile 2020 mio marito avrebbe dovuto iniziare la radio. A questo punto le mie conclusioni sono: può un povero cittadino sentirsi al sicuro nelle mani di questa sanità che nonostante tutto non è in grado di gestire nemmeno le malattie più brutali? E possiamo farci prendere in giro, dopo 3 anni dalla morte?”.

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