Il virus degli acquisti

Supermercati chiusi il 25 aprile e il 1 maggio, tutto ‘merito’ della pandemia. E così scoprimmo che non si muore di fame…

C'è voluta una pandemia per capire che i supermercati devono - e possono - restare chiusi nei giorni festivi. Il nostro 'diritto al consumismo' può benissimo essere accantonato

Supermercati chiusi il 25 aprile e il 1 maggio pressochè ovunque. Ma c’è voluta una pandemia particolarmente virulenta perché sindaci da Nord a Sud decidessero (con apposita ordinanza) per la chiusura.

Ogni anno, all’avvicinarsi delle festività, il refrain è sempre all’incirca lo stesso: sindacati e qualche forza politica si ‘sgolano’ perché si imponga il riposo degli addetti alle vendite, e dall’altra parte una buona parte dell’opinione pubblica e una restante parte della politica li spalleggiano. Ma come è possibile che non si sia tutti dalla stessa parte, in particolar modo il 1 maggio ma non solo, a tutelare i diritti dei lavoratori? Che non sono (solo) diritti degli altri, ma anche i nostri.

In questa diatriba tutta contemporanea, sembrano fronteggiarsi due (presunti) diritti: quello – storicamente ‘sudato’ – al riposo che vale per i lavoratori e quello imperante al ‘consumismo’. Già solo ad accostarli l’effetto è straniante, eppure la verità è che la dualità sia proprio questa.

Ora che un virus che serpeggia tra di noi ci impedisce di uscire liberamente dalle nostre case, l’esigenza (certo fondamentale) di nutrirsi e dunque di acquistare i beni alimentari di prima necessità si è fatta ancor più spasmodica. La nuova frontiera della ‘movida’ impedita pare essere diventato l’ipermercato, valvola di sfogo dei nostri impulsi repressi.

Bene hanno fatto quei primi cittadini (dei nostri molisani possiamo citare quelli di Campobasso, Termoli, Guglionesi, San Martino ma sono innumerevoli) che hanno ordinato la chiusura di tutti quegli esercizi commerciali e attività di vendita al dettaglio di beni alimentari o di altro tipo nelle giornate festive prossime. Doveroso, pandemia o non pandemia, o forse dovremmo dire lapalissiano se non fossimo immersi nell’iperuranio del consumo. Consumo ‘disinvolto’, che travalica qualsiasi cosa, finanche la salute (nel caso del virus) e quella cosa sacrosanta che sono i diritti dei lavoratori.

Campobasso un mese dopo inizio emergenza covid

Diciamo la verità: il nostro ‘diritto’ di acquistare viene troppo spesso messo davanti al diritto (degli altri, quegli schiavi moderni che sono i commessi dei supermercati) di avere il giorno libero nei festivi. Che poi sia il 1 maggio, Festa Internazionale del Lavoro, poco importa al consumatore compulsivo che non può rinunciare all’acquisto dell’ultima ora.

Le case rigurgitano di cibo di ogni tipo, ma guarda caso non c’è mai tutto l’occorrente per i nostri pranzi luculliani. Eppure la pandemia in un certo senso avrebbe dovuto aiutarci nell’arte di arrangiarci tra i fornelli e a ri-scoprire desuete abitudini, come quella di fare il pane in casa o simili.

L’Anno Domini 2020 sarà allora, forse, ricordato per averci fatto comprendere che un giorno di supermercato chiuso non provoca la morte.

Il nostro surrogato di felicità, chissà perché, pensiamo che si possa acquistare, magari a basso costo, in un alimentari in un giorno festivo. Inconsapevolmente pensiamo che ciò possa colmare un vuoto di cui non ravvisiamo più l’origine e che in realtà si sta espandendo a dismisura.

Se è sempre e solo l’egoismo che ci muove, basterebbe pensare che i diritti di quei lavoratori – a cui in questo periodo di epidemia viene chiesto molto, dovremmo ricordarcelo più spesso – potrebbero benissimo essere i nostri o quelli dei nostri figli. Forse allora le nostre futili esigenze assumerebbero tutt’altro valore. E daremmo un giusto peso alla nostra bulimia che niente ha a che vedere con la necessità di cibarsi.

Riguardo alla Cina – quel mondo altro da cui vorremmo essere lontani ma che in realtà ha molte affinità col nostro – già si parla di ‘revenge spending’ ovvero ‘la spesa per vendicarsi’. Lampante, ed inquietante, la funzione consolatoria attribuita allo spendere denaro. Altro che recupero del lato spirituale dell’esistenza.

 

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