Il 25 aprile in molise

Luigi Incoronato, il partigiano molisano che ha combattuto contro gli oppressori nazisti

Il ritratto di una figura esemplare: protagonista delle Resistenza e interprete nel Molise presso il Comitato di Liberazione Nazionale di Campobasso, fu scrittore e insegnante

In questa settimana in cui noi italiani dovremmo festeggiare il settantacinquesimo anniversario della liberazione d’Italia dall’occupazione nazista accade che un nuovo nemico, questa volta forse più temibile perché invisibile, il Coronavirus, emerga prepotente a ricordarci la tragedia del “qui ed ora”, mentre il Passato sembra d’un tratto essersi offuscato, come quando chiusi dentro casa osserviamo una giornata di pioggia dalla finestra e il nostro vaporoso respiro ne appanna il vetro.

Sento ripetere che la vita non sarà più la stessa e che forse anche noi non saremo più gli stessi. Se sia vero non saprei dirlo, quello che so è che in questi frangenti è importante non annebbiare i nostri ricordi con l’indifferenza, dimenticando di celebrare quegli avvenimenti che rendono la nostra esistenza normale.

Vorrei celebrare, allora, l’anniversario della morte di un partigiano molisano nonché scrittore di origini italo-canadesi il cui nome era Luigi Incoronato. (Nella foto in home, è il secondo da sinistra, durante una riunione di redazione della rivista Le ragioni narrative).

Esattamente un mese fa, il 26 marzo per essere corretti, ricorreva per l’appunto l’anniversario della morte dello scrittore Luigi Incoronato, ma sommerso dall’incessante flusso di tragiche notizie trasmesse in questi giorni dai mass media me ne sono scordato. Purtroppo è quello che accade in «tempi di guerra», ci si dimentica dei cari perduti e si pensa unicamente al contingente.

Incoronato è uno scrittore a me molto caro per varie ragioni, primo perché la sua famiglia era originaria come me di Ururi, piccolo paese molisano di origini arbëreshë, secondo perché la sua esistenza e soprattutto la sua morte sono avvolte da un aurea di mistero che mi ha sempre un po’ affascinato e incuriosito. Era una domenica di cinquantatré anni fa, il 26 Marzo 1967, quando Incoronato fu trovato morto suicida a 46 anni nella sua casa a Napoli, in vico Piedigrotta. Di fianco al corpo un foglio con le sue ultime parole, scritte per il figlio: «Caro Fabio, il male mi ha vinto, meglio concludere. Tu va avanti, fai bene e hai una via aperta. Grazie per tutto quello che hai voluto fare per me. Papà».

Non si può dire che Luigi Incoronato sia stato uno scrittore dall’animo felice, anzi per anni ha vissuto alterne fortune sia a livello esistenziale che a livello letterario; e proprio queste alterne fortune gli hanno permesso di sviluppare un occhio critico capace di leggere le profonde diseguaglianze e le storture sociali a cui andava incontro lo sviluppo dell’Italia del dopoguerra, un’Italia che tra molte difficoltà arrancava in quel faticoso percorso di ripresa lasciandosi alle spalle masse di indigenti incapaci per cultura ed estrazione sociale di ritrovare la forza per rialzarsi. Non a caso, Pier Luigi Razzano, in un bellissimo articolo apparso qualche anno fa su La Repubblica, definì Incoronato «lo scrittore degli emarginati». Ma procediamo per ordine.

Per chi non lo conoscesse, Luigi Incoronato è nato a Montréal, in Canada, nel 1920 da una famiglia di emigrati molisani. All’età di dieci anni si trasferì con la famiglia nuovamente in Italia, studiò a Palermo prima e successivamente frequentò a Pisa la Scuola Normale Superiore, infine si laureò in Lettere all’Università di Napoli.

Cominciò a lavorare fin da subito come insegnante di italiano, ma nel 1940, due anni dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fu inviato a combattere come ufficiale di leva prima sul fronte francese e poi su quello greco-albanese durante la guerra d’Albania. Fu proprio durante questa guerra che rimase gravemente ferito, esperienza che più in là gli ispirò la trama del suo romanzo autobiografico Le pareti bianche. Rientrato in Italia, l’8 Settembre del 1943, con l’armistizio, Luigi Incoronato entra a far parte della Resistenza partigiana e mette a frutto la conoscenza della lingua inglese – fondamentale dunque la sua origine canadese – per diventare interprete nel Molise presso il Comitato di Liberazione Nazionale di Campobasso; un’esperienza che gli varrà la medaglia di bronzo e che lo stesso scrittore non dimenticherà di trascrivere nel suo romanzo Il Governatore.

Dopo la guerra, Incoronato, militante del PCI, decise di tornare a Napoli e di riprendere l’ex attività di insegnante. Questo fu per lui un periodo molto fecondo dal punto di vista intellettuale e artistico, collaborò infatti con importanti riviste letterarie e con altri intellettuali fondò la rivista Le ragioni narrative. I suoi scritti lo portarono fin da subito ad essere considerato una delle figure più espressive della narrativa meridionale del dopoguerra e della stagione del neorealismo, tanto che il suo romanzo d’esordio, Scala a San Potito, non solo fu pubblicato da Mondadori ma gli valse persino il secondo posto al premio Hemingway.

Luigi Incoronato

(Nella foto sopra la locandina di un convegno dedicato a Incoronato)

Eppure, dispiace constatare come oggi una figura esemplare come quella di Luigi Incoronato – scrittore, insegnante e partigiano – rischia purtroppo di scomparire non solo dalle librerie – molti dei suoi libri sono difficilmente trovabili – ma persino dalla nostra memoria. Unico faro di speranza nel buio dell’ingiustificato dimenticatoio, a cui lo hanno relegato da una parte le case editrici – legate alle logiche di mercato secondo cui più fai audience più vieni ristampato – e dall’altra le scelte culturali dell’amministrazione comunale di Ururi – dispiace come dopo aver abbattuto una struttura dedicata allo scrittore per motivi legati alla sua stabilità non ne sia stata promossa una nuova e perché il famoso “itinerario sentimentale Morunni” costato miglia di fondi pubblici sia finito nel dimenticatoio –, resta ancora oggi il costante lavoro di ricerca e salvaguardia fatto in tutti questi anni dallo stimatissimo Ugo Ciarfeo, massimo esperto vivente della vita e delle opere dello scrittore.

Al maestro Ciarfeo andrebbe rivolta tutta la nostra nostra ammirazione per aver difeso, con tutto l’enorme acume di cui dispone, questa figura letteraria oggi forse in parte dimenticata ma che se riscoperta, com’è giusto che sia, potrebbe insegnarci una lezione profonda: difendere la dignità umana dei più sfortunati e degli emarginati è un dovere morale di cui farsi carico in prima persona, ancor prima di farne richiesta alla politica.

Ricordiamocene in questi giorni in cui magari centinaia di senzatetto non hanno la possibilità di condividere l’hashtag #iorestoacasa e tanti anziani si spengono in silenzio nei centri di riposo lontani dai propri cari.

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