La crisi

L’epidemia crea nuovi poveri, pronti aiuti con buoni spesa. Ma a chi spettano resta un mistero

Comuni al lavoro per stilare dei criteri di assegnazione dei fondi stanziati dal Governo per aiutare chi si trova senza reddito a causa dell'emergenza covid-19

La parrucchiera che ha dovuto chiudere il salone, l’idraulico che si arrangiava per arrivare a fine mese, il commerciante che non ha idea di quando potrà riaprire e come. Ma anche l’operaio che in cassa integrazione non guadagna abbastanza per sfamare una famiglia. Sono loro e tanti altri i possibili nuovi poveri creati dall’emergenza epidemiologica che porta con sé una crisi economica potenzialmente devastante. Pochi giorni fa il Governo ha varato delle misure urgenti e in particolare 400 milioni di risorse da destinare alle misure urgenti di solidarietà alimentare, così come previsto dall’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli.

In sostanza si tratterà di assegnare a determinate persone dei buoni spesa o direttamente delle derrate alimentari. Ma come e a chi andranno queste risorse? Dare sostegno a chi non sta guadagnando più nulla da un mese o poco meno, evitando però scorciatoie e favoritismi che nei piccoli paesi sono sempre un grave rischio. È il lavoro non certo semplice che i Comuni stanno affrontando in questi giorni per utilizzare al meglio le risorse.

Che non sono certo i 4,3 miliardi annunciati in conferenza stampa sabato scorso dal presidente Giuseppe Conte. Più di un sindaco della Provincia di Campobasso, compreso il presidente dell’Ente, Francesco Roberti, ha sottolineato via Facebook che quei fondi erano già destinati ai Comuni. “I 4,3 miliardi di trasferimenti annunciati dal Governo ai Comuni non sono altro che un anticipo delle risorse ordinarie annuali. Tali risorse non possono essere utilizzate per il sostegno alle persone in difficoltà, ma servono per far funzionare i servizi ordinari dei Comuni”.

E i 400 milioni invece sono stati suddivisi in base a due criteri fondamentali: una quota pari al 80% del totale, per un totale di 320 milioni di euro, è stata ripartita in proporzione alla popolazione residente di ciascun comune. L’altra quota, pari al restante 20% e per complessivi euro 80 milioni, è stata ripartita in base alla distanza tra il valore del reddito pro capite 2017 di ciascun comune e il valore medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione.

Sae banco alimentare coronavirus

Cosa significa? Per fare qualche esempio concreto, a Campobasso sono andati poco più di 300mila euro, a Termoli poco meno di 240mila euro. Petacciato ha avuto circa 31mila euro, Campomarino qualcosa meno di 70mila euro. Ferrazzano usufruisce di 30mila euro, Riccia di circa 45mila euro, a Larino 50mila. Adesso sta ai rispettivi Comuni capire a chi assegnare questi fondi, in forma di buoni spesa o prodotti di prima necessità.

Ogni Comune si sta muovendo da sé e ha già pubblicizzato fra i residenti la possibilità di richiedere questi aiuti. “Da quando in Tv hanno parlato di questi aiuti siamo stati subissati di richieste, sia in assessorato che privatamente – assicura l’assessora al Sociale di Termoli, Silvana Ciciola -. Stiamo predisponendo le domande, ma intanto già dall’inizio dell’emergenza ci siamo attivati con le associazioni di volontariato e il Banco alimentare. Le associazioni portano a casa di chi ha bisogno derrate alimentari e aiuti. I disagi sono tanti”.

Il Comune di Termoli ha inoltre diffuso un Avviso pubblico indirizzato agli esercizi commerciali che vorranno manifestare il proprio interesse ad essere inseriti nell’elenco di esercizi commerciali disponibili alla vendita di generi alimentari mediante buoni spesa. In particolare vengono indicati dei ticket spesa dal valore di 25 euro ciascuno.

Già da diverse settimane il Comune di Termoli ha fatto sì che i senza fissa dimora potessero trovare riparo nella palestra della scuola Schweitzer di via Perrotta, dove è stato allestito un dormitorio provvisorio. “Da noi un aumento di richieste è stato registrato” rivela Roberto De Lena, volontario dell’associazione ‘La città invisibile’ che si dedica prevalentemente a chi non ha un posto in cui vivere.

“La nostra sede è aperta tutte le mattine per la colazione e per fortuna chi ha bisogno può recarsi alla Caritas per il pranzo, mentre per la cena noi e altre associazioni provvediamo per chi va al dormitorio”. Secondo De Lena “ci sono circa 20-25 persone sul territorio che normalmente vivono in strada, ma penso che adesso uno dei problemi potrebbe essere quello di pagare l’affitto. Per questo con la Casa del Popolo e l’Usb abbiamo chiesto una moratoria sugli sfratti”.

Dormitorio schweitzer

Gianni Pinto, vice direttore della Caritas diocesana, guarda oltre: “Adesso è un po’ presto per dire se ci sia un aumento della povertà. Certo alla Caritas ci sono maggiori richieste per il pranzo. Chi ha bisogno viene a prendersi quello che viene preparato, perché non si può pranzare insieme. Ma c’è tanta solidarietà in questo momento, si è creato un bel circuito con le associazioni, con il Sae 112 che distribuisce prodotti da mangiare e aver aperto il dormitorio indistintamente a tutti è stata una grande cosa. Inoltre i pacchi viveri vengono donati anche dalle parrocchie. Noi stiamo andando avanti con le attività anche come centro di ascolto, via telefono. Devo dire che c’è tanta gente che ha bisogno di conforto. Ma mi spaventa di più il dopo”.

A emergenza cessata, le luci su chi ha bisogno potrebbero spegnersi. “Per questo sto facendo dei ragionamenti su quando sarà terminata l’emergenza, con iniziative di micro credito, sostegno alle famiglie e alle imprese”.

Nei Comuni invece è la parte burocratica che potrebbe creare problemi. Come detto, il Governo non ha dato una linea precisa, né indicato criteri oggettivi, ma affidando ai singoli Comuni il compito di individuare i beneficiari. “L’Ufficio dei servizi sociali di ciascun Comune individua la platea dei beneficiari ed il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico” si legge nell’ordinanza.

Il che vuol dire innanzitutto che i primi non potranno essere coloro che usufruiscono di Reddito di cittadinanza, tanto per fare un esempio, o di qualsiasi altro contributo pubblico. Ma c’è un altro rischio: quello che si decida di aiutare chi ti ha votato e di tralasciare chi non l’ha fatto. Sarebbe grave certo, ma non è impossibile.

Senza contare che nelle ore precedenti l’annuncio di Conte, la Regione Molise aveva inviato una nota ai sindaci molisani, paventando la possibilità di sostegni alle famiglie con fondi regionali. Dal Comune di Montecilfone hanno quindi dato visibilità a questa opportunità, dandone spazio sul sito dell’ente e tramite social. Attualmente però non ci sono state altre specifiche e il rischio di confondere i cittadini su quali e quante domande presentare esiste eccome. Per il momento la Regione ha invece varato dei provvedimenti per sostenere gli affitti e per aiutare le piccole imprese in crisi.

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Ai Comuni quindi il compito stilare dei criteri e da Termoli trapela la possibilità che i Comuni dell’Ambito sociale si accordino per fare dei criteri uguali per tutti, così da non fare figli e figliastri. Nel frattempo le domande possono già essere compilate e consegnate, preferibilmente on line così da evitare di uscire.

“Abbiamo già ricevuto diverse adesioni da parte delle attività commerciali di Montenero di Bisaccia, le quali si sono messe a disposizione per fornire e distribuire generi di prima necessità a chi ne ha più bisogno. Si tratta di gesti di generosità che valgono tanto e che contribuiscono nella maniera più bella a mitigare le difficoltà di alcune famiglie, accentuate in questo periodo dall’emergenza sanitaria in corso” ha fatto sapere il sindaco Nicola Travaglini fornendo le indicazioni su come comportarsi.

Il Comune di Bonefro, dal canto suo, si è rivolto tramite il sindaco Nicola Giovanni Montagano ai cittadini residenti interessati privi di occupazione, saltuariamente occupati, in ogni caso senza altre fonti di sostentamento. I criteri di assegnazione saranno determinati con successivo provvedimento”.

Anche a Petacciato il Comune si è mosso per trovare la disponibilità dei negozi di alimentari che si metteranno a disposizione per i buoni spesa da spendere nelle rispettive attività o i prodotti acquistabili tramite questi aiuti. Il percorso non appare semplicissimo, ma la volontà c’è. “L’importante è che non vengano dati soldi a pioggia” commenta il primo cittadino Roberto Di Pardo. Mai come in questo momento, occorre evitare che qualcuno più furbo tolga il pane a chi si ritrova senza un euro in tasca.

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