L'Ospite

L'ospite

La Passione per Cristo, speranza per l’uomo

di don Mario Colavita

 

Tutti e quattro gli evangelisti ci parlano della passione e morte Gesù. La cosa particolare in questi racconti è che sono pieni di allusioni all’Antico Testamento: la parola di Dio e l’evento si compenetrano a vicenda. I fatti sono, per così dire, illuminati dalla Parola e la parola di Dio aiuta ad entrare nei fatti.

Gerusalemme, la città di Dio, è lo scenario in cui si è consumato il primo venerdì santo della storia. Durante la festa di Pasqua, mentre pellegrini devoti salivano alla città dei profeti e del Messia, Gesù di Nazaret, venne prima arrestato con false accuse, poi giudicato da un doppio tribunale, e infine costretto a portare la croce fino ad una collina, fuori della città, dove v’era una cava di pietra abbandonata e lì crocifisso.

Per l’evangelista Giovanni la passione di Gesù non è solo una narrazione è teologia! a significare come Dio si manifesta anche in momenti e situazioni apparentemente distanti e assurdi per gli uomini.

La passione, per l’evangelista Giovanni è la manifestazione della gloria del figlio di Dio: da Cana a Betania, dal Giardino della passione al giardino della risurrezione, il cammino dell’evangelista è lastricato dall’affermazione che Gesù è veramente l’uomo-Dio. La sua passione, allora, è  giudizio d’amore che condanna uomini di potere, assetati del proprio prestigio.

Gesù è presentato come pericoloso, quasi fosse un criminale ricercato da tutta la nazione.

Nel vangelo si dice che ben 800 persone vanno al Getsemani per catturarlo (200 poliziotti del tempio e una coorte romana altri 600). Perché tante persone per un uomo che per tutta la sua vita aveva sempre predicato la non violenza, la fratellanza, la giustizia, l’amore?

I due poteri quello religioso e quello militare dei romani avevano paura di Gesù, ne avevano così tanta da mandare quasi mille persone ad arrestarlo.

Avevano paura perché il messaggio di Gesù metteva a nudo il potere dei sommi sacerdoti del sinedrio di Gerusalemme, faceva vedere che per adorare Dio amarlo non c’è più bisogno di mediatori, non c’è bisogno di legarsi a cavilli legali (la legge), per amare Dio, onorarlo c’è bisogno del cuore nuovo, dell’amore verso il prossimo, della giustizia, di accogliere e credere in Gesù e nella sua parola.

Gesù rivela il Padre che dona, accoglie, ama, perdona tutti e tutto questo certamente dava fastidio al potere religioso e sovvertiva anche l’ordine sociale per cui l’unica strada per fermare Gesù è la morte.

Giovanni nel vangelo ci fa vedere come l’arresto avviene alle pendici del monte degli ulivi; Gesù aveva tutto il tempo per scappare e nascondersi nel vicino deserto di Giuda ma non lo fa, va incontro ai propri aguzzini  certo che dal momento dell’arresto fino alla fine si manifesterà la sua gloria.

La condanna, la flagellazione, la presentazione: Ecco l’uomo, il cammino doloroso sono come preludio alla grande scena della morte in croce.

Se Pilato è descritto come colui che salva il proprio di prestigio più che un innocente, i sommi sacerdoti come coloro che pensano al potere della religione, Gesù è superiore, la croce che doveva essere la condanna all’annullamento del messaggio e del messaggero, per l’evangelista Giovanni diventa il trono d’amore e di giustizia del potere.

Dinanzi alla scelta tra Gesù e Barabba i sommi sacerdoti confermano più volte il loro tradimento, una solenne apostasia alla religione di Dio! Non abbiamo altro re che Cesare e così il giusto Gesù è condannato alla morte e alla morte di Croce.

Per noi credenti la passione di Cristo diventa passione per Dio, per l’uomo, per l’umanità; il grido di dolore e di perdono abbraccia oggi quanti si sentono paurosi e angosciati da questo virus, quanti si sentono delusi per un mondo fatto di interessi economici, di finanza che spoglia e deruba popoli e nazioni della bellezza dell’umanità e della gioia del creato, tutto questo è significato da quel povero rabbi che in quel pomeriggio di Venerdì dell’anno 30 d.C. venne ingiustamente condannato al più disgustoso e infamante dei supplizi: la Croce.

Da quella Croce, però, è nata la speranza, dopo due millenni, in quella croce, oggi, l’uomo, nonostante il flagello del virus e l’impotenza dei potenti, ancora può sperare.

Ave o Crux spes unica! (Ave o Croce unica speranza)

 

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