L'Ospite

L'ospite

Coronavirus e geografia fisica dei luoghi

di Angelo Sanzò

Presidente del Comitato Scientifico Legambiente Molise

Vice/Presidente Sigea Campania/Molise

 

Negli ultimi giorni/settimane, si è parlato con una certa insistenza delle relazioni esistenti tra coronavirus e inquinamento atmosferico. È stata posta l’attenzione in particolare sull’importanza che, la presenza del PM (particolato), possa avere o meno sulla diffusione dell’epidemia e in che misura poterne prevedere le conseguenti infezioni respiratorie.

L’ipotesi più verosimile presa in considerazione è stata quella che la convivenza con alte concentrazioni di particolato (PM10 e PM2,5) possa rendere il sistema respiratorio più sensibile all’acquisizione dell’infezione e quindi, alle complicanze derivanti dal coronavirus. Da qui, il probabile sillogismo che ad essere maggiormente colpiti siano le persone più avanti con l’età. Sarebbero costoro, infatti, i soggetti che, più di altri, avrebbero avuto, per forza di cose, più tempo, sia nel seguire diete non sempre appropriate o nell’essere fumatori, più o meno forti, che nel diventare ipertesi e/o diabetici.

La trasmissione del virus, da persona e persona, sembra accertato che avvenga, soprattutto, attraverso le goccioline emesse con la normale respirazione (droplets). Ovviamente, risultano particolarmente pericolose le situazioni di starnuto e tosse, ma non è da sottovalutare anche il semplice parlare. Da qui le numerose raccomandazioni circa le distanze e i vari mezzi di difesa indicati e ripetutamente evidenziati da ogni e qualunque accreditata fonte.

Poca attendibilità è riservata alla possibile diffusione del virus, da parte dello stesso particolato, se non altro perché i principi biologici insegnano che nessuna particella è in grado di mantenere forma e potenziale infettivo, in ambiente esterno, oltre un tempo non particolarmente prolungato.

Resta, comunque, il fatto che, nel nostro Paese, la maggiore diffusione del COVD-19 è avvenuta nella pianura Padana, nota per essere una delle aree geografiche più inquinate d’Europa.

Autorevoli Agenzie di ricerca, circa il poter attribuire all’inquinamento atmosferico la diffusione del virus, pur riservandosi di approfondire, alla luce di più puntuali e ampie conoscenze, non scartano, tuttavia, la possibilità che la via aerea possa essere, plausibilmente, considerata ipotetico fattore, veicolante e/o amplificatore della diffusione. In particolare, un recente studio analitico, considerato grezzo, in quanto basato solo sui superamenti delle soglie del PM10 registrate dalle centraline di ciascuna provincia e il numero di casi infetti, tralasciando ogni altro fattore concorrente, evidenzia una relazione molto forte tra i due parametri.

Stesso discorso è riservato ad altri studi effettuati negli Stati Uniti, la dove sono messe in relazione le percentuali della mortalità con i livelli della concentrazione del PM2,5. Anche in questo caso, gli stessi autori dello studio raccomandano di considerare con prudenza tali risultati, in quanto non suffragati da un congruo numero di dati sufficientemente variegati.

Qualunque tipo di studio, avente per oggetto una possibile correlazione tra suscettibilità al contagio e qualità delle condizioni ambientali, di fronte ad un’epidemia con contagio per via respiratoria, non può non tener conto del fatto che tra i principali fattori della diffusione sono, necessariamente, da considerare la frequenza e la vicinanza dei contatti tra le persone. Di conseguenza, tutte quelle aree particolarmente industrializzate, sia in campo manifatturiero, che in quello agricolo e dell’allevamento fortemente intensivo, contengono in via prioritaria i presupposti per determinare le condizioni agevolanti all’ingresso e alla decantazione in loco di quanto di negativo, per le locali sorti biologiche, è possibile sostenere.

In situazioni geomorfologiche particolarmente favorevoli, com’è agevole riscontrare in aree pianeggianti, specie quando circondate da rilievi montuosi di notevole altezza, tutti i fattori che determinano lo status quo atmosferico (temperatura, umidità, pressione, ventilazione, ecc.) possono contribuire alla stagnazione o alla rimozione in loco, parziale o completa, delle sostanze aeree, con diverso grado d’inquinamento e/o tossicità.

Ripensare e riflettere sull’ubicazione dei centri storici, soprattutto di quelli delle aree interne di tutto il territorio nazionale, è un interrogativo da non sottovalutare, ma da tenere, al contrario, in grande considerazione. La quota sul livello del mare di ogni insediamento urbano presupponeva sì la difesa fisica degli abitanti da estranei invasori, ma non trascurava assolutamente quella ambientale; le aree ubicate al di sotto di una certa altimetria erano, infatti, considerate invivibili e del tutto improduttive, da cui le grandi opere di risanamento e bonifica, specie del secolo scorso.

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