Termoli e larino

Pazienti dializzati del Basso Molise accusano: “Asrem non ha dotato il personale dei DPI”

I pazienti della UOC di Nefrologia di Termoli e Larino attaccano l’Asrem che non avrebbe dotato il personale dei DPI necessari.

Scrivono una lettera aperta ad Azienda sanitaria e Regione: “nel ringraziare ancora una volta gli operatori medici, sanitari e parasanitari che svolgono con l’abituale professionalità i loro abituali compiti al servizio di tutti i malati, devono segnalare, purtroppo, come l’ASREM non abbia dotato, a due settimane dall’inizio dell’emergenza CoronaVirus, il personale medesimo di dispositivi di prevenzione individuali adeguati.

Tale situazione è figlia di una precisa scelta, esercitata da anni, ovvero di depotenziare la sanità pubblica a vantaggio di quella privata, oltre alla scellerata idea della regionalizzazione delle risorse sanitarie (creando di fatto sanità di serie A e di serie B) idee e prassi che da pazienti sentiamo di rigettare con la massima forza e convinzione”.

Chiedono dunque alle Istituzioni di provvedere, per la sicurezza di tutti i soggetti in campo, ad “estendere le corrette dotazioni necessarie per la circoscrizione massima del contagio al personale ed ai pazienti, usufruendo delle erogazioni straordinarie di risorse da parte del governo adeguandosi ai protocolli, finora rimasti “lettera morta”, della Società Italiana di Nefrologia”.

Nello specifico chiedono che nelle sale d’attesa dei pazienti vengano messi dei dispenser di soluzioni alcoliche e che si inviti i pazienti ad usarli. E ancora, che i pazienti emodializzati debbano essere invitati a lavarsi le mani e il braccio della fistola prima dell’inizio della dialisi e disinfettare accuratamente le aree di puntura. Inoltre che il personale infermieristico e medico di assistenza alle sale dialisi indossi mascherina chirurgica e occhiali protettivi, che si lavino le mani con acqua e sapone e usino sistematicamente soluzioni alcoliche.

Per i pazienti emodializzati provenienti da aree cosiddette “attive” oppure che abbiano avuto contatti con persone poi risultate positive si specifica che: “in assenza di manifestazioni di malattia, devono indossare la mascherina chirurgica da quando arrivano al centro a quando escono, quindi per tutta la durata della seduta dialitica, in caso di starnuti usare fazzoletti monouso e buttarli dopo ogni singolo uso e si raccomanda l’applicazione rigorosa di quanto previsto sulla disinfezione”.

Nel caso invece in cui il paziente arrivi in dialisi con febbre o manifestazioni infettive delle vie aeree, lo stesso va inviato in Pronto Soccorso dove sarà valutato dal collega del PS e dall’infettivologo, rispettando le disposizioni e le procedure previste dal ministero.

“Se l’infettivologo decide di fare l’accertamento diagnostico tramite l’esecuzione del tampone naso-faringeo, in attesa dell’esito, bisognerà decidere insieme al collega infettivologo se il paziente va contumaciato oppure no. Considerando che il tempo medio per avere l’esito definitivo del tampone si aggira intorno a 48 ore non è possibile procrastinare la dialisi e pertanto il paziente deve essere ricoverato e dializzato in un locale idoneo alla contumacia e all’esecuzione della dialisi. Se si usano abitualmente apparecchi mobili di preparazione dell’acqua da dialisi chiedere all’ufficio tecnico di installare attacchi di carico e scarico acqua in una/due stanze contumaciali nel reparto di malattie infettive”.

In questo caso e fino a quando non si ha a disposizione l’esito del tampone NF “il paziente va considerato come sospetto di SARS-CoV-2 e gli operatori sanitari dovranno indossare: maschera FFP2, camice idrorepellente con maniche lunghe, protezioni oculari (visiera/idonei occhiali) e guanti”.

Se l’esito del tampone è positivo “il paziente continua l’isolamento e gli operatori a contatto dovranno indossare: Copricapo, Camice monouso in TNT impermeabile, Occhiali / Visiera, Maschera FFP3, Soprascarpe e guanti”.

E ancora, “in caso di insufficienza respiratoria, con febbre e/o manifestazioni infettive delle vie aeree il paziente sarà sottoposto all’attenzione dei rianimatori” mentre “i pazienti in trattamento dialitico peritoneale nei limiti del possibile vanno gestiti al domicilio”.

Quanto alle mascherine precisano che “non vi è alcuna necessità o beneficio nell’indossare mascherine di qualsiasi tipo per muoversi nei reparti di degenza o nei corridoi o viali dell’Ospedale e che, piuttosto, un utilizzo inappropriato di questi dispositivi può rappresentare uno spreco di risorse che, in caso di reale e giustificata necessità, potrebbe determinarne una carenza importante”.

Dunque la richiesta finale: “Si invitano i nostri rappresentanti, pro tempore, a ripensare il modello sanitario fin qui disegnato, che non può essere improntato ad una semplice efficienza contabile ma piuttosto ad una gestione, certamente onesta e non votata agli sprechi ma che ponga la vicenda medica ed il paziente al centro dell’attenzione della politica locale, confidando, inoltre, che si possa tornare ad una gestione allontanata dalle Regioni e ricondotta allo Stato centrale, diminuendo i centri di spesa, di eventuali fenomeni corruttivi e di dispersione delle risorse; un modello che alla prova dei fatti si è rivelato fallimentare”.

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