Questione di regole

Molisana in Germania non ci sta: “Qui ho paura. E io seguo le direttive italiane”

L’ultima volta ci siamo sentiti in circostanze piacevoli e salutari come quelle proprie della transumanza molisana che lei ha deciso di fare l’anno scorso, insieme a Giangiacomo, il marito milanese. Ritroviamo Cristina Di Nezza, frosolonese emigrata da dodici anni in Germania, in tempi completamente capovolti, rovesciati dalla paura, perfino quella di stare insieme.

I suoi rapporti con l’Italia sono profondi e intatti. Nel patrimonio genetico suo, e chissà, forse anche in quello dei figli piccoli Marco e Luca, c’è la tenacia della gente molisana temprata da monti e pascoli. Determinazione (e prudenza) che l’hanno portata a prendere una decisione forte, per il bene suo, della sua famiglia e degli altri: “Ci siamo messi autonomamente in quarantena. Noi, e i miei suoceri, che vivono pure loro qui (Ulm, nel Land del Baden-Wurttemberg) perchè non sappiamo ancora con precisione come stanno andando le cose in Germania”.

Cristina si spiega meglio. “Abbiamo provato sulla nostra pelle la sensazione di un sistema sociale e sanitario che ha affrontato il problema quando si era già presentato nella sua gravità”. In Germania il virus è arrivato prima che in Italia e i casi di contagio sono elevati,. Certo,  non come in Italia, ma certamente oltre la media (1908 all’una di questa notte).

Le ultime due settimane sono state per lei e per i suoi familiari molto difficili. “Sì – spiega – qui in Germania quando arriva il carnevale ci sono le vacanze, quest’anno dal 24 al 28 febbraio. Come tanti tedeschi siamo scesi in Trentino, sull’Alpe di Siusi, aria buona e nessun problema apparente. Vacanza bella, anche se turbata dalle notizie che leggevamo la sera, rientrando in albergo”.

I guai per la sua famiglia cominciano il giorno del rientro a Ulm. “Uno dei miei figli ha la febbre, temperatura vicina ai 40 gradi già in serata – racconta -. Decidiamo immediatamente di scrivere alla direttrice dell’asilo, alla pediatra, che fa una visita a mio figlio, e parliamo pure con il nostro medico. Ci hanno tranquillizzati subito, ma, quando abbiamo riferito loro che arrivavamo dal Nord Italia, dove nelle ultime ore stava succedendo quello che sappiamo tutti, non hanno dato peso alla cosa”.

“I tedeschi sono così, pragmatici, si fidano delle istituzioni e vanno avanti – aggiunge Giangiacomo -. Se Bolzano, dove siamo stati noi, non è zona rossa, e non c’è alcun tipo di misura da prendere per legge. Il nostro medico ha aggiunto: ‘Signori, mi raccomando, non diventate matti per questa cosa”. La tipica inclinazione teutonica a vedere gli italiani come bravi attori di un melodramma? Può darsi. Sì, aggiungiamo noi. Nel frattempo, però, si ammala anche l’altro figlio della coppia e la febbre persiste minacciosa per entrambi. Fino al fatidico 2 marzo quando la temperatura corporea supera i 40 gradi.

“Contattiamo la pediatra – riprende Cristina – ci dice di andare subito da lei. Sono molto tempestivi, molto professionali qui. Le abbiamo detto di nuovo che eravamo stati in Trentino, e lei ha ribadito di andare in studio nonostante ci fossero tante persone. Per fortuna, fatta la visita, ha confermato che per i miei piccolini era una normale influenza, non c’erano sintomi da covid 19, ma nessuno ha fatto il tampone”.

Intanto, a Ulm, sono giorni normali. Uno dei bambini che erano stati in vacanza in Trentino, con sintomi sospetti, risulta positivo al tampone: ha contratto il coronavirus. “Da quel momento – prosegue Cristina – è stata una escalation di notizie poco confortanti. Il 12enne positivo non era il solo, infatti, altre 7 persone risultavano contagiate, quasi tutte erano parte della scuola sci che aveva soggiornato in Trentino. Il problema è che tre adulti  erano già rientrati a scuola, per cui sono stati vicinissimi agli altri bambini e docenti”. Sembra un po’ la situazione del dipendente comunale di Larino, pure lui in vacanza in Trentino, con una comitiva di bassomolisani amanti del circo bianco, probabilmente come pure un termolese ora in terapia intensiva.

“Stando così le cose, abbiamo deciso di non rimandare i bambini a scuola e di metterci autonomamente in quarantena, per noi e per gli altri.

“Poi, venerdì scorso, 6 marzo, è arrivato finalmente il primo provvedimento, un’ordinanza con la quale si chiedeva a chi era stato in vacanza nella parte alta del Trentino di segnalarlo e di restare a casa. Un po’ in ritardo a parer mio”.

Cristina è un po’ frastornata. E’ a casa da diversi giorni e non tutto quello che vede in giro le ‘suona’ normale. “Qui ad Ulm, i casi sono 11, nessuno è grave, pare, e sono quasi tutti a casa. Il problema è che i locali sono pieni zeppi di gente, eventi sempre e comunque, tutto fila regolarmente, come se quello che si legge in giro non fosse reale. Eppure i contagi in tutto il Baden Wurttemberg sono già centinaia. E’ per questo che abbiamo deciso, noi come famiglia, suoceri inclusi, di non seguire la linea tedesca, ma di attenerci alle scrupolose disposizioni italiane. Sì, proprio così, facciamo finta di essere in Italia, seguendo i Decreti che via via vengono emanati”.

Cristina è convinta che i suoi bambini non abbiano contratto il coronavirus: “Abbiamo adottato tutte le regole e ora stanno bene”.

Mentre chiacchieriamo telefonicamente (ieri sera, mercoledì, tardi) via social ci informa che dalle sue parti hanno appena dato nuove indicazioni ufficiali. “Ecco, proprio ora hanno deciso di vietare gli assembramenti di oltre mille persone”. Come in Francia. Mille persone, le chiediamo? “Sì, mille”. Caspita, la Cancelliera Merkel ha dichiarato martedì che il 70 per cento della popolazione tedesca è destinata a contrarre il coronavirus, evidentemente c’è un approccio diverso alla pandemia, o hanno un sistema sanitario a prova di bomba. O ancora, come spesso succede a quelle latitudini, hanno messo le questioni economiche prima di tutto il resto. Chi lo sa. Per ora gli ospedali non hanno problemi, ma poi?

Non importa, Cristina e Giangiacomo hanno deciso da tempo: “Marco e Luca non torneranno a scuola fino a quando non verificheremo una situazione serena e non saranno adottate le precauzioni necessarie. Speriamo che non scoppi il bubbone – dice, e aggiunge: è un peccato, perché i tedeschi non sono come parte degli italiani, se c’è una regola, la rispettano, tutti. Il problema è che, secondo me, siamo in ritardo di dieci giorni rispetto all’Italia, parlo di come si è sviluppata la situazione”. In effetti dall’analisi delle cifre sembra così.

Salutiamo Cristina e Giangiacomo e ci rincuoriamo a vicenda, poi Giangiacomo chiosa con una considerazione più che condivisibile: “Mi sembra evidente che manchi quella regia europea comune che potrebbe dare un bel colpo alla propagazione del virus”. In mancanza, almeno loro, hanno deciso da che parte stare.

 

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