Il caso termoli

L’infettivologa: “Importante ricostruire la catena di contatti. Per contrarre il virus non basta essere stati in ospedale”

Abbiamo chiesto a una dottoressa specializzata in Malattie Infettive, alle prese in questi giorni con l’emergenza coronavirus, di darci indicazioni sul livello di rischio dei tanti termolesi e bassomolisani che nei giorni scorsi si sono recati al San Timoteo di Termoli per visite, esami, passaggi in Pronto Soccorso. “Si può stare relativamente tranquilli – spiega l’infettivologa Francesca Vignale – perché se gli operatori sanitari in servizio erano asintomatici avevano una carica virale molto bassa. Per ammalarsi occorre un contatto stretto e diretto”.

Quello che centinaia se non migliaia di termolesi e bassomolisani si stanno domandando in queste ore di apprensione per i 4 casi (attualmente) certificati di coronavirus in città, tre dei quali relativi a operatori della sanità in servizio al San Timoteo, è “Cosa stiamo rischiando?”.

Cosa rischiano i tanti che nei giorni sorsi hanno frequentato l’ospedale? Si tratta di centinaia di utenti che sono transitati per il Pronto soccorso, che hanno accompagnato in ospedale parenti e amici, persone sottoposte a visite specialistiche negli ambulatori, cittadini che hanno fatto i raggi, prenotato al Cup, preso il caffè al bar all’interno del presidio ospedaliero, fatto visita a degenti nei reparti.

Una domanda assolutamente legittima alla luce della facilità di trasmissione del coronavirus e del fatto che la coppia di medici risultata positiva al test, rientrata dal viaggio nel Nord Italia sabato scorso, ha prestato servizio nel San Timoteo i giorni scorsi, a partire da lunedì e fino a mercoledì, quando è scattata l’emergenza col ricovero in Malattie Infettive del medico che, al contrario, era rientrato a Termoli già con un evidente malessere e non era tornato al lavoro.

Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Francesca Vignale, specialista in Malattie Infettive in servizio al Policlinico SS. Annunziata di Chieti. “E’ molto importante ricostruire la catena dei contatti in questi casi – afferma – perché solo in questo modo si riesce non soltanto a individuare l’origine, a risalire al primo contagiato, ma anche a circoscrivere il virus grazie alle misure precauzionali”.

Quali sarebbero?
“Chi ha avuto contatti diretti e prolungati con un paziente risultato positivo deve mettersi in isolamento anche se sta bene e non presenta alcun sintomo. Gli altri dovrebbero attenersi alle norme generali indicate di mantenere la distanza di almeno un metro e mezzo dalle altre persone, anche se asintomatiche, lavarsi spesso le mano, disinfettare le superfici condivise con le quali si entra in contatto, evitare luoghi affollati. Insomma, le misure di profilassi stabilite dal Ministero della Salute”.

E i tantissimi cittadini che hanno frequentato l’ospedale San Timoteo in questi giorni per i motivi più svariati? Hanno ragione di preoccuparsi?
“E’ sempre bene tenere alta l’attenzione ed è opportuno che tutti seguano le indicazioni per la prevenzione, ma è chiaro che non basta aver frequentato l’ospedale per contrarre il virus. La trasmissione per via indiretta è improbabile: è vero che il virus resiste sulle superfici inanimate, ma è anche vero che una blanda disinfezione lo distrugge, il virus non resiste molte ore”.

E quanti sono stati a contatto diretto con i due operatori sanitari in servizio poi risultati positivi?
“Se i due operatori erano completamente asintomatici, come mi pare di capire, le possibilità sono ridottissime. Gli asintomatici, per quanto possono trasmettere l’infezione come è stato accertato, hanno una carica virale molto bassa, che di solito aumenta nelle fasi successive dalla malattia. Questo riduce moltissimo il potenziale contagioso. Specialmente in assenza di contatti stretti”.

E cosa si intende per contatto stretto?
“Bisogna essere stati faccia a faccia o nello stesso ambiente chiuso con una persona positiva al virus, oppure vivere nella stessa casa con un caso sospetto o confermato. Per contatto stretto intendiamo anche viaggiare in aereo nella stessa fila o nelle due file antecedenti o successive. E’ una definizione tecnica della quale bisogna tener conto. Non basta aver scambiato una parola con una persona positiva, magari asintomatica e a oltre un metro di distanza, per ammalarsi”.  (Rob.M.)

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