L'Ospite

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La sete, il pozzo: Gesù è l’acqua viva

di don Mario Colavita

 

Il deserto nel linguaggio biblico è luogo di prova, ma è anche il luogo di silenzio dove Dio parla e si rivela. Il libro dell’Esodo è come un grande affresco dove al centro c’è il popolo che cammina e il deserto come cornice. Il messaggio di questo libro è fortemente spirituale, i padri della chiesa lo utilizzavano per far comprendere la conversione, l’uscire dai nostri mali per ri-conoscere l’amore di Dio.

Esodo vuol dire uscire, distanziarsi da qualcosa o qualcuno.

Il libro narra la forza di Dio, Dio che si rivela nel suo nome santissimo, Mosè che diventa l’uomo che libera nel nome di Dio il popolo oppresso, il cammino di quarant’anni. Il cammino esodale è lastricato di limiti e bellezze del popolo. Dio chiede fiducia, sacrifici, rivedere le proprie abitudini e affidarsi a lui.

Per noi credenti il libro dell’Esodo è come un cammino quaresimale, dove ci si prepara ad incontrare il Risorto nella terra promessa.

La tradizione ebraica ha sempre inteso l’Esodo come fonte di insegnamento, non solo perché nel libro sono riportare le dieci parole dell’Eterno, ma anche perché nel suo cammino Dio educa il popolo attraverso la durezza del deserto.

I rabbini hanno così cercato di spiegare attraverso delle massime il significato spirituale di questo libro.

Pirkei Avot (in ebraico capitoli dei Padri) è una raccolta delle massime dei padri, esse accoglievano antiche tradizioni orali circa il comportamento dei figli di Israele.

Circa la pagina dell’esodo troviamo scritto: Dieci miracoli furono fatti ai nostri padri in Egitto e dieci sul mare. Dieci piaghe mandò il santo, benedetto egli sia in Egitto e dieci sul mare. Dieci volte i nostri padri misero alla prova nel deserto il santo, benedetto egli sia, conforme a quanto è detto: mi hanno messo alla prova dieci volte e non hanno ascoltato la mia voce.

La prova della sete è uno dei brani celebri del libro dell’Esodo. L’arsura fa dire e fare cose strane agli ebrei in cammino nel deserto, una di queste è ritornare in Egitto, ri-diventare schiavi contravvenendo quanto Dio disse a Mosè: “come avete veduto oggi gli egiziani, non li vedrete mai più in perpetuo” (Esodo 14,13).

I padri hanno voluto dare una spiegazione spirituale del perché della prova della mancanza di acqua. In una leggenda ebraica si dice che per mancanza dello studio della Torah per tre giorni di seguito il popolo non trovò acqua. Per questo in seguito i profeti e gli anziani del popolo istituirono la pubblica lettura biblica il sabato, il lunedì e il giovedì, così che non passino mai tre giorni senza che sia letto un brano della Torah.

La parola di Dio deve accompagnarci nel nostro cammino, soprattutto nei momenti difficili, letta e meditata ci aiuta ad uscire dalle nostre inquietudini e paure ridandoci speranza e fiducia nell’Eterno.

Nella vita di S.Teodoro studita, perseguitato nel VIII secolo d.C. dall’imperatore bizantino a causa della difesa delle immagine, possiamo leggervi l’aiuto provvidenziale di Dio. Scrive il santo: la nostra condizione mi sembra un po’ simile a quella di Israele nel deserto. Oggi sono quattro anni che non seminiamo né mietiamo, eppure Dio non ha smesso di procuraci il nutrimento del corpo non già facendo piovere la manna dal cielo, ma aprendoci i granai dei ricchi…

Abbiamo bisogno di acqua per vivere, quella materiale e spirituale.

Il vangelo di oggi ci porta al pozzo dove possiamo attingere acqua, il nostro pozzo è Cristo lui è l’acqua viva che toglierà la sete per sempre!

La scena dell’incontro presso il pozzo di Giacobbe tra Gesù e la samaritana è uno dei brani più conosciuti del vangelo di Giovanni.

La lunga narrazione ci vuole aprire al desiderio di Cristo, all’incontro con Lui.

Parlando con la donna di Samaria Gesù gli apre la vita, anzi gli dona l’acqua viva per la vita nuova.

La quaresima, non dimentichiamo, è come un esodo, un cammino di uscita per incontrare la novità di vita buona e bella anche nella prova.

La samaritana incontrando quel pellegrino giudeo scopre il dono di Dio: l’acqua nuova e viva che fa bella e nuova la vita.

In quella donna vi è la Chiesa che desidera il desiderato, chiede, si informa, vuole sapere di più e alla fine scopre che l’uomo che gli parla è il desiderato.

Il vangelo di Giovanni gradualmente ci porta alla rivelazione di Dio, alla sua conoscenza, come è il cammino di fede battesimale.

Per la samaritana inizialmente Gesù è un comune giudeo, poi uno paragonabile al patriarca Giacobbe, quindi un profeta, alla fine è riconosciuto come il Cristo e dopo la sua testimonianza, dagli altri samaritani, è salutato come il salvatore del mondo.

Scriveva papa Benedetto XVI: “La donna di Samaria rappresenta l’insoddisfazione esistenziale di chi non ha trovato ciò che cerca […] il suo andare e venire dal pozzo per prendere acqua esprime un vivere ripetitivo e rassegnato. Tutto però cambiò per lei quel giorno, grazie al colloquio con il Signore Gesù, che la sconvolse a tal punto da indurla a lasciare la brocca dell’acqua e a correre per dire alla gente del villaggio”.

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