Ci chiedono di non muoverci. Comprendiamo e ci atteniamo.
Ci chiedono di non produrre. Comprendiamo e ci adeguiamo.
Ci chiedono di non criticare. Comprendiamo, ma garbatamente, dissentiamo.
Dei diritti costituzionali che sono compressi a causa della pandemia – circolare, radunarsi, intraprendere impresa – uno non può essere alienato alle nostre disponibilità, nonostante chi è al potere, nei vari livelli istituzionali nazionali e locali, avrebbe il grande desiderio di vederlo non esercitato: il diritto di critica e di libero pensiero.

L’opinione pubblica, per lorsignori, non dovrebbe disturbare i manovratori alla guida. Ogni analisi critica, ogni valutazione in merito alle scelte, alla valutazione delle strategie adottate e dei risultati ottenuti, viene vissuta come un’inutile polemica.
Come un atto di sabotaggio.

Ogni dialogo che tenta di accendere un riflettore sulle stanze in penombra del potere e negli angoli più bui dove si esercita il dovere del governo, disturba, irrita, destabilizza chi a quell’esercizio è chiamato grazie al nostro voto e che, sommessamente ricordiamo, essi svolgono a servizio del popolo e non per mera auto-conservazione.

Questa pandemia, non la prima che l’uomo affronta nella sua breve storia sulla terra, possiamo viverla in modo diverso dal passato: grazie alla rete siamo sì distanti, ma comunque connessi. E questo strumento di condivisione permette di confrontarci, di analizzare opinioni e idee, di vedere cosa fanno altre nazioni, altre regioni.

Possiamo confrontare, paragonare, dunque utilizzare un metro di realtà vero e misurare la reale valenza di quello che il potere ci dà quotidianamente in pasto con i suoi bollettini.
Mentre negli ospedali della Lombardia, considerati i migliori avamposti della sanità occidentale, si muore a centinaia ogni giorno perché quel sistema ha dimostrato essere del tutto impreparato a gestire sul territorio il fenomeno pandemico a causa del depotenziamento della medicina di prossimità, qui in Molise attendiamo inermi che lo tsunami perda forza, scemi di intensità e quando arriverà a lambirci sia poco meno di un’onda dell’adriatico sospinta dal Maestrale. E anche se solo così fosse la paura è che quell’onda possa travolgerci comunque (oggi siamo a 132 positivi: ne basterebbero 500 per mandare il sistema al collasso).

Perché in Molise viviamo due contraddizioni evidenti e che non possono essere sottaciute. La prima: siamo l’unica regione dove il presidente della Regione ha sì poteri di protezione civile, ma è privato dei poteri in materia sanitaria, dato confermato dalla sentenza del Tar la scorsa settimana, e dove i commissari alla sanità sono meri commissari ad acta che possono muoversi solo nell’ambito della ordinarietà. Questo unicum è certamente un freno alla velocità di attuazione delle scelte che devono essere quotidianamente prese per affrontare la pandemia.

petraroia festival sarà covid

Se qualcuno, come Michele Petraroia (qui l’intervista per il Festival del Sarà speciale Covid), che qualche titolo per parlare sul punto la sua storia politica e sindacale gli consente, propone l’istituzione di una figura commissariale decisa dal governo centrale, non è un reato di lesa maestà, ma solo una delle possibili soluzioni all’analisi di un problema oggettivo, che esiste e resta sul tavolo.

La seconda contraddizione: la sovrapposizione di ruoli e interessi fra la sfera istituzionale e quella privata inerente alla sanità convenzionata con il pubblico, se presentava aspetti di preoccupazione in tempi normali, oggi rappresenta un elemento di grande instabilità per il sistema. Lo dimostrano gli scontri sul ruolo che le cliniche private devono avere nella gestione sanitaria della pandemia, la mancanza di volontà di riaprire i presidi sanitari pubblici chiusi a causa dei tagli alla sanità negli scorsi anni e il fatto che l’interlocuzione fra privato e Regione sia affidata alle carte bollate e alle valutazione dei giudici. In tempi di emergenza, dove la velocità delle scelte è fondamentale per salvare vite, questo approccio appare del tutto fuori contesto.

Ma il dovere di chi osserva non è solo quello di segnalare i problemi, ma anche quello di avanzare proposte e suggerimenti sulla base di una esperienza professionale personale (la gestione e la comunicazione di crisi) e sull’analisi delle proposte che altri stanno avanzando nel mondo.

Ecco un’idea, fra le diverse possibili, di una azione per il presente, ma soprattutto per il dopo, visto che è ormai chiaro che dovremo abituarci a convivere con il virus anche nei prossimi mesi e sarà necessario trovare strategie per non morire di inerzia produttiva e sociale. Il Molise, per la sua densità abitativa, per la sua conformazione urbana e per l’esiguità di posti letto in terapia intensiva negli ospedali, potrebbe invece ambire a sperimentare un modello diverso da quello attuato in questi giorni in Italia e in particolare in Lombardia. Un modello non solo utile all’emergenza, ma anche alla fase dell’uscita dal lockdow.

Un modello che si sviluppa su 7 azioni: Mappa, Proteggi, Testa, Isola, Traccia, Cura prima, Comunica l’obiettivo.
Mappa: mappare tutti gli operatori sanitari che lavorano in Molise fra medici, infermieri, assistenti, analisti di laboratorio, personale delle pulizie e delle mense, operatori del 118 e del volontariato e operatori nelle RSA e chiunque abbia relazioni fisiche con questi presidi sanitari.
Proteggi: fornire subito a tutti loro mascherine ad alta protezione e per chi lavora a contatto con positivi o potenziali positivi dispositivi di protezione individuale (DPI) adeguati e in numero sufficiente per la sostituzione costante dopo l’utilizzo.
Testa: eseguire tamponi periodici (ogni quattro giorni) a tutto il personale sanitario e a tutti i soggetti sintomatici e asintomatici venuti in contatto con soggetti positivi.
Isola: per i positivi isolamento extra-familiare utilizzando hotel requisiti per le necessità, visto che la diffusione avviene prevalentemente in ambito familiare.
Traccia: utilizzo di un strumento di tracciamento digitale dei positivi, su base volontario nell’attesa delle scelte del governo nazionale sul punto, e pass digitale per i soggetti positivi guariti o testati come portatori di anticorpi a cui è concesso di tornare alla vita sociale e lavorativa.
Cura prima: definizione di un’azione preventiva attraverso un piano diagnostico terapeutico approvato a livello nazionale per aggredire il virus nelle fasi iniziali della malattia e abbassare il numero dei malati da curare in ospedale o nelle terapie intensive, da affidare ai medici di base supportati da task force dedicate.
Comunica l’obiettivo: definire una strategia da condividere con la popolazione e verificare quotidianamente l’andamento della strategia, non dare solo numeri sconnessi dagli obiettivi che si sono prefissati.

Il tempo di ciascuno di noi è poco, la somma del tempo che ciascuno di noi può dedicare allo soluzione della pandemia è la chiave per vincere la sfida.

Restiamo a casa, ma restiamo connessi con la realtà.

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