Emergenza coronavirus

La Confcommercio: “Aiuti alle microimprese. No alla concorrenza sleale dei centri commerciali”

Il grido d’allarme del presidente Paolo Spina: “Il nostro territorio pullula di piccolissime imprese con pochi dipendenti, si potrebbe pensare a una rimodulazione dei contratti di affitto”. E poi si appella alle amministrazioni comunali: “Servono controlli nei centri commerciali che sono obbligati a chiudere i negozi e a far restare aperto solo il supermercato all’interno del quale, però, vendono di tutto, anche i beni non dichiarati di prima necessità”.

Sull’effetto devastante del Coronavirus, arriva il grido d’allarme della Confcommercio. “In Molise ci sono moltissime microimprese, il commercio si regge proprio su di loro” spiega il presidente Paolo Spina. Che si pone una domanda precisa: “Come possono essere supportate? Questo è il problema principale”. Al momento nel nuovo Decreto dovrebbe essere presenti misure come la sospensione dei mutui, delle tasse (che però prima o poi bisognerà pagare, ndr), dei pagamenti delle ritenute e dei contributi. Oltre alla cassa integrazione prevista anche per le imprese più piccole.

 

Qualche proposta. Come per esempio, “si potrebbe pensare a un fitto calmierato per le microimprese, penso sia alle piccolissime imprese nei paesi ma anche a Campobasso, Termoli, Isernia, dove il canone di locazione elevatissimo non è sopportabile. Il fitto, vuoi o non vuoi, deve essere pagato, lì ci potrebbe essere un intervento, per quanto difficile, da fare da parte dello Stato, semmai prevedendo una rimodulazione dei contratti con tariffe concordate tra proprietari e titolari degli esercizi, per abbattere l’Imu. Ma penso anche a una cedolare secca” prosegue il numero uno della Confederazione molisana.

 

Purtroppo, la situazione imposta dalla diffusione del Covid-19 inevitabilmente potrebbe tramutarsi in una mazzata a livello economico, anche se ora come ora bisogna pensare a condividere una battaglia da vincere assolutamente. Spina pone l’accento anche e soprattutto sul comportamento del singolo cittadino, alla luce della chiusura di tutti i negozi, tranne che quelli di prima necessità: “Il concetto è che mentre i commercianti hanno capito che bisogna mantenere le distanze, la popolazione o per superficialità o abitudine non le mantiene spesso. E così diventa dura portare avanti attività commerciale. Credo che si sia avuta poca consapevolezza come cittadini dell’effettiva problematica che avremmo avuto, era sufficiente fin dall’inizio essere a un metro e mezzo di distanza e questo problema l’avremmo superato”.

 

Ma c’è un punto sul quale Spina non transige. E viene fuori dalla decisione di chiudere tutte le attività commerciali fatta eccezione per quelle artigianali: “I centri commerciali sono obbligati a chiudere i negozi e a far restare aperto solo il supermercato. Bene, all’interno del supermercato, però, questi vendono di tutto, anche i beni non dichiarati di prima necessità e questa si chiama concorrenza sleale. Per questo, invitiamo le amministrazioni comunali ad effettuare tutti i controlli del caso altrimenti siamo pronti a denunciare tutto alla Procura della Repubblica. Anche perché il Decreto prevede sanzioni in questi casi”.

 

Entrando nel dettaglio, restano aperti chiaramente i centri commerciali che hanno alimentari e settori in deroga ma allo stesso tempo devono chiudere i reparti che non rientrano nella deroga. Dunque, fanno eccezione alla chiusura generi alimentari e di prima necessità, sia in ambiti piccoli che grandi. Per dirla facile facile, la lampadina è possibile comprarla anche al centro commerciale, ma il libro no. Prodotti di elettronica sì, così come ferramenta, ma pelletteria e vestiario no. E articoli di cancelleria neanche.

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