L'Ospite

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Gesù, il cieco e l’incontro tra due libertà

di don Mario Colavita

 

Nel cammino di fede un posto particolare va riservato alla comprensione del battesimo. Non è un rito ma l’ingresso nella grande e bella cattedrale della fede. Comprenderne l’architettura ci aiuta a entrare e capire chi siamo e verso chi siamo diretti.

Il battesimo è chiamato dai padri della chiesa con diversi nomi tra questi c’è quello di illuminazione. In una catechesi di Gregorio di Nazianzo troviamo queste parole: “II Battesimo è il più bello e magnifico dei doni di Dio. […] Lo chiamiamo dono, grazia, unzione, illuminazione, veste d’immortalità, lavacro di rigenerazione, sigillo, e tutto ciò che vi è di più prezioso”.

Il cammino quaresimale deve portarci gradualmente a comprendere i segno della nostra vita di fede e gradualmente incastonarli nella vita pratica, quella di tutti i giorni. Battesimo e vita pratica vanno insieme pena apparire cristiani che nella realtà si esprime con il famoso assioma: sono cristiano ma non sono praticante!

Il vangelo del cieco nato (Gv 9) è una grande e profonda catechesi sulla luce e come Gesù ci chiama a passare dalla cecità (il non vedere) alla libertà la luce dei figli di Dio.

L’episodio del cieco nato non ci dice solo che Gesù è la luce, ma intende raccontare con una testimonianza il dramma della luce, l’esito che essa incontra, e quali siano le profonde radici del suo rifiuto o della sua accoglienza.

Come nella nostra vita sperimentiamo il contrasto, l’incoerenza tra la vita e la fede che abbiamo avuto in dono, così il vangelo di Giovanni ci aiuta a comprendere questa battaglia tra il credere e l’incredulità.

Il vero centro del racconto non è il miracolo, un semplice segno che rimanda all’incontro tra due libertà: quella del cieco e quella di Gesù. Il cieco scopre la bellezza del vedere, ascolta le parole del Messia e passa dalla schiavitù alla libertà. Gesù apre gli occhi al cieco e gli dona la libertà di essere creatura nuova non più schiava del peccato.

La lettura attenta di questo brano ci facilita la comprensione di Gesù, anzi ci fa entrare in quella cattedrale cristologica dove Gesù Cristo si rivela come il Salvatore degli uomini. La confessione di fede in Gesù, figlio di Dio è lo scopo del vangelo di Giovanni e costituisce la fonte della vita eterna.

La guarigione del cieco è un segno messianico, in questo racconto Gesù si manifesta come il Cristo atteso dal popolo di Dio che realizza le profezie antiche. Con Gesù si inaugura una nuova era, il tempo della felice salvezza durante la quale si aprono gli occhi dei ciechi e si schiudono gli orecchi dei sordi.

Nel 2010 il giornalista Peter Seewald chiese a Benedetto XVI: Cosa vuole Gesù da noi? E il papa rispose: “vuole che gli crediamo. Che ci lasciamo condurre da lui. Che viviamo con Lui. Divenendo così sempre più simili a Lui e con ciò giusti”.

Il cammino del cieco è quello del credente, a cui non basta riavere la vista, il vero miracolo è comprendere e accogliere la libertà di figli di Dio e riconoscere e vivere la rivelazione di Gesù.

Il vero grande problema è questa opposizione alla verità e il rifiuto di Dio nell’orizzonte della vita. Il credente, allora, non è colui che scherza o ripete come pappagallo parole che non sente proprie, lontana dal suo modo di vivere e comportarsi, no, il credente è colui che passa dalle tenebre alla luce, da una vita di schiavitù in cui le cose ci rubano la libertà, la gioia semplice… ad una vita libera di essere figli di Dio in cui l’umanità il bisogno dell’altro, l’amore diventano essenziale per vederci e vedere.

Un grande vangelo che si conclude con un atto di fede: io Credo e un giudizio da parte di Gesù per tutti quei farisei che vogliono ridurre la fede ad un semplice proibizionismo o ad un cumulo di norme da onorare.

Sta a noi scegliere, il cieco ha scelto Gesù e lo ha onorato sino alla fine!

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