Campobasso

Dal Molise alle “Belle Arti”, Francesca e la tesi su Di Zinno: “I Misteri opera geniale”

La 26enne molisana ha concluso il suo percorso di studi accademici con un lavoro sul “mistero perduto” (il 14mo) del celebre scultore e ideatore degli “Ingegni” del Corpus Domini: “Considero l’arte una grande divinità alla quale bisogna avvicinarsi in punta di piedi ed in silenzio. Soltanto osservando ed imparando dai mastri del passato si riesce a produrre un qualcosa”.

L’arte come passione, come metafora dell’esistenza e declinazione intellettuale. Come scelta di vita. Francesca Tunno – ventisei anni da Campobasso – ha portato in alto il nome del Molise e della sua città anche al di fuori dei nostri confini, presentando a conclusione del suo percorso di studi all’Accademia delle Belle Arti di L’Aquila una tesi sul quattordicesimo Mistero di Paolo Saverio Di Zinno. 

La studentessa ha infatti posto al centro del proprio lavoro l’opera “perduta” del maestro e padre degli “Ingegni”, anima del Corpus Domini, il “SS Corpo di Cristo”.

Partendo da documentazioni storiografiche e fonti iconografiche, come pure dalle bozze dello stesso Di Zinno, Francesca ha proposto una ricostruzione tridimensionale della “macchina” ideata dall’indimenticato scultore; una ricerca che s’inserisce nel solco tracciato dagli studi già condotti sulla storicità della Processione. Esperienza che l’artista ha raccontato a Primonumero.

francesca tunno

L’arte custodisce bellezza e verità. È uno sguardo che eleva, talvolta consolando, e che può farci esperire il prezioso legame con una dimensione trascendente. Ma quanto coraggio e quanto talento servono, oggi, per “incarnare” l’esperienza artistica nella quotidianità e, più specificamente, per fare di questa vocazione il proprio sentiero professionale?

“È grazie alla frase di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo” che riesco a dare una risposta alle mille domande e pensieri che una ragazza della mia età può porsi. Considero l’arte una grande divinità alla quale bisogna avvicinarsi in punta di piedi ed in silenzio. Soltanto osservando ed imparando dai mastri del passato si riesce a produrre un qualcosa, quanto meno senza replicare un gesto artistico già convenzionato. Un prodotto artistico genera domande e interrogativi nella società. Un prodotto non finalizzato ad essere un gesto deve relazionarsi con fattori esterni. Per inserirsi in un sentiero professionale occorre tanta forza di volontà, il volere raggiungere un obbiettivo, il volere a tutti i costi quella cosa; rispetto a tanti anni fa bisogna avere una maggiore determinazione. Il mio motto è ‘fare, fare, fare’”.

Quando hai deciso di intraprendere gli studi accademici in questo settore e che valenza ha avuto, in questo senso, l’esperienza alle “Belle Arti” di L’Aquila?

“Da sempre sono stata indecisa se intraprendere un percorso più scientifico o uno più artistico, infatti dopo aver superato i test alla facoltà di Architettura di Firenze, mi sono resa conto che il mio percorso necessitava di alcuni elementi meno razionali. È così che mi sono inscritta all’Accademia di Belle dell’Aquila all’indirizzo di scenografia, percorso scientifico-artistico, che unisce il fare arte alla progettazione matematica. Dopo vari giri in varie accademie italiane sono giunta a l’Aquila. Mi ha colpito per la sua realtà non eccessiva, uno spazio medio grande in cui poter crescere, con professori che riescono a comunicare con gli studenti, conoscendoli realmente. Ma anche qui vi è la volontà del singolo nel farsi conoscere e farsi consigliare.

A coronamento del brillante percorso universale, la tesi finale. Cosa ti ha spinto a indirizzare la scelta tematica sul “Mistero Perduto” (il 14mo) di Paolo Saverio Di Zinno?

“Questa tesi ha concluso un percorso avviato ben quattro anni fa quando con i professori iniziai a dare le basi per la tesi triennale. Ho deciso di concludere questo percorso con l’ideazione e la progettazione del 14mo Mistero perché ritengo questa manifestazione unica nel suo genere e nella genialità con cui sono stati assemblati i carri. Ho voluto giocare con il Di Zinno, scoprire il suo gesto artistico, osservare i sui disegni e la forza con cui ha tracciato alcune linee, osservare la leggerezza nel disegno dei panneggi per rievocare infine lo spirito Sette-Ottocentesco, basato sull’esaltazione della bellezza. Sono partita da un disegno originale del Di Zinno e attraverso varie tecniche per l’elaborazione dell’immagine sono riuscita ad evidenziare molti degli elementi disegnati dall’artista che ad occhio nudo non erano percepibili. Ho portato l’immagine alla massima esposizione e a forti contrasti cromatici, ho lavorato con la lente d’ingrandimento e con filtri di un solo colore; credo di essere giunta ad una idea molto simile alla sua”.

Parlare degli “Ingegni” e dei Misteri del Corpus Domini equivale, inevitabilmente, ad evocare il cuore della spiritualità popolare campobassana, il nucleo di una tradizione straordinariamente radicata nel cuore della città e dei suoi figli. Quanto c’è in te del capoluogo e che rapporto hai con la tua terra?

“Non a caso ho deciso di specializzarmi in questi studi, ho voluto far conoscere a professori ed esperti di altre regioni questa magnifica manifestazione e la mia terra. Sono fortemente attaccata al mio Molise, tutte le persone con cui collaboro sanno di dove sono. Per me è un vanto essere nata in una piccola ma importante regione dove tanto ancora si può fare per migliorarla”.

 

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