Lo sguardo di stefano di leonardo

Ce la faremo? Dipende da noi. Ma non andrà tutto bene

afFondo/17 - Ripetere come un mantra che andrà tutto bene non cancella i morti che il Covid-19 ha già fatto e che continuerà a fare. Necessario prepararsi a soffrire e resistere rispettando le regole per poter vincere questa battaglia

Non andrà tutto bene. È tempo di smetterla di pensare che il coronavirus e i suoi effetti devastanti si supereranno a colpi di hashtag. Spiace dover dire certe cose con tanta franchezza a chi avrà la pazienza di leggere questo commento (dopotutto siete a casa e avete tempo, no?).

Tuttavia, pur rimanendo fermamente convinto che l’Italia saprà tirarsi fuori da questa emergenza, chi scrive è altrettanto certo che far passare il messaggio secondo cui tutto si risolverà per il meglio semplicemente ripetendolo come fosse un mantra per autoconvincerci, è profondamente sbagliato. Potrà forse andar bene per rassicurare i nostri bambini e in questo senso è più che condivisibile, ma illudersi che sarà davvero così è pericoloso.

Per vari motivi. Il primo è che delle persone moriranno, anzi stanno già morendo. Finché sono Tizio o Caio, sconosciuti senza nome e cognome, ci sembrerà sempre qualcosa di distante. Ma prima o dopo morirà qualcuno che conosciamo. Un nostro parente, amico, conoscente. E allora probabilmente capiremo che non tutto andrà bene. Con che coraggio andremmo da chi subisce un lutto a dire che ‘andrà tutto bene’?

Si legge da più parti che l’epidemia da coronavirus, dichiarata pandemia dall’Oms, avrà l’effetto di una guerra sul nostro Paese, forse sul mondo intero.

Beh, siccome le parole hanno una certa importanza, è il caso di rifletterci bene quando le si pronuncia, o scrive. Come possiamo minimamente pensare che in una guerra, o in qualcosa che per le conseguenze molto ci somiglia, tutto andrà bene? Ve l’immaginate i nostri nonni o bisnonni andare in guerra e sentirsi dire ‘tutto andrà bene’ come a voler nascondere loro che stavano andando incontro ad atrocità e sofferenza?

Ha ragione chi ha scritto, con notevole lungimiranza, che le generazioni nate dagli anni Cinquanta in poi non hanno mai convissuto con l’idea di perdere qualcuno di molto caro con estrema facilità, con frequenza quasi giornaliera.

Noi tutti con meno di 70 anni non abbiamo idea di come si conviva con l’idea della morte, come ci si alzi al mattino senza certezza del domani, cosa sia il sacrificio individuale e collettivo di stringersi intorno a un’idea o un ideale per un obiettivo comune.

Ma c’è anche un’altra ragione fondamentale per cui non tutto andrà bene. Il Paese è paralizzato, le aziende costrette a fermarsi, le attività commerciali a chiudere. Come si può anche solo pensare, come ha detto il Ministro dell’Economia che “nessuno perderà il lavoro per il coronavirus”?

Sarebbe il caso di smetterla di prendere in giro gli italiani, specie in un momento così drammatico della nostra storia. I posti di lavoro sono già persi, alcune aziende probabilmente non riapriranno mai, chi ha partita Iva avrà settimane intere di mancato lavoro. Per queste persone non esiste cassa integrazione, né bonus, né sgravi fiscali. I provvedimenti varati nelle scorse ore dal Governo potranno aiutare qualcuno, ma non tutti. Inutile e dannoso illudersi del contrario.

È fondamentale quindi prepararsi psicologicamente a condizioni che non avremmo mai immaginato fino a pochi giorni fa. Finiremo tutti in mezzo a una strada? No, assolutamente. L’Italia è forte e saprà reagire. Come disse Albert Einstein “la crisi può essere una vera benedizione”, se si sanno cogliere le opportunità di cambiamento.

Ma ci vorrà tempo, ci saranno perdite, sconvolgimenti, sofferenza. Il presidente del Consiglio ha di recente richiamato alla memoria di tutti una figura di altissimo rango della politica mondiale del Novecento, sir Winston Churchill. Come lui, l’attuale premier ritiene di guidare la nazione nella sua Darkest Hour, cioè ‘L’ora più buia’, dal titolo di un appassionante film di Joe Wright del 2017 con protagonista un Gary Oldman da Oscar.

Ma il buon Churchill, quando si insediò al governo di una Gran Bretagna in ginocchio davanti all’avanzata nazista in Europa, pronunciò uno dei suo più celebri discorsi, rimasto scolpito nella storia per la frase “non ho altro da offrirvi se non sangue, fatica, lacrime e sudore”.

L’uomo che guidò il suo popolo nella Battaglia d’Inghilterra, quella sì una guerra dalla quale dipesero le sorti dell’intero pianeta, non si sarebbe mai sognato di dire “andrà tutto bene”. Al contrario, in un altro storico discorso, spronò i britannici a combattere il nemico ovunque, persino sulle spiagge. “Non ci arrenderemo mai” concluse.

Sarebbe forse il caso di spronare gli italiani a non arrendersi e combattere ognuno la propria battaglia nel proprio piccolo. Perché cantare l’Inno nazionale va bene, ma rispettare alcune elementari regole può essere decisivo. Senza attendere che tutto passi da sé, come fosse un brutto incubo notturno.

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