L'Ospite

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Primato di Telemolise, botta e risposta tra Tabasso e Petescia

Nel Molise dei veleni c’è una “Erdogan in gonnella”

di Giuseppe Tabasso

Antefatto – Un’indagine Agicom sull’informazione locale segnala che lo share del TG Telemolise batte quello della RAI e cerco di analizzarne le ragioni in un articolo. Ipotizzo in Telemolise una maggiore familiarità di volti e di cadenza linguistica (“che profuma più di casa”), mentre in RAI la buona dizione è, per contratto, una componente professionale che non profuma di casa. (Giovanni Mascia mi scrive che le pronunce Rai sono pessime. Gli rispondo che la professionalità non si misura su pronunce e cadenze.) Sul sorpasso di Telemolise ho anche affacciato motivi “tecnici” (i diversi standard di minutaggi) e atteggiamenti “culturali”. Mi è parso ad esempio significativo che la bocciatura del servizio pubblico, oltre al Molise, sia avvenuta anche in Trentino Alto Adige e in Sardegna. Citando De Rita (“il Molise è più isola della Sardegna”) vi ho colto un senso di “insularità” e di ripiegamento nel “molisolamento”. (L’articolo, Telemolise batte Rai. E la Trilaterale si frega le mani, è rintracciabile su <benecomune.it> e su <primonumero.it>).

Tutto è ovviamente condivisibile o meno, ci mancherebbe: il giornalismo è fatto di questo, di polemiche anche durissime e perfino di cattiverie. C’è tuttavia un preciso limite invalicabile sul piano dell’educazione, del saper stare al mondo e della più elementare etica e deontologia giornalistica: quello di non passare mai dalla dialettica all’ingiuria personale.

Ebbene, la direttrice di Telemolise e del Giornale del Molise, Manuela Petescia, travolta da un isterico attacco di leso narcisismo, ha perso la testa e ha travalicato oltraggiosamente quel limite per scendere nel trivio delle offese personali.

Mi definisce “un signore che dice corbellerie per non dire cazzate”, poi storpia il mio cognome e, nell’ebbrezza del suo potere mediatico, crede di potersi permettere un’inciviltà come quella di affermare che “è arrivato il momento che se ne stia muto a godersi la sua dorata pensione di Stato”.

Potreste pensare che una così scomposta reazione nasca da una faccenda di dizioni e cadenze dialettali che non c’entrano con grammatica e sintassi. In effetti la saccente ingiunzione a starmene muto, nasce da ciò che lei sottace del mio intervento e che si riferiva alla danarosa Trimurti Patriciello-Pallante-Ricci che da Ciarrapico in poi detiene il massimo potere mediatico del Molise, quello su quale si regge il casereccio glamour della maliarda di Telemolise. Fu lei stessa a definirsi “donna ambiziosa e di potere”. Un potere che la inebria e consente a questa Erdogan in gonnella di ingiungere il silenzio a un libero giornalista (pensionato né dorato né di Stato), senza vincoli contrattuali e sudditanze politiche.

Ebbene, questo ignobile comportamento non colpisce me, ma degrada la civiltà giornalistica e la dignità di una categoria. Nella mia lunga vita professionale non ho mai ricevuto né fatto querele, ma dinanzi a inaccettabili ingiurie e a interlocutori di tale livello “dialettico” mi accingo a denunciare la Petescia al Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Molise. (Preciso che dal 1964 sono stato iscritto all’Ordine del Lazio e che da due anni sono passato all’Odine del Molise per il desiderio di chiudere la mia carriera dove l’avevo iniziata insieme a Gaetano Scardocchia e Federico Orlando.)


Silenzio, parla Nicolae Tabas Ceaușescu

di Manuela Petescia

I fatti.
Telemolise viene riconosciuta da uno studio AGCOM nazionale leader total audience informativa con indici di ascolto superiori a quelli della Rai.
Il direttore di Telemolise (cioè io) diffonde la notizia, come era legittimo che fosse, e ne fa risalire i meriti non già ad una sorta di egemonia culturale spocchiosa e fuori luogo, della serie «noi siamo i migliori, i più grandi, gli unici al mondo» bensì ai 40 anni di storia della televisione sul territorio, il suo essere diventata punto di riferimento familiare, l’amica dei molisani, la sua presenza al fianco dei cittadini a tutte le ore del giorno e della notte.
Punto.
Il giornalista Giuseppe Tabasso, intellettuale di sinistra radical chic, molisano di origini ma trapiantato a Roma, un giornalista che da tempi che si perdono nella notte della storia ci allieta con le sue pillole di saggezza, ha voluto scrivere le sue considerazioni in merito.
Che sintetizzo così: Teletrimurti (cioè noi) possiede il primato perché è una tv tribale, cafona, grezza e dialettale. Il tutto accompagnato dalla mia foto.
Non contento, e mostrando una sesquipedale ignoranza in materia (come tutti gli snob pseudo comunisti con puzza sotto al naso che commentano e straparlano di vicende che non conoscono affatto), ha lodato al nostro confronto la Rai, laddove invece si parlerebbe correttamente la lingua italiana.
Ora, essendo queste osservazioni nient’altro che spettacolari cazzate, gli ho risposto, appunto, «hai scritto spettacolari cazzate», consigliandogli di godersi la meritata pensione di Stato.
***
Bene, anzi male.
Dopo aver scagliato la pietra(ta) Giuseppe Tabasso dall’alto della sua brillante carriera e della sua presunta superiorità culturale, della serie «io sono io e voi non siete un cazzo», non immaginava che osassi rispondere, ma guarda che irriverente, come si permette. Quindi, nel solito delirio di cyperus papyrus onnipotenza, ha pubblicato una nuova pillola di saggezza per definirmi, bontà sua, «Erdogan in gonnella».
E, udite-udite, ha annunciato pure un esposto.
Ricapitolando il nostro Nicolae Tabas Ceaușescu, dopo aver assestato un pugno al mio indirizzo pretendeva non si sa per quale grazia ricevuta – e da chi – che la sottoscritta gli porgesse l’altra guancia.
E poiché gliel’ha restituito, invece, la sottoscritta, quel pugno gratuito, compresi gli interessi, fottendosene altamente della sua fama internazionale, ha perso le staffe.
Sono commossa.

 

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