Eccellenze & paradossi

La virologa precaria che isola il coronavirus fa il giro del mondo. E diventa il simbolo della ricerca bistrattata

Francesca Colavita, 31enne campobassana, è la più giovane componente del gruppo di lavoro dell'Istituto nazionale malattie infettive 'Lazzaro Spallanzani' che in 48 ore ha isolato l'agente patogeno che finora ha provocato quasi 400 decessi. "Un'emozione", dice la virologa che lavora da sei anni nell'ospedale romano con uno stipendio da 1500 euro al mese. "In Italia è duro fare il ricercatore".

Il suo nome sta facendo il giro del mondo. La molisana Francesca Colavita è la più giovane virologa del gruppo di lavoro dell’Istituto nazionale malattie infettive ‘Lazzaro Spallanzani’ che in 48 ore è riuscito ad isolare l’agente patogeno responsabile dell’epidemia che finora ha causato quasi 400 vittime. Era di turno quando il ‘miracolo’ è riuscito. “Un’emozione, è stato meno difficile del previsto”, le sue prime impressioni. “Dopo averlo isolato, possiamo studiare meglio questo nuovo virus e mettere a punto possibili terapie”, ha dichiarato ai microfoni del Tg3.

La 31enne nata a Campobasso, con una famiglia originaria di Sant’Elia a Pianisi, biologa specializzata in virologia e biosicurezza, è una “ragazza schiva e riservata” dice chi la conosce. Oltre agli studi, la passione per la pallavolo e la natura.

Colavita si è ritrovata inaspettatamente sotto i riflettori di mezzo mondo, sulle prime pagine dei giornali e nei servizi dei telegiornali nazionali che fanno a gara per strapparle un’intervista. Non solo per l’importante scoperta scientifica, che è un primo passo per curare la patologia partita dalla Cina, ma anche perchè Francesca è il simbolo di una generazione: i ‘cervelli’ italiani che restano a lavorare nel nostro Paese con enormi sacrifici. Oppure ‘fuggono’ all’estero per non trascorrere una vita da precari.

E’ precaria anche lei, la virologa molisana: maturità al liceo classico ‘Mario Pagano’ di Campobasso e laurea all’università La Sapienza di Roma. E’ andata in Africa – Sierra Leone e Liberia – per studiare le cause dell’ebola, ben più contagiosa e letale del coronavirus ma non altrettanto raccontata dai media, che al coronavirus stanno riservando un ruolo fin troppo esposto nelle vetrine dell’informazione nazionale e internazionale. Infine, ha partecipato a progetti di sicurezza e cooperazione proprio in Sierra Leone e Liberia.

Da sei anni lavora allo ‘Spallanzani’ con un contratto a tempo determinato: prima co.co.co., poi contratto annuale. Lo stipendio? Parliamo di cifre comuni: 1500 euro al mese, meno di un quinto di un consigliere regionale, distante anni luce dall’emolumento percepito da un parlamentare. Con la differenza che le sue ricerche hanno segnato una svolta nella cura del coronavirus, frutto di un lavoro scrupolo svolto trascorrendo ore al microscopio del laboratorio analisi dello ‘Spallanzani’.

“Mi piace quello che faccio e dove lo faccio – ha aggiunto – ma in Italia è davvero dura fare il ricercatore”. Tuttavia, “guadagno meno di 20mila euro all’anno”, ha ammesso candidamente al quotidiano Repubblica. Circa 16mila euro netti.

‘Briciole’ rispetto ad un talento e una professionalità straordinarie e ora riconosciute in tutto il mondo. In realtà (e forse pochi lo sanno) lo stesso ‘Spallanzani’, pur essendo un istituto d’eccellenza in campo medico e scientifico, non è adeguatamente finanziato dal Governo e stabilizza pochissimi dei suoi “dipendenti”, di quei medici ora impegnati giorno e notte per fronteggiare  e tenere sotto controllo  un virus a rischio epidemiologico, la maggioranza dei quali resta precaria per anni e anni.

Eppure proprio il ministro della Salute Roberto Speranza ha usato parole al miele nei confronti del team coordinato da Maria Rosaria Capobianchi, direttrice del laboratorio di virologia all’ospedale ‘Lazzaro Spallanzani’ di Roma, e del quale fanno parte anche Concetta Castilletti e ovviamente Francesca Colavita. “I nostri medici sono un valore straordinario“, l’elogio espresso pubblicamente dal titolare della Salute quando ha dato l’annuncio ufficiale sull’isolamento del virus convocando una conferenza stampa a cui hanno partecipato le tre ricercatrici. “Il coronavirus è stato isolato e ne è stata ricostruita la sequenza genomica”. E questo apre le porte alle cure e alla ricerca del vaccino (per il quale in realtà occorreranno dei mesi).

Quel primato conquistato dall’Italia in Europa è stato offuscato dalla notizia che la virologa molisana è precaria.

“Una gloria precaria”, la definizione del direttore di La7 Enrico Mentana. E forse per mettere una ‘pezza’ l’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato ha annunciato: “Francesca Colavita sarà stabilizzata perché rientra nei criteri normativi”. 

Troppo poco, soprattutto per i molisani: molti di loro sui social non hanno nascosto lo sdegno perchè una mente brillante come quella di Francesca Colavita sia dovuta scappare dal Molise per un lavoro delicato e fondamentale. Purtroppo scarsamente retribuito.

Insomma, mentre c’è chi ha lanciato lo slogan ‘Dal Molise che non esiste al Molise che salva il mondo‘, altri non hanno lesinato elogi la giovane ricercatrice esprimendo anche il rammarico di un Paese che finanzia troppo poco la ricerca, l’università e la scuola.

“Che sia precaria la dice tutta in un Paese in cui non esiste la meritocrazia, ma vanno avanti i raccomandati”, la sintesi di Francesco Gallone.

“E’ l’ennesimo talento che ci inorgoglisce”, “un po’ ci dispiace che sia andata via dalla nostra regione e che si unisce ai tanti suoi coetanei che scappano via. Freniamo questa emorragia di talenti con un piano strategico occupazionale”, ha commentato ad esempio Giuditta Lembo, consigliera di parità della Provincia di Campobasso.

“Penso che – il pensiero del sindaco di Vinchiaturo Luigi Valente – la politica nostrana debba preoccuparsi di fare molto di più per offrire concrete opportunità di realizzazione in Molise ai tanti giovani preparati e competenti, invece di correre a fregiarsi dei risultati che gli stessi ottengono altrove”.

E poi ci sono gli amici di Campobasso, orgogliosi di Francesca: “Noi già lo sapevamo che spacchi. Ora è giusto che lo sappiano pure gli altri”, il post di Rosaria.

Anche il premier Giuseppe Conte ha incontrato il team di ricercatori che ha isolato il coronavirus. Una visita breve con il direttore dell’istituto e le ricercatrici. Per loro è stata un’altra giornata faticosa che si è conclusa con una buona notizia: è risultato negativo ai test l’anziano irlandese ricoverato ieri sera in terapia intensiva. Si sospettava che avesse contratto il 2019-nCoV.

Invece diciannove persone restano sotto osservazione in ospedale. Tra questi i due coniugi cinesi ricoverati mercoledì scorso: le loro condizioni di salute sono stazionarie.

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