di Antonio Andriani
Mortificata già dalla vergogna
e per l’olezzo che sale,
dal porto in città. Nemmeno la fogna
fosse l’unico male;
così par tremebonda, alla gogna
Termoli. Surreale,
in questo luogo vince la menzogna!
Nel paese di Cuoco,
per me faro, sfumata la speranza.
Al fondo manca poco,
stanno in piedi i calanchi e l’arroganza.
All’opra la Pro Loco,
con la Street Art, rinnova l’eleganza.
Dal castello fan fuoco!
Il Molise, trafitto dai Misteri,
privato di spessore
e ancor pria del nome; avantieri
ha bruciato l’onore.
Così Campobasso, malvolentieri,
sta mutando sapore,
e non cresce, patisce troppi pensieri.
I Sanniti, di ritorno,
daranno splendore a siffatto luogo
chiamato Mezzogiorno.
I nemici, a capo chino sotto il giogo,
spariti son di torno.
A nessuno, chiedo venia per lo sfogo.
Dei Savoia lo scorno.
Tra i politici ognuno è stratega
e, nelle calamità,
siffatti spudorati fan bottega.
Lacrime in quantità,
al Ponte Morandi qualcosa ci lega.
Nessuna civiltà,
tutt’Italia ha parvenze da strega.
Se diman torneranno,
di Roma antica, li gloriosi fasti,
quanti osanna al tiranno!
A li governi, vieteranno i rimpasti;
e Cesare, senz’affanno,
ci regalerà confini più vasti
e, per schiavo, l’alemanno.
Resta fuori dall’Europa ‘l Tamigi,
proba consolazione
camminare sui viali di Parigi,
quindi sotto un lampione
con gli amici, ad appianar litigi;
nessuno ha ragione,
tanto meno il re, francese, Luigi.
Negli U.S.A. l’altro pagliaccio,
e la chiamano miglior democrazia.
Prosegue il canovaccio!
Tra i grattacieli esplode la follia,
la vita un vecchio straccio.
Chi manovra la mortale regia?
Pure ora, che tempaccio:
migrazioni, in giro per il mondo
la speme sta morendo.
Anch’io sto sul barcone e vagabondo.
Che destino, orrendo,
vo precipitando nel bassofondo.
Nulla sa di stupendo,
ivi l’inferno, dantesco e profondo.
Ci salverà il mare,
ch’al trabucco la spiaggia appar fantastica.
Mai smetto di sperare
nei pelaghi. Deh, la lugubre plastica
rappresenta un affare,
per gente selvaggia. Farò ginnastica,
se resta da campare!
Andri181020 Parafrasi = poesia che celebra i dieci anni di poesia su Primonumero, prima Politica in versi e successivamente Vita in versi. Per l’occasione, ho ritenuto opportuno scrivere qualcosa di nuovo e di cimentarmi con un canto che fosse, il più possibile, vicino allo stile ed alla metrica di Giacomo Leopardi. Pur non preferendo tali dimensioni liriche, non disdegno componimenti così estesi. Il presente canto è composto da dieci strofe di sette versi ciascuna; in esso si alternano endecasillabi a settenari e la rima, in ogni strofa, è così strutturata: ABABABA. Sia dal punto di vista stilistico che dei contenuti, ho tratto spunto del canto All’Italia, sempre del poeta recanatese. Il mio titolo è un’anticipazione dei temi che saranno affrontati, così strofa per strofa, dalla prima alla decima: Termoli, Civitacampomarano, Molise, Meridione, Italia, Roma antica, Europa, U.S.A., Mondo e Mare. Anche il titolo è un settenario. Il canto è stato scritto nel dicembre del 2019.
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