Stefano Cucchi “non è morto di epilessia“. E’ la Corte d’Assise di Roma a scriverlo nelle motivazioni della sentenza con cui è stato condannato il carabiniere molisano Alessio Di Bernardo e il suo collega Raffaele D’Alessandro a dodici anni per omicidio preterintenzionale, oltre al maresciallo Roberto Mandolini e a Francesco Tedesco.
I giudici hanno sottolineato “la reazione illecita e assolutamente ingiustificabile” dei due militari dell’Arma. Inoltre, secondo la Corte, è stata “una azione violenta perpetrata nel corso dello svolgimento del servizio d’istituto”. E quindi facendo da un lato “un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio”, dall’altro “violando il dovere di tutelare l’incolumità fisica della persona, decisamente minuta e di complessione fisica molto meno prestante rispetto ai due militari, sottoposta a loro controllo”.
C’è un altro aspetto messo in evidenza nelle motivazioni della sentenza: “una inconsistenza della tesi della morte per sudep (ossia la morte improvvisa per epilessia, ndr), mera ipotesi non suffragata, anzi smentita, da alcuna evidenza clinica”.
Le motivazioni della sentenza sono state rese note dopo che lo scorso 14 novembre i militari ritenuti responsabili del pestaggio ovvero Alessio Di Bernardo, originario di Sesto Campano e Raffaele D’Alessandro vennero condannati a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale, ritenuti responsabili del brutale pestaggio che ha portato alla morte di Stefano Cucchi. Condannati invece per falso il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco.
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